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La Croazia reintroduce la leva obbligatoria. Il dilemma quantità-qualità per la Difesa

La Croazia reintrodurrà la leva militare obbligatoria e mentre sempre più Paesi dell’Est Europa vagliano misure simili, ci si domanda cosa dovrebbe fare l’Italia. Difficilmente il Paese potrebbe beneficiare di un ritorno alla coscrizione che, anzi, rischierebbe di pregiudicare gli attuali sforzi volti a rafforzare la Difesa nazionale

Dopo diciassette anni, nel 2025 in Croazia verrà ristabilita la leva militare obbligatoria. Ad annunciarlo è stato il ministro della Difesa di Zagabria, Josip Buljević, il quale ha specificato che la misura entrerà in vigore verso la metà del nuovo anno, non appena il parlamento avrà passato una serie di disposizioni legali per attuare la nuova norma. La Croazia aveva abolito il servizio militare obbligatorio nel 2008 ma ora, tra la generale corsa globale al riarmo e lo spettro di tensioni mai veramente sopite nei Balcani, Zagabria sembra decisa a fare marcia indietro. Anche altri Paesi europei, come la Germania, stanno valutando reintroduzioni parziali o complete del servizio militare di leva, soprattutto come riflesso dei mutamenti geopolitici conseguenti all’invasione russa dell’Ucraina, a riprova che il conflitto, quand’anche congelato, continuerà a produrre effetti temporali di lungo termine. 

Pro e contro della leva militare

Una Forza armata di leva è radicalmente differente da un esercito professionale. Laddove un esercito professionale impiega meno personale, concentra sforzi e risorse sull’approvvigionamento di armamenti altamente tecnologici e sull’addestramento intensivo, mentre una forza di leva punta sui numeri per ottenere un vantaggio sui propri avversari. I due paradigmi non sono intrinsecamente giusti o sbagliati, ma vanno letti alla luce delle risorse disponibili e degli obiettivi che si intende raggiungere. Uno Stato che vede minacciata la propria integrità territoriale e che prevede di dover difendere il proprio territorio da un’invasione (oppure che punta a occupare territori altrui, come la Russia) avrà necessariamente bisogno di truppe numericamente consistenti per tenere le posizioni in caso di attacco esterno, mentre una Forza armata che prevede di essere impiegata al di fuori dei propri confini nazionali (ad esempio in incarichi cosiddetti “expeditionary”, quali le missioni di pace) per operazioni circoscritte punterà sulle capacità di proiezione e su assetti tecnologicamente superiori. Si tratta del vecchio binomio qualità-quantità. Non a caso, in Europa, sono gli Stati orientali (che sono più vicini alla Russia) quelli che stanno reintroducendo misure di coscrizione obbligatoria. Il timore di ritrovarsi in uno “scenario ucraino” è profondamente sentito da tutti quei Paesi che nella storia recente si sono visti invadere dai propri vicini e, visti anche i lunghi tempi necessari per approvvigionarsi di sistemi avanzati, la decisione di puntare su un più rapido aumento degli organici appare, tutto sommato, sensata. Più che sulla misura in sé, la riflessione dovrebbe incentrarsi sul perché sempre più Paesi sentono la necessità di dotarsi di Forze armate più consistenti, fermo restando che l’aumento degli organi non implica necessariamente il ricorso alla leva obbligatoria.

L’Italia dovrebbe reintrodurre la leva militare?

I vertici della Difesa italiana, tra cui il ministro Guido Crosetto, hanno più volte escluso di star valutando un ritorno alla leva obbligatoria e la ragione è abbastanza ovvia: costerebbe troppo e non sarebbe così utile. Partendo dal piano strategico, l’Italia non rischia imminenti invasioni ad ampio spettro del proprio territorio. La reintroduzione della leva obbligatoria aumenterebbe sensibilmente i numeri delle Forze armate, ma le attuali dottrine operative nazionali sono pensate per operazioni circoscritte che non funzionerebbero se applicate a un dispositivo di massa. Inoltre, e forse più importante, è la riflessione sul piano economico. La reintroduzione della leva di massa comporterebbe dei costi astronomici per il Paese. Avere molti militari di leva implica doverli vestire, nutrire, alloggiare e stipendiare. Queste attività, altrimenti note come Spese per il personale, già oggi catalizzano il 60% del budget nazionale per la Difesa, lasciando scoperte altre voci di spesa, come l’addestramento e il procurement di munizioni e sistemi d’arma. In un momento in cui il vero vantaggio delle Forze armate occidentali è costituito dall’impiego di sistemi avanzati ad alta tecnologia, un ripristino della leva obbligatoria prosciugherebbe i già limitati fondi a disposizione per mantenere attiva una forza che non sarebbe in grado di garantire gli attuali standard qualitativi. Ciò non implica che l’Italia non debba portare avanti la riflessione sui numeri attuali, ritenuti insufficienti per garantire la piena operatività dello strumento militare nazionale. Tuttavia, l’aumento degli organici può essere conseguito con strategie di reclutamento mirate, che puntino ad aumentare laddove effettivamente necessario senza per questo distrarre ingenti fondi che, in questo momento, non possono essere distolti dai programmi di acquisizione e addestramento.


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