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Abu Mazen da Meloni e Mattarella. La diplomazia italiana al lavoro per Gaza

Abbas ricevuto da Meloni, Mattarella e Bergoglio torna a casa con una certezza: l’Italia può mettere in campo uno schema virtuoso, sia in qualità di vicino occidentale “di area” con riferimento al bacino mediterraneo, sia in virtù della presenza italiana nella missione Unifil in Libano, cerniera determinante al fine della gestione del conflitto a Gaza e del suo auspicabile superamento. Il ruolo della Casa Bianca e gli intrecci con la Siria

Pieno sostegno all’azione dei mediatori per la cessazione delle ostilità a Gaza e il rilascio degli ostaggi ancora nelle mani di Hamas, in un’ottica di ricomposizione della situazione. Questo ottiene il presidente palestinese, Mahmoud Abbas, dopo la sua visita a Roma, dove ha incontrato il capo dello Stato, la premier e Papa Francesco. Al centro del dialogo la richiesta del presidente dell’Autorità nazionale palestinese all’Italia di riconoscere lo Stato di Palestina. Le istituzioni italiane hanno replicato sottolineando la necessità di arrivare alla soluzione due popoli due Stati. Ma la questione non è circoscritta a Gaza, come è noto, bensì si sta intrecciando sia ai fatti in Siria che alle nuove policies che saranno attuate dalla Casa Bianca a guida Trump.

Qui Roma

Giorgia Meloni ha ribadito l’impegno dell’Italia a lavorare a una soluzione politica duratura, basata sulla prospettiva dei due Stati, in cui Israele e Palestina convivano in pace e in un regime di sicurezza che sia garantito per entrambi. Abbas ha risposto che “sentiamo amicizia e calore, e apprezziamo il sostegno reale dell’Italia al popolo palestinese” e ha anche aggiunto che “ciò che è avvenuto il 7 ottobre è disumano e inaccettabile. Non siamo per la violenza e abbiamo chiesto ad Hamas la liberazione degli ostaggi”. In questo senso l’impegno del governo italiano è solido in tutti gli ambiti, in primis quello basato sull’assistenza alla popolazione civile della Striscia, per il tramite dell’iniziativa Food for Gaza. Ma non è tutto, perché il contributo italiano potrà essere rilevante anche alla voce “stabilizzazione e ricostruzione della Striscia”, dove la premessa sarà quella di una stagione di riforme e di rafforzamento delle istituzioni palestinesi.

Per cui Abbas ricevuto da Meloni, Mattarella e Bergoglio torna a casa con una certezza: l’Italia può mettere in campo uno schema virtuoso, sia in qualità di vicino occidentale “di area” con riferimento al bacino mediterraneo, sia in virtù della presenza italiana nella missione Unifil in Libano, cerniera determinante al fine della gestione del conflitto a Gaza e del suo auspicabile superamento.

L’intreccio con la Siria

Il link con la Siria è di duplice matrice. In primis la posizione di Mattarella e Abu Mazen sul regime di Assad, definito “totalitario e crudele”. Troppo forti le immagini, non solo della guerra civile di dieci anni fa, ma anche dei massacri di oggi, per poter andare avanti senza certificare la barbarie di siriani gasati o trucidati. In secondo luogo la strutturazione, urgente, di una strategia complessiva made in Ue che non debba semplicemente prendere atto dello status quo o del disegno progettato ed applicato da altri, come la Turchia, ma che si intrecci da un lato con l’evoluzione politica targata Al-Jolani e dall’altro prevenga eventuali danni collaterali, come una nuova stagione di flussi migratori o una mancata stabilizzazione istituzionale.

Nel mezzo le decisioni dell’amministrazione Trump (già in linea con l’Italia sul dossier Ucraina) consapevole che la Siria è una pietra angolare dell’intero Medio Oriente dal momento che ciò che accade a Damasco presenta effetti multidirezionali in virtù del coinvolgimento di super player esterni: lo è stato con la guerra civile nel recente passato e lo sarà anche oggi, dopo la fuga di Assad in Russia. Per cui sarà determinante capire come la leadership americana potrà interagire per ottenere un governo stabile, la nascita di una democrazia plurale ed evitare il rischio-Libia che, a quelle latitudini, non è proprio consuetudine acquisita.

Gi sviluppi a Gaza

Prendere il controllo della Striscia è una delle intenzioni espresse ufficialmente da Abu Mazen nelle ultime ore, accanto al ruolo di Riad nelle trattative per il cessate il fuoco e alla contemporanea esigenza che Israele riconosca la Palestina. Sono passate poche ore dalla visita in Italia del leader dell’Anp, che mette in chiaro i possibili sviluppi a Gaza. Primo aspetto, il rapporto con la nuova amministrazione americana: Abu Mazen ha parlato al telefono con Donald Trump a cui ha ribadito il discorso legato al coinvolgimento dell’Arabia Saudita. Su questo aspetto ha osservato che i sauditi chiedono come anticamera alla normalizzazione con Israele il riconoscimento della Palestina da parte di Tel Aviv. In secondo luogo il mandato d’arresto per Netanyahu, su cui Abu Mazen chiarisce che non è figlio di una sete di vendetta per il genocidio a Gaza, ma dato dall’esigenza di “usare solo vie politiche, diplomatiche e legali”.


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