Il premio sui titoli sovrani cinesi è ai minimi da 15 anni. Segno che per gli investitori i consumi non stanno ripartendo e che la Banca centrale dovrà per forza di cose intervenire, tagliando i tassi. Non è un buon segnale
Non si può certo dire che si chiuda nel migliore dei modi il 2024 della Cina. In passato, nemmeno troppo remoto, è successo più volte che i sogni di crescita di Pechino evaporassero un poco alla volta, col passare dei mesi. E adesso c’è un motivo in più per stare in pensiero dentro il Partito comunista. I rendimenti dei bond governativi a breve termine in Cina sono infatti scesi a livelli toccati l’ultima volta nel 2009, dal momento che le preoccupazioni sulla debole domanda interna rafforzano le scommesse che la banca centrale allenterà ulteriormente la politica monetaria.
Più nel dettaglio, i rendimenti dei bond a un anno sono scesi di 0,06 punti percentuali all’1,02%, il livello più basso dalla crisi finanziaria globale. I rendimenti delle obbligazioni a 10 anni sono invece scesi di 0,03 punti percentuali all’1,74%. Cosa significa tutto questo? Gli investitori, che dovrebbero comprare quel debito cinese su cui Pechino (che il prossimo anno ha messo in conto un deficit al 4%, anche per attutire l’urto dei dazi americani), ha imperniato la propria strategia di crescita, lo stanno facendo ma a prezzo di saldo.
E questo perché sono convinti che i consumi in Cina, non stiano ripartendo. Per questo è lecito scommettere su un taglio dei tassi da parte della Pboc, la Banca centrale cinese: meno il denaro costa, più ne arriva nell’economia, più i consumi ripartono. La prova è nel fatto che la caduta dei rendimenti, segue l’annuncio da parte della stessa Banca centrale cinese di mantenere invariati i tassi di base a uno e cinque anni rinforzando le attese per ulteriori tagli nel 2025. E pesano anche i dati sulle vendite al dettaglio di novembre, inferiori alle previsioni, così come quelli deludenti relativi alle importazioni, tutte conferme della debolezza della domanda mentre i mercati si interrogano sulla possibilità di una crisi deflattiva in stile giapponese.
Ma se la Pboc tentenna, aumentando le aspettative per l’anno prossimo e provocando il crollo dei rendimenti, c’è chi gioca di anticipo e i tassi, addirittura, li alza, per ragioni di sopravvivenza, si potrebbe dire. Come raccontato da Formiche.net, alcune banche cinesi di diverse province, quelle più legate ai territori per intendersi, hanno preso l’insolita decisione di aumentare i tassi sui mutui, motivando tale scelta con le preoccupazioni per la contrazione dei margini di profitto nel contesto di una ripresa economica incerta. Alcuni istituti in città come Guangzhou, Qingdao e Nanchino hanno aumentato i tassi dei mutui per le prime case di cinque punti base (bps) a 20 bps da novembre, fino al 3,1%. Ora non resta che attendere il 2025.