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Un’alleanza per rilanciare l’industria, cosa penso dell’appello di Confindustria. Scrive Bonanni

L’appello di Confindustria segna una strada da percorrere: abbandonare recriminazioni e divisioni per concentrarsi su una visione condivisa e lungimirante. Ora è il momento di scegliere. Competitività e crescita, oppure declino e passività. L’Italia può ancora invertire la rotta, ma il tempo stringe. Il commento di Raffaele Bonanni

Per decenni, l’industria italiana ha rappresentato il pilastro dell’economia nazionale, sopperendo a carenze strutturali e sostenendo la crescita del Paese. Oggi, però, il modello industriale scricchiola sotto il peso di inefficienze croniche, aggravate da una competitività internazionale sempre più feroce. I dati non mentono: la produzione industriale è in calo costante, un segnale che dovrebbe suonare come una sveglia. Se non si interviene subito, si rischia di aprire una voragine capace di trascinare l’intero sistema economico verso il declino.

Il caso Stellantis è emblematico. Oltre le specifiche responsabilità della dirigenza, riflette il disagio generale che affligge l’intero panorama industriale italiano. L’Italia tenta di fare industria nonostante inefficienze burocratiche, fiscali, energetiche e infrastrutturali, trovandosi in difficoltà in uno scenario globale spietato. Questa realtà va affrontata, ma soprattutto spiegata agli italiani, indicando soluzioni concrete che tutti dovranno sostenere.

Il presidente di Confindustria invita parti sociali e istituzioni a stringere un’alleanza per rilanciare l’industria e, con essa, il futuro economico del Paese. La proposta è chiara: basta divisioni, basta conflitti sterili. Serve un impegno condiviso per affrontare le priorità reali, come energia, tasse, infrastrutture e innovazione.

Anche la politica deve fare la sua parte, superando le logiche autoreferenziali che spesso la bloccano. È inutile concentrarsi su lotte di potere interne mentre i pilastri dell’economia si sgretolano. È tempo di tornare alla sostanza, affrontando riforme necessarie e fondamentali per garantire il benessere futuro. Una risposta in questo senso, magari sotto forma di un “Accordo di responsabilità e solidarietà” promosso dal presidente del Consiglio, con parti sociali, potrebbe rappresentare una svolta cruciale, rafforzando la fiducia collettiva.

I sindacati devono rivedere il proprio approccio. Alcuni, negli ultimi anni, hanno preferito agitare tensioni e alimentare divisioni, sottraendosi però al compito di proporre soluzioni fondate. Questo atteggiamento non aiuta i lavoratori, che rischiano di diventare vittime sacrificali di un sistema bloccato. Serve un cambio di paradigma: i sindacati devono tornare a essere interlocutori responsabili e propositivi, capaci di contribuire con strategie unitarie e condivise.

Italia ed Europa sono a un bivio. Come ha sottolineato Mario Draghi, la competitività è la chiave per evitare una decadenza ormai alle porte. Le sue proposte, che puntano a un’Europa più integrata e capace di competere su scala globale, offrono un modello da seguire anche per l’Italia. Ignavia e ritardi non sono più ammissibili.

L’appello di Confindustria segna una strada da percorrere: abbandonare recriminazioni e divisioni per concentrarsi su una visione condivisa e lungimirante. L’industria, insieme alla politica e ai sindacati, deve lavorare per costruire un futuro sostenibile. Il rischio, altrimenti, è lasciare i lavoratori e l’intera società a pagare il prezzo di una crisi evitabile.

Ora è il momento di scegliere. Competitività e crescita, oppure declino e passività. L’Italia può ancora invertire la rotta, ma il tempo stringe.


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