Mentre le richieste di Donald Trump e Mark Rutte spingono verso un aumento degli investimenti in difesa, l’Italia deve affrontare la sfida di garantire la sicurezza senza compromettere la stabilità economica. Tra il fianco est e sud della Nato, l’Italia continua a giocare un ruolo fondamentale, ma chiede anche una visione equilibrata della sicurezza europea. L’intervista al presidente della commissione Difesa della Camera, Nino Minardo
Mentre la proposta italiana di escludere le spese per la difesa dai vincoli di bilancio sembra difficile da realizzare, c’è la necessità di una visione condivisa e graduale per aumentare gli investimenti in sicurezza. L’Italia, pur concentrandosi sul Mediterraneo e sul fronte sud della Nato, è impegnata anche a rafforzare la sua presenza sul fianco est, senza perdere di vista l’equilibrio economico interno e le dinamiche geopolitiche globali. Abbiamo parlato delle sfide che l’Italia deve affrontare nel contesto della crescente pressione internazionale per aumentare la spesa militare con il presidente della commissione Difesa della Camera, Nino Minardo.
Presidente, l’Italia si trova stretta tra le richieste di Donald Trump, che sollecita i Paesi Nato a destinare il 5% del Pil alla difesa, e l’obiettivo di raggiungere almeno il 3% come indicato dal segretario generale della Nato, Mark Rutte. Sembra improbabile, tra l’altro, che l’Unione europea accolga la proposta italiana di escludere le spese militari dai vincoli di bilancio. In questo contesto, come può il nostro Paese trovare le risorse necessarie senza compromettere gli equilibri economici interni?
Francamente non trovo utile la drammatizzazione del gioco dell’asticella, c’è da rimettere al centro del dibattitto dell’Alleanza Atlantica la necessità di spendere di più e meglio perché la spesa per la difesa è la garanzia per la sopravvivenza delle nostre democrazie, dei nostri Paesi e dell’Europa. L’Italia probabilmente è uno dei Paesi che ha visto una delle più forti contrazioni della spesa della difesa negli anni passati ed è questo probabilmente che determina le nostre difficoltà attuali. Nessuno chiaramente ha la bacchetta magica ma ritengo che per affrontare questo percorso e gestire una coperta che è fin troppo corta servano due cose: consapevolezza e gradualità.
Cioè?
Una consapevolezza generalizzata tra le forze politiche e nella società è la premessa necessaria per fare insieme le scelte migliori tese a garantire la sicurezza del Paese e il rispetto degli impegni internazionali. La gradualità è invece un metodo perché è impensabile aumentare di colpo la spesa per la difesa dopo una fase prolungata di contrazione senza danneggiare seriamente l’equilibrio economico del Paese. Ho trovato molto corretta in questo contesto la recente considerazione del ministro della difesa polacco Władysław Kosiniak-Kamysz che intervistato dal Financial Times ha dichiarato: “L’Ue ha la capacità di riallocare denaro. Se ci siamo potuti permettere di indebitarci per ricostruire dopo il Covid, allora dobbiamo certamente trovare anche i soldi per proteggerci dalla guerra”.
I Paesi del fianco orientale della Nato investono in difesa in proporzione maggiore rispetto ai Paesi del fianco sud, come l’Italia. Questo riflette una diversa percezione delle minacce, legata alla prossimità con la Russia. Tuttavia, far parte dell’Alleanza significa condividere anche gli oneri, non solo i benefici. Come può l’Italia contribuire in maniera concreta agli sforzi collettivi della Nato?
L’Italia sta già contribuendo abbondantemente agli sforzi collettivi della Nato. Vorrei ricordare che recentemente sono aumentati i costi, le truppe e i mezzi aerei e terresti per le nostre missioni militari dispiegate sul fianco est dell’Alleanza. Nonostante la comprensibile accresciuta salienza del fianco Est, l’impegno delle nostre Forze armate nel Mediterraneo allargato rimane di centrale importanza per la Difesa italiana. Non solo non abbiamo tagliato i nostri impegni sul fronte Sud ma continuiamo ad avviare nuove operazioni nell’area, specialmente in Africa e in Medio Oriente. Siamo assolutamente consapevoli della necessità di contribuire alle attività di difesa e deterrenza della Nato a Est ma teniamo ugualmente a ribadire l’esigenza di supportare la politica di sicurezza italiana nel fronte Sud.
Abbiamo assistito a due segnali rilevanti: Rutte ha dichiarato al Parlamento europeo che il target del 2% del Pil per la difesa potrebbe non essere sufficiente, puntando ormai al 3%, mentre il ministro della Difesa, Guido Crosetto ha partecipato a Varsavia a un incontro con i suoi omologhi di Germania, Francia, Regno Unito e Polonia per discutere del rafforzamento della difesa europea. Qual è la sua lettura di questi sviluppi?
Io credo che comprensibilmente Rutte parli in Europa con un occhio a Washington. Il futuro della Nato chiaramente dipenderà dalle scelte degli Stati Uniti e personalmente sono convinto che un’Alleanza Atlantica senza gli Usa non avrebbe senso. Usa ed Europa devono trovare le ragioni di un nuovo rapporto anche nel campo della difesa.
Il vertice a cinque di Varsavia ha evidenziato l’efficacia di un dialogo ristretto per affrontare questioni strategiche, come la difesa europea. Ritiene che questo formato possa essere un modello anche per future consultazioni? Può rappresentare una via più agile rispetto alle decisioni prese all’unanimità dai 27 membri dell’Ue?
La difesa europea è tutta da costruire compresi i modelli decisionali. Il vertice di Varsavia è sicuramente un momento importante che dobbiamo mettere a fattore comune nella costruzione della difesa europea.
I prossimi appuntamenti chiave sono imminenti: l’insediamento di Trump il 20 gennaio e il vertice europeo del 3 febbraio, dove i leader dei Paesi europei, compreso il Regno Unito, discuteranno dei finanziamenti per la difesa. Quali scenari si aspetta?
La nuova amministrazione americana sarà probabilmente la protagonista di una nuova iniziativa diplomatica tesa a far tacere le armi in Ucraina. Sarà interessante vedere come il Presidente Trump svilupperà questa strategia ma sono convinto che avremo ancora a lungo a che fare con le paure e le tensioni nate in questi ultimi tumultuosi anni dall’apparizione di questo nuovo mondo multipolare.