La Cina è “snervata” dall’alleanza militare tra Russia e Corea del Nord. Gli Usa evidenziano le debolezze e le incoerenze, mentre Pechino resta in silenzio (per interesse?)
La linea americana sull’alleanza militare tra Russia e Nord Corea è scritta: la Cina è in difficoltà, non apprezza l’aiuto che Pyongyang sta fornendo a Mosca in questo momento — ossia quei tanto discussi diecimila soldati per spingere l’invasione su larga scala dell’Ucraina. Pechino ha accettato le forniture di materiale militare vario genere, anche perché in forma meno esplicita ha fatto altrettanto (seppure coperta dall’ambiguità delle apparecchiature dual-use). Ma qui stiamo parlando di un effettivo ingresso nella guerra in Ucraina della Corea del Nord. Il Partito/Stato teme che questo nuovo step del sostegno nordcoreano alla Russia possa catalizzare la creazione di alleanze ancora più intense tra Stati Uniti, Corea del Sud e Giappone. E va considerato che per bilanciare il Camp David Principles i cinesei avevano provato a dare slancio al dialogo trilaterale con Seul e Tokyo.
L’invio di truppe del Nord in Ucraina deciso da Kim Jong-un e Vladimir Putin rischia dunque di scombinare i piani di Xi Jinping? È così? In un recente seminario del Center for Strategic and International Studies, Kurt Campbell, vice-segretario di Stato espertissimo di Indo-Pacifico, ha spiegato che “l’argomento sta diventando sempre più scomodo per gli interlocutori cinesi”. “In alcune delle discussioni che abbiamo avuto (Usa e Cina hanno recuperato canali di dialogo recentemente, dopo anni di gelo, ndr) sembra che li stiamo informando di cose di cui non erano a conoscenza per quanto riguarda le attività nordcoreane, e sono preoccupati che l’incoraggiamento russo possa portare la Corea del Nord a contemplare azioni, anche azioni militari, che potrebbero non essere nell’interesse della Cina”. Per Campebell, “la Cina non ha pensato di criticare direttamente la Russia, ma crediamo che il crescente coordinamento tra Pyongyang e Mosca li stia snervando”.
L’ammiraglio Samuel Paparo, capo dell’Indo-Pacific Command, ha aggiunto un ulteriore layer, quando ha detto sabato, al forum di sicurezza di Halifax, che le relazioni tra Russia, Cina e Corea del Nord stavano avendo una “certa simbiosi transazionale”. Spiegazione: “La Corea del Nord sta soddisfacendo le esigenze di artiglieria e missilistica per la Russia e la Russia in cambio probabilmente fornirà tecnologia missilistica e sottomarina per la Corea del Nord”. Poi ha anche aggiunto che secondo le sue stime la Cina ha fornito alla Russia il 90% dei suoi semiconduttori e il 70% dei macchinari industriali con cui sostiene la sua economia di guerra. Ossia, la situazione di imbarazzo e difficoltà di Pechino va inquadrata: senza l’aiuto cinese, Mosca non può andare avanti (né nella guerra, né probabilmente a livello economico generale, anche se Putin si racconta come ottimista, ma d’altronde cosa potrebbe fare il regime?).
Stando alle considerazioni di Paparo emerge che per Mosca è fondamentale non scontentare eccessivamente Pechino.
Per ora la Cina non commenta: se il nervosismo è il sentimento intimo che Campbell espone riguardo all’ingresso in guerra nordcoreano in Ucraina, la gestione della situazione con distacco è la cifra stilistica pubblica. Ma fin quando il silenzio sarà ancora sostenibile? Chiaro che evidenzi una difficoltà, oppure una qualche connivenza. Da un lato, la Cina si trova a dover giustificare di accettare che il suo Stato cliente, Pyongyang, e il suo principale partner totale, globale, stiano alimentando il conflitto, ignorandone le implicazioni, che al di là della violenza della guerra, ricadono con più forza su quel Global South di cui Pechino vuole essere punto di riferimento. Come si incastra questa evidente violazione del diritto internazionale con i progetti di armonia internazionale come la Global Security Initiative? Dall’altro lato c’è l’effetto punitivo potenziale: questa situazione rischia di generare forti contraccolpi in Europa, dove la frustrazione non sarà rivolta contro la Corea del Nord, Paese eremita senza relazioni con Bruxelles, quanto piuttosto contro Pechino, considerata il principale garante del regime nordcoreano.
A complicare ulteriormente la posizione cinese è la prospettiva che un’eventuale collaborazione tra Russia e Corea del Nord sul nucleare possa rafforzare le alleanze americane in Asia orientale, accelerando la formazione di una vera e propria “Nato asiatica.”, già immaginata dall’attuale primo ministro nipponico e per ora ferma su un binario morto. Lo scenario ha già la sua parte di concretezza. Kyiv sta accelerando su un ulteriore rifornimento militare che potrebbe arrivare da Seul — che dopo l’ingresso sul teatro di guerra dei nordcoreani dovrebbe rompere gli indugi sull’assistenza all’Ucraina. Tokyo — che con Mosca ha anche una storia di contesa territoriale aperta — sta pensando qualcosa di simile, mentre sta anche aumentando la presenza (missilistica) americana sul proprio territorio.
Nonostante le complessità e i rischi legati all’alleanza tra Russia e Corea del Nord, la Cina potrebbe però non essere del tutto scontenta della situazione. Il conflitto in Ucraina, infatti, rappresenta una seria sfida per l’Occidente, costringendo Stati Uniti ed Europa a un impegno prolungato e dispendioso, e tutto ciò avviene a un costo relativamente basso per Pechino. In questo contesto, la Cina potrebbe decidere di sostenere indirettamente e informalmente il supporto nordcoreano a Mosca, adottando una prospettiva geostrategica più ampia e calcolata. Pechino sa che non può permettersi una sconfitta russa contro l’Occidente, poiché ciò indebolirebbe il suo principale partner strategico e comprometterebbe il bilanciamento globale che sta cercando di costruire.
Al contrario, una vittoria russa non solo proteggerebbe l’alleanza con Mosca, ma creerebbe un vantaggio propagandistico per la Cina, fornendo un precedente utile nella sua campagna per il controllo di Taiwan. In questo senso, l’aiuto nordcoreano, proveniente da un altro membro dell’allineamento informale Crink (Cina, Russia, Iran, Corea del Nord), rafforza la capacità di questo blocco anti-occidentale, proiettando un’immagine di maggiore coesione e resilienza. Viceversa, se Kyiv dovesse prevalere, sarebbe l’Occidente a uscirne rafforzato, con un messaggio chiaro ai regimi autoritari: la coesione transatlantica, la capacità militare della Nato, il sistema internazionale liberale e l’alleanza tra Democrazie like-minded restano solidi. Questo rischio è probabilmente il motivo per cui la Cina, pur mantenendo una posizione ufficialmente neutrale, ambigua, potrebbe avallare con discrezione dinamiche che favoriscono la Russia, pur di evitare un successo strategico occidentale che si riverbererebbe anche sulle sue ambizioni regionali. La linea retorica americana diventa un’attività di disturbo nell’information warfare per cercare di scoprire le carte di Pechino?