A Roma la XVI Conferenza nazionale sull’efficienza energetica, organizzata dall’associazione Amici della Terra. Se si vogliono portare a casa gli obiettivi di decarbonizzazione entro il 2030, le sole rinnovabili non bastano. Serve l’energia nucleare di ultima generazione, altrimenti tanti saluti alla transizione
Secondo una recente indagine di Swg, sempre più cittadini percepiscono il nucleare come un’opportunità per la transizione e per l’indipendenza energetica del Paese.
Non è poco visto che l’addio alle centrali fu imposto al governo, correva l’anno 1986, proprio da un referendum. Nel dettaglio, un cittadino su due voterebbe per un ritorno al nucleare e questo nonostante solo un cittadino su dieci conosca le tecnologie più evolute attualmente allo studio, a partire dagli Small modular reactors, considerati tra i più promettenti per le potenziali efficienze sui costi e l’elevata sicurezza. Insomma, oltre il 51% degli italiani sarebbero pronti a votare a favore della costruzione di centrali nucleari di nuova generazione nel caso di fosse un referendum consultivo.
Riguardo la collocazione di nuove centrali, sempre secondo Swg, il 30% preferirebbe che fossero costruite nei siti che ospitavano le vecchie centrali, mentre il 43% vorrebbe che fossero edificate in nuovi siti definiti idonei dalle autorità, mentre il 71% degli italiani ritiene che la realizzazione di un’opera autorizzata secondo tutti i criteri di sicurezza definiti dallo Stato, sia essa una nuova centrale nucleare o un deposito di stoccaggio di prodotti radioattivi, non può essere fermata da movimenti di protesta minoritari.
E proprio un probabile ritorno all’atomo è stato al centro dei lavori della XVI Conferenza nazionale sull’efficienza energetica, organizzata a Roma dall’associazione Amici della Terra, storica onlus ambientalista, nata nel 1978.
Tutto è partito da un dato, contenuto nel rapporto presentato in apertura di lavori della conferenza, tenutasi a Palazzo Rospigliosi: l’importazione di energia nucleare nel Paese copre circa il 7% del fabbisogno elettrico italiano. Un dato che dimostra già oggi l’importanza del nucleare nella diversificazione delle fonti energetiche importate e nel contribuire alla stabilità del sistema energetico italiano.
E allora, “non c’è da perdere altro tempo nel predisporre un quadro di regolazione e le condizioni operative per realizzare un piano di centrali nucleari della tecnologia più avanzata commercialmente disponibile”, ha chiarito Monica Tommasi, presidente degli Amici della Terra. “I tempi saranno lunghi, il dibattito faticoso, ma la maggioranza degli italiani è oggi consapevole che lo sforzo è necessario per ottenere risultati certi in termini di ambiente, costi dell’energia e sicurezza energetica”.
D’altronde, per stessa ammissione di Tommasi, la presa di posizione in favore del nucleare da parte degli Amici della Terra “è stata una scelta lungamente discussa e meditata, visto il ruolo che abbiamo avuto storicamente nel movimento antinucleare. Torneremo su questo tema domani in chiusura della conferenza con una sessione divulgativa, invitando esperti del settore per rispondere alle numerose domande e preoccupazioni che abbiamo raccolto in questi ultimi mesi. Ci auguriamo che la proposta di legge di iniziativa popolare sul nucleare presentata da un comitato di cui facciamo parte, continui ad essere sostenuta affinché arrivi al Parlamento un messaggio più forte”.
Il riferimento è alla raccolta di firme sulla proposta di legge di iniziativa popolare intitolata Energia nucleare nel mix elettrico nazionale ora. Il Comitato promotore che ha depositato la proposta di legge presso la Corte Suprema di Cassazione si è costituito per iniziativa di Azione ed è formato da 16 elettori, tra cui proprio, tra cui la presidente degli Amici della Terra, Tommasi, attivi come singoli o rappresentativi delle associazioni e dei partiti che si sono pronunciati in favore di una tempestiva ripresa della produzione di energia elettrica nucleare in Italia.
Tornando alla due giorni di Palazzo Rospigliosi, “è ormai evidente che gli obiettivi quantitativi stabiliti dal Pniec (il piano nazionale integrato per l’energia e il clima 2030, ndr) con la decarbonizzazione basati sulla diffusione delle energie rinnovabili intermittenti al 2030 sono irrealizzabili. La politica italiana ed europea, stenta, però, a riconoscere che il Green deal vada integralmente rivisto a partire dal ruolo dell’efficienza energetica e dal contributo effettivo di rinnovabili, nucleare e fossili”, è un altro messaggio emerso dal convegno.