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Cosa riflette la nuova corsa verso il nucleare. L’analisi del gen. Preziosa

La crescente rivalità tra grandi potenze ha innescato una nuova corsa agli armamenti nucleari, alimentata dall’espansione degli arsenali di Cina e Russia. Pechino punta alla parità strategica con gli Stati Uniti, mentre Mosca modernizza il suo arsenale con tecnologie avanzate come i missili ipersonici. Questo scenario destabilizza l’equilibrio strategico globale, riducendo i margini per il dialogo e la cooperazione e richiamando le dinamiche della Guerra Fredda. L’analisi del generale Pasquale Preziosa, presidente dell’Osservatorio Sicurezza dell’Eurispes, già Capo di Stato Maggiore dell’Aeronautica Militare

Il progetto di Pechino di dotarsi di un grande arsenale di armi nucleari sta dando vita alla seconda corsa verso il nucleare. Ciò destabilizzerà ancora di più il quadro strategico attuale con aumento della competizione strategica, erosione della deterrenza strategica, regionalizzazione della minaccia e sarà un esempio destabilizzante per altre potenze emergenti. Le conseguenze attese sul piano geostrategico potrebbero essere: fine della stabilità bipolare nucleare, accelerazione della corsa tecnologica, riduzione degli spazi per il dialogo e la cooperazione.

La seconda corsa al nucleare riflette il deterioramento dell’ordine internazionale basato sulle regole, accelerato dalla crescente rivalità tra grandi potenze. La prima corsa verso il nucleare prese il via nel periodo successivo alla Seconda Guerra Mondiale e nei primi anni della Guerra Fredda. Dopo il 1945, gli Stati Uniti si trovarono di fronte a un grande problema: l’Unione Sovietica disponeva di forze convenzionali estremamente numerose, in grado di dominare militarmente il teatro europeo. La soluzione adottata fu quella di compensare il gap convenzionale con la deterrenza nucleare, un concetto che può essere definito come il primo offset strategico. Questo approccio sfruttava la superiorità tecnologica americana nel campo delle armi nucleari. L’Unione Sovietica, consapevole della necessità di riequilibrare il vantaggio americano, sviluppò e testò la sua prima bomba atomica nel 1949: questo segnò l’inizio della prima corsa nucleare tra le due superpotenze. Questa competizione non si limitò solo alle armi, ma diede impulso a un periodo di grande sviluppo tecnologico e infrastrutturale, influenzando in maniera importante sia le dottrine militari sia la geopolitica globale.

L’offset nucleare permise agli Stati Uniti di scoraggiare l’espansione sovietica senza dover investire pesantemente in forze convenzionali in Europa, creare le basi per il concetto strategico della distruzione mutua assicurata (MAD) e valorizzare lo sviluppo tecnologico che divenne un pilastro importante delle strategie militari occidentali. Il piano militare nucleare SIOP (Single Integrated Operational Plan) incarnava il primo offset strategico statunitense, era il piano nazionale statunitense per la conduzione di una guerra nucleare e fu sviluppato per la prima volta nel 1960. Il primo offset strategico diede il via alla nuova era nella storia della geopolitica e della deterrenza strategica. Il secondo offset strategico fu elaborato dagli Stati Uniti negli anni Settanta e Ottanta come risposta alla crescente capacità militare dell’Unione Sovietica, che stava riducendo il vantaggio strategico americano ottenuto con il primo offset nucleare. Durante gli anni Sessanta e Settanta, l’Unione Sovietica aveva compiuto progressi significativi in tre ambiti principali: parità nucleare strategica, superiorità nelle forze convenzionali, avanzamenti tecnologici militari. Gli Stati Uniti si trovarono quindi di nuovo svantaggiati sul piano convenzionale e incapaci di dipendere interamente dalla deterrenza nucleare a causa della strategia della Mutual Assured Destruction (MAD) ovvero la (folle) distruzione reciproca assicurata. Per rispondere alla crescente minaccia sovietica, gli Stati Uniti (Harold Brown, William J. Perry) elaborarono il secondo offset strategico, basato sull’utilizzo di tecnologie avanzate per ristabilire un vantaggio qualitativo. Le tecnologie chiave furono: sistemi di precisione a lungo raggio (Precision Guided Munitions – PGM), sensori avanzati e C4ISR (sistemi di comando, controllo, comunicazioni, computer, intelligence, sorveglianza e ricognizione), stealth technology capace di eludere i radar sovietici e penetrare in profondità nelle difese nemiche, automazione e tecnologie informatiche ovvero l’integrazione dei computer nei sistemi di combattimento per migliorare la velocità e l’efficacia delle operazioni militari. La chiave fu quindi il vantaggio tecnologico, che permise di compensare lo squilibrio numerico e riportare gli Stati Uniti in una posizione dominante.

