Il Centro studi del Parlamento europeo evidenzia come l’industria della Difesa europea fatturi complessivamente poco più della sola Lockheed Martin. Alla base di questa debolezza strutturale ci sono esitazioni su obiettivi e finanziamenti comuni che impediscono all’industria di impostare strategie di produzione di lungo termine e di ridurre la frammentazione. L’industria c’è, a mancare è la politica
Da sola, Lockheed Martin fattura poco meno dell’intera industria europea della Difesa. Questo è quanto emerge da un report realizzato dagli analisti del Parlamento europeo. Che l’Europa sia indietro per quanto riguarda la Difesa non è un mistero, tuttavia è il paragone con l’industria statunitense a dare la reale misura del divario tra le due sponde dell’Atlantico. A quasi tre anni dall’invasione dell’Ucraina, l’Unione europea e i suoi membri sono ancora distanti da quella Zeitenwende annunciata da Olaf Scholz che, sebbene riferita alla sola Germania, ben rendeva l’idea che tutta l’Europa fosse chiamata ad un cambio di passo.
Il report del Parlamento europeo
Come si apprende dal documento realizzato per gli europarlamentari, l’intera industria della Difesa in Europa fattura complessivamente poco più della prima azienda della Difesa Usa (70 miliardi a fronte di 60). Ad aggravare ulteriormente il divario tra le aziende c’è poi il dato sulla provenienza dei (pochi) acquisti fatti dagli Stati europei. Infatti, tra giugno 2022 e febbraio 2023, il 78% delle acquisizioni europee nel campo della Difesa hanno riguardato equipaggiamenti prodotti da aziende extra-Ue, tra le quali la stessa Lockheed Martin. Sebbene il report attesti che nel 2024 la spesa complessiva degli Stati membri sia arrivata a 350 miliardi di euro (cifra che, se riferita all’Unione come attore unico e coeso, renderebbe l’Europa la seconda potenza militare mondiale per investimenti), la dispersività di questi investimenti e la mancanza di una chiara politica industriale hanno giocato un ruolo non indifferente nella crescita “timida” delle aziende continentali.
L’industria c’è, a mancare è una visione
Il confronto tra la prima azienda al mondo della Difesa e la somma delle industrie europee, se letto in modo così netto, rischia di risultare fin troppo inglorioso. Lockheed Martin (come tutte le altre aziende della Difesa Usa) deve i suoi numeri alla forte domanda interna delle Forze armate statunitensi e ai solidi investimenti pluridecennali da parte del governo federale, che le hanno permesso di creare economie di scala e di razionalizzare la produzione. Al contrario, in Europa, le industrie della Difesa non hanno potuto contare su simili assicurazioni e si sono anzi dovute “accontentare” di commesse modeste e soggette a improvvisi dietrofront in funzione delle oscillazioni delle opinioni pubbliche nazionali. Ne deriva che, senza commesse importanti o garanzie di rientro degli investimenti, le aziende europee si sono trovate nell’impossibilità di reggere il passo con le loro controparti a stelle e strisce. Dall’invasione dell’Ucraina la sensibilità europea sui temi della Difesa e della sicurezza è sicuramente cambiata, ma a questo cambiamento di pensiero non è ancora seguito un adeguamento sostanziale delle politiche militari e industriali. Infatti, davanti alla necessità di avviare processi di riarmo sostanziali, quasi tutti gli Stati dell’Ue hanno preferito (ragionevolmente) optare per prodotti extra-europei già pronti piuttosto che puntare tutto sul riavvio della produzione interna. Le due cose, gli acquisti esteri e la produzione interna, non vanno intese come mutuamente esclusive ma andrebbero lette come strategie complementari ai fini dell’obiettivo più grande di rendere l’Europa più sicura e in grado di condurre una propria politica estera. Se però gli ultimi anni hanno registrato un deciso incremento nell’acquisto di equipaggiamento dall’estero, sul fronte del potenziamento della produzione interna siamo ancora molto indietro. Le ragioni di questo ritardo sono le solite, rintracciabili nell’incapacità delle cancellerie europee di concordare su obiettivi comuni e metodi di finanziamento. A oggi manca una visione politica chiara sul futuro della Difesa europea, la quale, a colpi di rinvii e accordi non vincolanti, non sembra farsi più vicina. In tutto ciò, non aiutano gli egoismi nazionali che, tanto sul piano politico quanto su quello industriale, impediscono di dare vita a conglomerati industriali continentali e alimentano la macchina perversa della frammentazione di equipaggiamenti e sistemi.