Gli Stati Uniti sperimentano un sistema anti-missile sull’isola di Guam come parte di una più complessa architettura di difesa integrata. Mentre la Pla conduce (presunte) prove di atterraggio sulla sua ultima portaerei
Anche se un’escalation non sembra essere al momento uno scenario particolarmente imminente, la competizione militare nell’Indo-Pacifico tra gli Stati Uniti e la Repubblica Popolare Cinese continua a svilupparsi costantemente. Da entrambi i lati sono infatti giunte notizie relative all’approntamento delle rispettive capacità belliche, qualora le tensioni dovessero sfociare in un conflitto dall’intensità più o meno elevata.
L’isola di Guam, nell’arcipelago delle Marianne, ospita una delle principali basi aeronavali statunitensi nell’oceano Pacifico. Data la sua rilevanza strategica, il Pentagono ha deciso di voler installare sull’isola un’architettura integrata di difesa anti-aerea e anti-missile. È in questa cornice che nelle scorse ore la Missile Defence Agency ha compiuto il primo test di intercettazione di un missile balistico: nella dichiarazione rilasciata dalla Mda si legge che un sistema Aegis “Guam” con radar An/Tpy-6 (sviluppato appositamente dal Pentagono per essere integrato nell’architettura difensiva di Guam) e postazione di lancio verticale ha sparato un intercettore Standard Missile-3 Block IIA, che ha poi abbattuto un bersaglio di missile balistico a medio raggio lanciato aria-terra che volava al largo della costa dove è situata la Andersen Air Force Base.
Dalla struttura militare di Washington arrivano commenti ottimisti. “Il test di volo di oggi è una pietra miliare fondamentale per la difesa di Guam e della regione. Ha confermato la nostra capacità di rilevare, tracciare e ingaggiare un missile bersaglio in volo, aumentando la nostra prontezza nel difenderci dalle minacce avversarie in continua evoluzione”, ha dichiarato il contrammiraglio Greg Huffman, comandante della Joint Task Force-Micronesia.
Anche l’analista senior dell’Australian Strategic Policy Institute Malcolm Davis ha sottolineato l’importanza del test, specificando che esso sia stato significativo perché ha intercettato un missile balistico aria-terra, una capacità di cui la Pla si sta dotando. “In effetti, si trattava di un missile balistico a medio raggio lanciato da un aereo, simile al sistema cinese che viene lanciato da un bombardiere H-6N”, afferma l’analista in una dichiarazione riportata dal South China Morning Post, dove sottolinea come anche il raggio del missile sia simile al vettore cinese Df-21D, “che può attaccare obiettivi terrestri o potenzialmente navi in mare”. Davis ha anche sottolineato che il test effettuato a Guam è particolarmente rilevante poiché, come base operativa avanzata, l’isola sarebbe “un obiettivo primario per i missili a lungo raggio della People’s Liberation Army. Effettuando questo test da Guam, gli Stati Uniti hanno acquisito un’esperienza estremamente realistica e dati utili su come sconfiggere le minacce missilistiche cinesi in un ambiente operativo reale”.
La minaccia dei missili cinesi ha guadagnato nuovamente priorità dopo che lo scorso settembre la Repubblica Popolare ha effettuato i test di lancio di un missile balistico (intercontinentale). Il vettore sarebbe stato lanciato da Hainan, una grande isola sita a meridione dell’entroterra cinese, e sarebbe passato vicino alle Filippine e a Guam prima di atterrare nel Pacifico vicino alle Isole Marquesas.
Mentre a Guam il Pentagono sperimentava le sue difese anti-missile, sembra che anche la Pla stesse svolgendo i propri test. Alcune foto mostrano infatti la portaerei Fujian di ritorno dal suo quinto viaggio di prova in mare aperto con il ponte coperto di segni di ruote d’aereo, che secondo alcuni analisti suggeriscono l’esecuzione di prove di decollo di aeromobili, per la prima volta da quando la Fujian è diventata pienamente operativa. Tuttavia, altri esperti ritengono che quei segni possano essere dovuti alla manovra opposta: “I segni di pneumatici sul ponte di volo sono probabilmente lasciati dalle prove di atterraggio… quando gli aerei atterrano e scivolano per circa ottanta metri fino a quando non vengono agganciati dai cavi di arresto”, è il commento di Yue Gang, colonnello in pensione della Pla, riportato dal South China Morning Post.