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Linea ferma verso Maduro. Anche l’Italia si unisce alla condanna internazionale

Roma si schiera contro il nuovo mandato di Maduro, denunciando repressione e brogli. Cresce l’isolamento del regime venezuelano, mentre l’opposizione subisce arresti e intimidazioni

Il governo italiano ribadisce la sua linea di fermezza nei confronti del regime di Nicolás Maduro, con Giorgia Meloni che ha definito “inaccettabile” la repressione in atto in Venezuela e ha sottolineato che l’Italia non riconosce la proclamata vittoria elettorale del presidente venezuelano — che ieri si è insediato alla guida del Paese, ricevendo dal dipartimento di Stato una aumento della taglia per la sua cattura (portata a 25 milioni di dollari).

La posizione italiana non è isolata, ma si inserisce chiaramente nel quadro della politica estera dell’Unione Europea e degli Stati Uniti, confermando la traiettoria atlantista dell’esecutivo italiano.

La premier ha discusso la situazione venezuelana con Kaja Kallas, da poco operativa come Alto rappresentante dell’UE per la Politica Estera, in un incontro che ha toccato anche altre crisi internazionali, dal Medio Oriente al processo di transizione in Siria. Il rafforzamento del ruolo internazionale dell’Unione Europea è stato un punto chiave, con l’Italia che si allinea sempre più strettamente alla strategia del blocco occidentale.

Nel contesto del vertice informale del Quint (Usa, Francia, Germania, Italia e Regno Unito), che si è tenuto nei giorni scorsi a Roma sotto la guida del ministro degli Esteri Antonio Tajani, la questione del Venezuela ha assunto una particolare rilevanza.

”Le notizie che arrivano dal Venezuela rappresentano un altro inaccettabile atto della repressione del regime di Maduro, di cui non riconosciamo la proclamata vittoria elettorale”, dice Meloni. “Intendiamo continuare a lavorare per una transizione democratica e pacifica. Le legittime aspirazioni di libertà e democrazia del popolo venezuelano devono finalmente trovare realizzazione”.

Le notizie che arrivano dal Venezuela rappresentano “un altro inaccettabile atto della repressione del regime di Maduro, di cui non riconosciamo la proclamata vittoria elettorale”, dice la presidente del Consiglio. “Intendiamo continuare a lavorare per una transizione democratica e pacifica. Le legittime aspirazioni di libertà e democrazia del popolo venezuelano devono finalmente trovare realizzazione”.

La situazione in Venezuela continua a deteriorarsi, con gravi violazioni dei diritti umani documentate da organizzazioni internazionali. Un rapporto diffuso da varie ONG evidenzia dettagliatamente le violazioni nelle carceri venezuelane, mentre aumenta la repressione e la persecuzione politica. Foro Penal ha riferito che finora 1.697 persone sono state incarcerate per motivi politici, la cifra più alta degli anni Duemila. Attualmente sono detenuti 1.495 uomini e 202 donne, di cui 1.694 adulti e tre adolescenti tra i 14 e i 17 anni. La maggior parte degli arresti è avvenuta dopo le elezioni presidenziali del 28 luglio 2024, nel contesto delle proteste contro i risultati che hanno portato alla rielezione di Maduro, contestata dall’opposizione che denuncia brogli e irregolarità.

Dopo una manifestazione indetta giovedì dalla leader dell’opposizione María Corina Machado, sono state arrestate 19 persone, tra cui il giornalista Julio Balza, membro dell’ufficio stampa di Machado, la cui detenzione è stata denunciata dal Sindacato nazionale dei lavoratori della stampa. La repressione del dissenso è ormai un tratto distintivo del governo venezuelano, che continua a perseguire gli oppositori con misure sempre più dure.

Sul piano internazionale, aumentano le dichiarazioni di sostegno ai leader dell’opposizione e, al contempo, la condanna per l’illegittima investitura di Maduro come presidente. Il Paraguay, il Guatemala e il Cile hanno respinto la sua rielezione e chiesto nuove elezioni libere e trasparenti.

Il presidente del Paraguay, Santiago Peña, ha dichiarato che Maduro non può dimostrare di essere stato il legittimo vincitore delle elezioni, mentre l’oppositore Edmundo González Urrutia ha numerose prove della sua vittoria. Peña ha sottolineato che il Venezuela vive una catastrofe umanitaria e ha chiesto che la comunità internazionale continui a esercitare pressione diplomatica per ripristinare la democrazia.

Urrutia ha pubblicato un video in cui dichiara che farà di tutto per tornare in Venezuela e porre fine alla tragedia del paese. Ha definito Maduro un dittatore isolato a livello internazionale, riconosciuto solo da regimi autoritari come Cuba, il Congo e il Nicaragua. Rivolgendosi alle forze armate venezuelane, ha chiesto loro di ignorare gli ordini illegali e di garantire la sicurezza per un cambio di governo pacifico. Ha concluso il suo messaggio dicendo di essere pronto per un ritorno in Venezuela e che al momento opportuno farà valere i voti di milioni di venezuelani che hanno espresso la volontà di un cambio democratico.

Il Guatemala ha definito Maduro un usurpatore, accusandolo di non avere alcuna volontà di dialogo, e ha ribadito il suo sostegno a qualsiasi iniziativa politica e diplomatica che possa portare al ripristino dell’ordine costituzionale e della democrazia in Venezuela. Il governo cileno ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che il processo elettorale del 28 luglio scorso è mancato dei più minimi standard di trasparenza e integrità. Ha inoltre condannato l’aumento della repressione e della persecuzione politica in Venezuela, chiedendo il rispetto dei diritti umani e il ripristino di un ordine democratico.

Nel frattempo, il governo venezuelano ha ordinato la chiusura del confine con il Brasile fino al 13 gennaio. Il ministero degli Esteri brasiliano ha confermato la misura, spiegando che l’accesso tra i due paesi è stato bloccato da soldati venezuelani lungo i valichi di frontiera. Negli ultimi tre mesi il flusso migratorio dal Venezuela al Brasile è quintuplicato, segno di una crisi che spinge sempre più persone a lasciare il paese.

La situazione in Venezuela rimane altamente instabile. Maduro si è insediato per il suo terzo mandato, ma il paese è sempre più isolato diplomaticamente, mentre la repressione aumenta e la resistenza interna continua a sfidare il regime.


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