Dopo il crollo del Muro di Berlino nel 1989, Ronald Reagan e Mikhail Gorbaciov condivisero visioni convergenti sulla necessità di ridurre la minaccia nucleare. Durante i loro incontri bilaterali, Reagan dichiarò: “Un mondo senza armi nucleari sarebbe l’obiettivo supremo che dobbiamo perseguire”. Gorbaciov rispose: “La minaccia nucleare non deve più dominare l’umanità. La Guerra Fredda è finita, e dobbiamo impegnarci per un futuro senza armi nucleari”. Entrambi i leader si espressero chiaramente contro la possibilità di una guerra nucleare, riconoscendone la follia distruttiva e criticando la strategia di deterrenza basata sulla reciproca distruzione. Il crollo del Muro di Berlino fu interpretato come la prova che dialogo e cooperazione potevano sostituire la competizione militare. Questo spirito di rinnovata fiducia diede impulso a nuovi trattati per la riduzione degli armamenti e inaugurò un periodo di relativa stabilità internazionale.

La Russia di Vladimir Putin ha adottato un approccio profondamente diverso rispetto alla fase di cooperazione internazionale degli anni Ottanta e Novanta. Le principali motivazioni risiedono nella crescente rivalità con l’Occidente, considerato da Mosca una minaccia esistenziale alla propria sicurezza nazionale. In particolare, la Russia percepisce l’espansione della NATO verso Est e il coinvolgimento degli Stati Uniti nelle questioni di Ucraina e Georgia come sviluppi ostili. In risposta, Mosca sta investendo significativamente nella modernizzazione delle proprie forze nucleari. Tra i nuovi sviluppi spiccano sistemi avanzati come i missili ipersonici, difficili da intercettare con le attuali tecnologie, e i nuovi missili balistici intercontinentali (ICBM) RS-28 Sarmat. Inoltre, la Russia ha introdotto innovazioni subacquee come il Poseidon, un drone nucleare sottomarino. Sul piano dottrinale, la Russia ha aggiornato la strategia del “Primo uso limitato” delle armi nucleari, che prevede l’impiego circoscritto di ordigni nucleari tattici in contesti regionali. Questa dottrina, già emersa in passato, è considerata estremamente pericolosa, poiché si basa sull’errata convinzione che una guerra nucleare possa essere “limitata” o “gestibile” attraverso l’uso di armi tattiche. Per Mosca, il nucleare è tornato a occupare una posizione centrale nella strategia di sicurezza nazionale, fungendo sia da strumento di deterrenza sia da leva politica. In particolare, il ricorso ad armi nucleari tattiche sembra mirato a ridurre la soglia psicologica che ostacola il loro utilizzo in un conflitto, aumentando così il rischio di escalation.

La Cina, storicamente più cauta nell’ambito nucleare, sta ora rafforzando le proprie capacità per rispondere a pressioni strategiche crescenti. Tra le motivazioni principali figurano la presenza di basi statunitensi nell’Indo-Pacifico, il potenziamento della difesa missilistica americana e la necessità di sviluppare armi nucleari in grado di sopravvivere a un primo attacco nemico, garantendo una risposta devastante. Tra queste spiccano i missili balistici DF-41, dotati di testate multiple indipendenti (MIRV), e i missili ipersonici, progettati per eludere le difese statunitensi. L’obiettivo della Cina è raggiungere una parità strategica con gli Stati Uniti, superando il proprio status di “potenza nucleare secondaria”. Questi sviluppi evidenziano una nuova corsa agli armamenti nucleari, alimentata dalle crescenti rivalità geopolitiche e dal ritorno delle grandi potenze come protagoniste della scena internazionale. Oggi non esistono trattati significativi tra le grandi potenze per la limitazione delle armi nucleari, fatta eccezione per il New START, la cui scadenza è prevista nel 2026 e che, peraltro, non include la Cina. In un clima di crescente sfiducia e in assenza di accordi vincolanti, il mondo si trova di fronte a un nuovo equilibrio instabile, che richiama per molti aspetti la fase iniziale della Guerra Fredda. Il ritiro degli Stati Uniti dal Trattato ABM ha avuto un impatto profondo e negativo sull’Occidente, spingendo la Russia a modernizzare e ampliare il proprio arsenale nucleare per mitigare la percepita vulnerabilità strategica. Questo, unito al collasso del Trattato INF e alle crescenti tensioni globali, ha riacceso la corsa agli armamenti nucleari, aggravata ulteriormente dall’ascesa della Cina come nuova potenza militare.

