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Un presidente per l’oggi, ma in Libano serve costruire il domani. Scrive Cristiano

La preminenza della questione militare sulle altre è evidente, ma ci sono anche altre questioni, di cui non si può non parlare. Il sistema politico libanese va riformato, e questo non può farlo una troika globale. Lo devono fare i libanesi. L’analisi di Riccardo Cristiano

Ci sono due dati di fondo che emergono dall’elezione del generale Joseph Aoun a nuovo Presidente della Repubblica. Il primo dato di fondo che emerge è che anche in Libano il Presidente della Repubblica, che viene eletto dal Parlamento, può essere eletto come accade da noi e negli altri Paesi che hanno questo sistema. E cioè: si vota il primo, o i primi scrutini, con un quorum, poi si torna a votare con un quorum diverso, più basso. Le decisioni, gli accordi, le convergenze, emergono dalle negoziazioni tra partiti e deputati. Il generale Joseph Aoun è stato eletto così. Questa mattina ha avuto luogo il primo scrutinio che ha visto il generale Aoun ottenere 71 voti, molti ma non abbastanza, poi è passato al secondo scrutinio, con più voti, e con un quorum più basso.

Ma dal 30 ottobre 2022, cioè da quando è terminato il mandato del suo predecessore quasi omonimo, Michel Aoun, non solo da oltre un anno non c’è stato alcuno scrutinio, ma nei 13 casi in cui è stato consentito al Parlamento di votare, dopo il primo scrutinio, quello che richiede il quorum più alto, si dichiarava chiusa la sessione elettorale e si aggiungeva che la prossima volta si sarebbe ricominciato da capo. Secondo alcuni questo sarebbe accaduto perché alcuni partiti, Hezbollah e il partito suo alleato e guidato dal Presidente del Parlamento, abbandonavano i lavori parlamentari. Spiegazione che non capisco. Quel che capisco è che per due anni si è violata la Costituzione e si è impedita l’elezione di un Capo dello Stato perché chi prendeva più consensi non era il loro candidato, ma quello delle opposizioni. Quindi il Presidente del Parlamento ha, a mio avviso, piegato la Costituzione ai suoi calcoli, che lo hanno portato a sostituire il Capo dello Stato, magistratura vacante, nelle negoziazion con gli Stati Uniti per il cessate il fuoco, ruolo che non gli competeva. Si intendeva imporre il proprio candidato, poi gli eventi e la crisi di hezbollah lo hanno impedito.

Il secondo dato di fondo che emerge è che il comandante dell’esercito Joseph Aoun arriva alla Presidenza della Repubblica per le fortissime pressioni di Stati Uniti, Francia e Arabia Saudita che avevano bisogno di un uomo che dai vertici della Repubblica facesse applicare quanto previsto dal cessate il fuoco firmato il 27 novembre con Israele e che prevede impegni precisi stringenti, da attuarsi di qui a breve, entro il 27 gennaio, data di scadenza dei due mesi di cessate il fuoco, al termine dei quali se tutto andrà bene ci sarà la cessazione definitiva delle ostilità. Di progressi se ne vedono pochi e ora bisogna accelerare.

La preminenza della questione militare sulle altre è evidente, ma ci sono anche altre questioni, di cui non si può non parlare. Il sistema politico libanese va riformato, e questo non può farlo una troika globale, Stati Uniti, Francia e Arabia Saudita: questo lo devono fare i libanesi. Il sistema politico libanese ormai fa acqua da tutte le parti, il confessionalismo non è più una garanzia che nessuna comunità non sarà esclusa, messa nel mirino, come accadde durante la guerra civile. Il processo di de-confessionalizzaizone, previsto dalla Costituzione, non è mai cominciato, e così le comunità ormai sono in ostaggio di un sistema politico autoreferenziale, lottizzatorio, spartitorio.

L’esempio migliore di quanto grave sia questo stato di fatto lo dimostra l’incredibile tracollo economico del Paese degli ultimi anni. La sua responsabilità prima è di Hezbollah, che ha preso il controllo della maggioranza governativa e voluto il default economico in segno di sfida alle istituzioni finanziarie mondiali. Ma come? Il Libano, ormai al tracollo finanziario, ha illegalmente bloccato i conti correnti di tutti i libanesi che avessero un deposito in valuta pregiata ma contemporaneamente non ha preso alcun provvedimento, come fatto da chiunque abbia fronteggiato simili crisi, per impedire un’incredibile fuga di capitali all’estero. Tutti appartenenti alla “casta”, ovviamente, che ha consentito e beneficiato di tutto ciò.

Si capisce l’esigenza di anteporre la questione del cessate il fuoco, del disarmo di Hezbollah e i problemi che ciò pone a tutto il Paese; se non affrontata con l’autorevolezza necessaria (se basterà) sarebbe un guaio enorme. Ma quanto accade dimostra che le il Libano deve rifondarsi politicamente, e per questo è necessaria una visione che difficilmente si può chiedere a un militare.

È la quarta volta nella storia seguita alla guerra civile conclusasi nel 1990 che il Libano si affida ad un generale, e questo vorrà dire qualcosa. I partiti confessionali non hanno più nulla da dire ai libanesi, hanno solo da negoziare qualcosa per loro clientele. Questo confessionalismo è il più duro sistema a cedere il passo a riforme, per la sua pretesa di garantire tutti e la pace mentre garantisce solo gli interessi di una casta che si è intestata la rappresentazione del Paese.

La riforma è già prevista nel testo degli accordi di pace del 1990. E sarebbe un segnale importantissimo per tutto il mondo arabo.

Vi si prevede un sistema elettorale misto: una Camera Alta, una sorta di Senato, eletto su base confessionale e parità tra cristiani e musulmani: si garantisce interconfessionalismo ed a ogni comunità di fede di non essere esclusa, marginalizzata, messa da parte. Questo è indispensabile. Ma alla Camera bassa si voterebbe come da noi, con partiti politici interconfessionali che consentono di costruire legami diversi, di esprimere idee, convincimenti politici, e di aggregarsi su quelli. Anche questo è indispensabile.

Ma non è il mondo esterno che può far scegliere questa riforma già presente come ipotesi nella Costituzione. E il sistema lo impedisce da sempre. Prima per la complicità degli Assad, che lo temevano come la morte nella loro colonia libanese. Ma ora?


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