Nel convegno “Le intercettazioni tra intelligence e formazione del perito linguista”, tenutosi al Senato, è emersa l’urgenza di istituire percorsi formativi specifici e di regolamentare la professione per garantire trascrizioni accurate, ridurre errori giudiziari e aumentare l’efficienza del sistema giudiziario
Secondo i dati l’Eurispes, ogni anno in Italia vengono effettuate circa 180 milioni di intercettazioni, ma la figura del linguista forense – essenziale per garantire accuratezza e affidabilità nelle trascrizioni – non è formalmente riconosciuta. Questo paradosso è stato al centro del convegno “Le intercettazioni tra intelligence e formazione del perito linguista,” organizzato all’Osservatorio sulla Linguistica Forense (O.L.F.) gruppo tematico dell’associazione italiana di Scienze della Voce (AISV) e dalla Società italiana di intelligence (SOCINT) tenutasi al Senato della Repubblica. L’evento ha ricevuto il patrocinio di molte università italiane, di tutte le associazioni scientifiche italiane che si occupano di parlato: SIG (Società italiana di Glottologia), SLI (Società italiana di Linguistica), AITLA (Associazione Italiana di Linguistica Applicata), DILLE (Società Italiana di Didattica delle lingue e Linguistica educativa), AILC (Associazione Italiana di Linguistica Computazionale) e di molte Camere Penali italiane.
Nel convegno è stata sottolineata la necessità non più prorogabile del riconoscimento della figura professionale di esperto linguista in ambito forense. Sono intervenuti, con una serie di argomentazioni diverse, Mario Caligiuri (Presidente della Società Italiana di Intelligence), Luciano Romito, coordinatore dell’Osservatorio sulla Linguistica Forense, Marina Benedetti (Presidente della Società Italiana di Glottologia), Barbara Gili Fivela (Presidente dell’Associazione Italiana Scienze della Voce), Paolo Pedone (Presidente del Consiglio Universitario Nazionale), Fulvio Gigliotti (Università “Magna Grecia” di Catanzaro e componente del CSM dal 2018 al 2023), Giuseppe Belcastro (Presidente della Camera Penale di Roma) e Antonio Felice Uricchio (Presidente dell’Agenzia Nazionale di Valutazione del sistema Universitario e della Ricerca).
La professione del linguista forense non è formalmente riconosciuta in Italia, nonostante come aveva rilevato l’Eurispes nel nostro Paese ci sono circa 180 milioni di intercettazioni l’anno. Le trascrizioni e le analisi linguistiche vengono spesso affidate a figure senza competenze certificate, con conseguenze negative sulla qualità delle trascrizioni. Questo comporta errori giudiziari, spese superflue, rallentamenti dei processi e una mancanza di standard uniformi che vincola il risultato di un processo alla sede del suo svolgimento o ai trascrittori nominati.
La Commissione Giustizia del Senato della Repubblica ha avviato un’indagine conoscitiva sul tema delle intercettazioni il 20 dicembre 2022, conclusasi il 20 settembre 2023, per raccogliere informazioni tecniche sul fenomeno delle intercettazioni. Sono state ascoltate 46 figure professionali, principalmente appartenenti al mondo del diritto, oltre a 5 tecnici, 4 informatici e un perito elettronico consulente trascrittore. Nessun linguista o esperto di parlato è stato coinvolto. Dai verbali dei processi emerge che il documento sonoro (udienze, interrogatori e intercettazioni) è completamente sostituito dalla verbalizzazione o trascrizione cartacea. Tuttavia, il processo giudiziario è basato su parole: testimonianze, interrogatori, requisitorie dei pubblici ministeri, arringhe della difesa, motivazioni delle sentenze e intercettazioni. Tutto ciò viene trascritto e diventa documento, ma non è un esperto ad occuparsene, bensì una persona con un percorso formativo non specializzato e non certificato.
La Corte di Cassazione ha affermato che la prova è solo il supporto digitale contenente la conversazione telefonica o ambientale, mentre la trascrizione è una mera trasposizione grafica del contenuto di quel supporto (Cassazione penale, sez. VI, 28/03/2018, n. 24744). Pertanto, non sono necessarie specializzazioni specifiche per trascrivere e l’incarico viene assegnato nelle forme della perizia, confidando nel giudice che, nella sua qualità di peritus peritorum, può sempre riascoltare l’audio intercettato in camera di consiglio. Tuttavia, la comunicazione umana è un processo complesso e multimodale, che va oltre la semplice trasposizione di parole. Include elementi fondamentali come la prosodia (intonazione, pause, silenzi) e segnali extralinguistici (movimenti del corpo, tono emotivo), che contribuiscono alla corretta interpretazione del messaggio. L’attuale prassi trascura questi aspetti, riducendo la trascrizione a una trasposizione grafica delle parole ascoltate, spesso omettendo dettagli critici come il significato di un silenzio o la sovrapposizione delle voci.
Le trascrizioni di intercettazioni ambientali spesso non rappresentano fedelmente l’oralità della conversazione originale. Nelle trascrizioni viene persa la dimensione prosodica, le sovrapposizioni, le pause e i fenomeni paraverbali che caratterizzano il linguaggio parlato. Ciò porta a una rappresentazione lineare e ordinata della conversazione che non sempre riflette la realtà. Questa discrepanza tra registrazione e trascrizione può essere fuorviante per magistrati e avvocati, inducendoli a credere che il testo trascritto corrisponda esattamente a quanto effettivamente pronunciato.
In ambito forense, ogni trascrizione è inevitabilmente una forma di interpretazione selettiva. Il trascrittore compie scelte costanti su cosa includere o escludere, influenzate dal contesto, dalla qualità dell’audio e dalle conoscenze pregresse sul caso. Un segnale audio degradato può spingere il trascrittore a completare mentalmente le parole mancanti basandosi su aspettative culturali o sul contesto, ma ciò introduce un rischio significativo di errore. Non è più sostenibile affidare analisi linguistiche complesse come le trascrizioni a professionisti non specificamente formati nel settore, soprattutto quando tali analisi possono influenzare l’esito dei procedimenti giudiziari.
Per affrontare le criticità evidenziate, si avanzano una serie di proposte. Prima di tutto, riconoscere ufficialmente la figura professionale di esperto linguista in ambito forense; in secondo luogo riformare l’articolo 221 del Codice di Procedura Penale limitando la discrezionalità del giudice nella nomina dei trascrittori, affidandosi a competenze certificate; poi istituire percorsi formativi dedicati, come lauree triennali, master e corsi di formazione specifici; quindi introdurre linee guida obbligatorie basate su parametri di qualità del segnale audio e standardizzazione delle trascrizioni; infine sensibilizzare magistratura, avvocatura e sistema universitario sull’importanza della figura del linguista forense per ridurre errori e inefficienze.