Il terzo offset strategico, avviato nel 2014 con la Defense Innovation Initiative (DII), era stato concepito come una risposta strategica alle crescenti sfide poste da Russia e Cina, puntando a preservare il vantaggio qualitativo degli Stati Uniti attraverso l’impiego di intelligenza artificiale, robotica, armi ipersoniche e altre tecnologie emergenti. Tuttavia, mentre i due precedenti offset avevano rafforzato significativamente il predominio tecnologico e strategico americano, il terzo ha incontrato ostacoli significativi. Russia e Cina hanno compiuto importanti progressi nello sviluppo di armi ipersoniche, che hanno reso obsoleti i sistemi di difesa antimissile attualmente in uso, incapaci di contrastare minacce così rapide e manovrabili. Questa evoluzione sta destabilizzando l’equilibrio strategico globale. Di conseguenza, gli Stati Uniti e i loro alleati sono chiamati ad accelerare lo sviluppo di tecnologie avanzate per la difesa ipersonica, incluse piattaforme con sensori spaziali, sistemi di intercettazione a energia diretta e capacità di risposta rapida. La NATO, in particolare, potrebbe dover rivedere le sue strategie di difesa e rafforzare il coordinamento per affrontare queste nuove sfide. L’adozione di armi ipersoniche impone anche un ripensamento delle dottrine militari esistenti, con un focus sull’adattamento a un ambiente di minaccia sempre più complesso e imprevedibile. Inoltre, il programma cinese per dotarsi di un imponente arsenale strategico nucleare, unitamente alla sua collaborazione sempre più stretta con Mosca, sta trasformando profondamente il panorama geopolitico. Gli Stati Uniti, nel XXI secolo, si trovano a dover affrontare simultaneamente due potenze nucleari. Per rispondere a queste sfide, gli Stati Uniti hanno avviato un ambizioso programma di modernizzazione della triade strategica (aerea, terrestre e navale), con un investimento stimato di 1.500 miliardi di dollari. Questo programma include lo sviluppo di nuove testate e vettori (bombardieri, sottomarini, missili), oltre a sistemi avanzati di supporto logistico e di comando e controllo multidominio. Tuttavia, il confronto tra le tre superpotenze avviene in un contesto molto più pericoloso rispetto alla Guerra Fredda, con tempi di reazione per la difesa ipersonica ridotti a pochi minuti. In questo scenario, i sistemi tradizionali di comando e controllo non sono più sufficienti per gestire la complessità delle decisioni richieste.

L’impiego dell’intelligenza artificiale (IA) nei centri di comando multidominio sta diventando inevitabile. Tuttavia, questa automazione avanzata porta con sé rischi significativi: gli algoritmi di IA, pur avanzati, possono essere soggetti a errori di interpretazione, soprattutto in situazioni ambigue. Inoltre, i sistemi di IA sono vulnerabili agli attacchi informatici, che potrebbero manipolare dati o decisioni, aumentando il rischio di errori catastrofici. L’automazione spinta potrebbe anche ridurre o eliminare il controllo umano diretto in determinate circostanze, mettendo a rischio i principi fondamentali della gestione delle armi nucleari. Questo scenario evidenzia come la crescente dipendenza dalla tecnologia richieda un equilibrio delicato tra innovazione e controllo, per evitare che le dinamiche della competizione globale sfuggano al controllo umano. La maggiore velocità delle armi ipersoniche e delle decisioni automatizzate riduce drasticamente il tempo a disposizione per interventi umani o iniziative diplomatiche volte a prevenire un’escalation. Il bilanciamento tra rapidità e sicurezza si configura come una delle sfide più critiche per la geopolitica e la gestione degli armamenti nei prossimi anni.

Nonostante le lezioni della storia e la consapevolezza dell’inutilità e della devastazione che gli arsenali nucleari comportano, paura e sfiducia continuano a plasmare le politiche internazionali. La seconda corsa al nucleare dimostra che la follia della prima non è stata superata, ma si ripropone sotto nuove forme, ulteriormente aggravata dall’avanzamento tecnologico e da un contesto globale sempre più complesso e instabile.


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