Mentre lo spazio acquisisce sempre maggiore importanza sul piano militare, gli Stati Uniti rivelano un nuovo sistema di disturbatori modulari per interferire con le comunicazioni satellitari di Pechino, i cui occhi sono piantati sulle navi Usa nell’Indo-Pacifico
La Space Force degli Stati Uniti si prepara a schierare una nuova arma contro i progressi cinesi in ambito spaziale. Il programma, noto col nome di Remote modular terminal (Rmt), consiste in una serie di jammer basati a terra per interferire con le comunicazioni satellitari cinesi. Come stabilito dallo Space operations command, il primo lotto di Rmt, composto da 11 moduli, sarà presto dispiegato e permetterà alla Space Force di disturbare e impedire le comunicazioni tra i satelliti orbitanti e i centri di comando e controllo cinesi. “Vogliamo essere in grado di disturbare le loro comunicazioni, le loro catene di morte e i loro collegamenti di puntamento”, ha affermato Kelly Hammett, direttore dello Space rapid capabilities office (Space Rco), sotto la cui guida è stato sviluppato il programma Rmt. “È questo l’obiettivo di questi sistemi: bloccare la ricezione, ad esempio, dei sensori che osservano le nostre forze congiunte e che riferiscono a un satellite e poi a un nodo di gestione della battaglia, o viceversa”, ha spiegato Hammett. Queste capacità di jamming satellitare renderanno inaffidabili, se non prorio inservibili, ogni informazione comunicata dai sistemi di sorveglianza satellitare cinese. Sempre secondo Hammett, questi sistemi rappresentano un’avanguardia unica e “per quanto riguarda la guerra elettronica spaziale, non c’è niente di meglio”.
Il confronto Cina-Usa nello spazio
La decisione di procedere allo sviluppo di questa piattaforma è stata presa in conseguenza delle crescenti preoccupazioni circa le capacità di sorveglianza spaziale di Pechino, le quali permettono alla Cina non solo di osservare i suoi avversari, ma anche di coordinare le forze terrestri e navali in teatri critici come l’Indo-Pacifico. Proprio su questo quadrante la Cina ha recentemente dispiegato in orbita geostazionaria il sistema satellitare Yaogan-41, capace di fornire una copertura in tempo reale sulle posizioni e i movimenti degli assetti Usa nella regione, arrivando a tracciare obiettivi della taglia di un’auto. La rapidità cinese nello sviluppare e dislocare questi sistemi è di per sé un fattore preoccupante, tant’è che, in appena diciotto mesi dalla sua approvazione, il programma Rmt, portato avanti dalle aziende Northstrat e CACI, è stato in grado di sviluppare dei sistemi compatti e modulari, dal costo di circa 1,5 milioni di dollari l’uno. Sul lungo termine, l’obiettivo è di dotare la Space Force di un numero compreso tra i 160 e i 200 moduli, in grado di fornire alle Forze spaziali Usa le capacità necessarie a proteggere la propria catena di comunicazioni e di colpire quella dell’avversario. Secondo quanto comunicato da Hammett, i siti di collocamento dei primi 11 sistemi sono già stati approvati e, anche se schierati al di fuori del territorio statunitense, potranno essere controllati a distanza in qualunque momento. I terminali dei sistemi Rmt sono prodotti partendo da componenti commerciali — il che ne spiega il costo relativamente basso — e questo permette di pianificare già da ora un loro uso estensivo per tenere al sicuro i propri assetti militari sparsi per il mondo. In un’epoca in cui — come dimostrato dalla guerra in Ucraina — la sorveglianza satellitare può rivelarsi uno strumento cruciale nella conduzione di operazioni che puntino a sfruttare le debolezze avversarie mantenendo al contempo velati i propri movimenti, lo sviluppo e lo schieramento di simili capacità potrebbero fare la differenza in caso di conflitto, specialmente in vaste aree operative come quella dell’Indo-Pacifico.