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I mercati rimescolano le carte, ora l’Italia è più affidabile della Francia

Il costo del debito italiano è sceso ai minimi da tre anni. E per Roma è un doppio vantaggio, sia in termini di spesa, sia di credibilità agli occhi dell’Europa. Ma c’è di mezzo la Francia

Che il vento in Europa fosse cambiato, lo si era capito da tempo. Ma ora l’Italia ha un suo personalissimo tesoretto da sfruttare a dispetto di quei Paesi frugali le cui manovre sono state bocciate, in modo abbastanza clamoroso, da Bruxelles, pochi giorni fa. E non sono solo soldi, il che già basterebbe. C’è anche un credito morale, in termini di affidabilità. Altrimenti come si spiegherebbe la soddisfazione del ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti, nel commentare la discesa dello spread Btp/Bund ai minimi da tre anni, a quota 108. Perché 110 era la soglia decisamente psicologica che Giorgetti aveva individuato e superata la quale, l’Italia sarebbe entrata a pieno titolo nel novero dei Paesi affidabili.

Come detto, un differenziale di rendimento tra titoli decennali italiani e tedeschi non lo si vedeva da tre anni a questa parte. E anche il premio sul Btp a 10 anni è sceso al 3,19%, ai minimi dalla fine del 2022. “Avevo puntato, all’inizio dell’anno, su uno spread a 110, l’unico 110 che mi piace”, aveva chiosato Giorgetti, con una punta di veleno verso il Superbonus al 110% che ha devastato le finanze pubbliche e fatto esplodere il deficit. “Oggi (ieri per chi legge, ndr) ho provato questa soddisfazione. Continuiamo così, è la strada giusta”.

Prima considerazione. L’Italia in questo momento è più credibile della Francia, alle prese con una crisi politica e dirigenziale dalle dimensioni enormi, sfociata nella caduta del governo Barnier, dopo soli tre mesi. Questo fa sì che il paradigma dei Paesi mediterranei, quelli più indebitati per intendersi, sia stato completamente ribaltato: i mercati si fidano più dei conti italiani che di quelli francesi, il cui spread tra titoli decennali transalpini (Oat) e tedeschi ha sfondato in queste ore quota 84 punti base.

Gli analisti di Equita, tanto per dare la cifra, sono convinti che “la traiettoria della finanza pubblica francese prevede una lenta discesa del disavanzo pubblico, con un ritorno al di sotto del 3% solo nel 2029. Al contrario, l’Italia si caratterizza per un approccio più disciplinato e prudente alla finanza pubblica, prevedendo una traiettoria di disavanzo pubblico più contenuta, con un ritorno al di sotto del 3% a partire già dal 2026”. Addirittura, sempre secondo gli analisti di Equita, si va verso un appaiamento degli spread sovrani francesi e italiani: “ci aspettiamo che lo spread Oat-Bund si avvicini progressivamente a quello dell’Italia nei prossimi mesi”. Qualcosa che non si era mai visto prima.

C’è poi un aspetto più politico. Più credibilità sul mercato, fattore a cui l’Europa, rigorista o meno, ha sempre tenuto, vuol dire più potere negoziale con la Commissione europea, soprattutto in termini di Green new deal. Come noto Roma chiede da tempo lo spostamento delle scadenze per il pensionamento dei motori benzina e diesel. Vincoli che stanno letteralmente mandando in frantumi l’industria automobilistica tedesca. E presentarsi con un solido credito da parte degli investitori, può aiutare. Infine, il risvolto più pratico. La manovra all’esame del Parlamento è decisamente basica, priva di alchimie contabili. Ma un costo del debito più basso può fruttare all’Italia un risparmio in termini di interessi, magari da re-investire in buona spesa o, più semplicemente, per rispettare con maggiore sicurezza e serenità il nuovo Patto di stabilità. Non è poco.


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