Trump saluta l’Oms, ridisegnando gli equilibri della sanità globale e lasciando un vuoto finanziario difficile da colmare. Sui vaccini gli esperti avvertono: “Ci troveremo in fondo alla fila”
L’annunciato ritiro degli Stati Uniti dall’Organizzazione mondiale della sanità (Oms) si è concretizzato ieri con un ordine esecutivo firmato dal presidente Donald Trump nel primo giorno di mandato. Questa mossa, ampiamente anticipata durante il periodo di transizione, rappresenta una svolta epocale. Infatti, con un contributo del 16% al bilancio dell’Oms nel biennio 2022-2023, gli Stati Uniti sono stati finora il più grande finanziatore dell’agenzia con sede a Ginevra. Già nel 2020, durante il suo primo mandato e in piena pandemia di Covid-19, Trump avviò il processo di uscita in aperta critica con il ruolo ambiguo dell’organizzazione rispetto ai rapporti con la Cina e gli ingenti contributi richiesti. La decisione non giunse mai a compimento, con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca gli Stati Uniti ristabilirono immediatamente i legami con l’organizzazione sanitaria. Ora, con un gesto che ribalta nuovamente la decisione del suo predecessore, Trump e il suo team intendono riaffermare una visione scettica nei confronti dell’istituzione sanitaria. L’agenzia ha commentato l’uscita questa mattina invitando il Paese a riconsiderare la decisione: “Siamo pronti a intraprendere un dialogo costruttivo per mantenere la partnership tra gli Usa e l’Oms, a beneficio della salute e del benessere di milioni di persone in tutto il mondo”.
QUALI RAGIONI?
Le motivazioni sono state delineate nell’ordine esecutivo firmato dal presidente, che ha accusato l’agenzia di una gestione inadeguata della pandemia di Covid-19, originata a Wuhan, e di altre crisi sanitarie globali. Secondo quanto riportato nel decreto, l’organizzazione avrebbe fallito nell’adottare riforme urgenti e necessarie per rispondere alle sfide poste dalle emergenze sanitarie internazionali, sottolineando, inoltre, la mancata indipendenza dell’organizzazione internazionale dalle pressioni politiche degli Stati membri. In ultimo, Trump ha voluto evidenziare lo squilibrio finanziario, ancora una volta puntando il dito verso Pechino: la Cina con una popolazione di 1.4 miliardi contribuisce al 90% in meno del budget dell’agenzia rispetto agli Usa.
LE CONSEGUENZE
Con un contributo oscillante tra i 163 e gli 816 milioni di dollari all’anno nell’ultimo decennio, Washington si è confermata uno dei pilastri finanziari dell’Oms, lasciando ora l’organizzazione ad affrontare la difficile sfida di trovare alternative per colmare il vuoto economico. Solo venerdì scorso, l’agenzia ha lanciato un appello per raccogliere 1,5 miliardi di dollari destinati a contrastare le “crisi sanitarie senza precedenti” che stanno segnando il nostro tempo. “Non sono più isolate o occasionali: sono implacabili, sovrapposte e in costante intensificazione”, ha affermato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’organizzazione sanitaria. Ma gli esperti avvertono: anche gli Usa soffriranno le conseguenze di questa scelta. Così facendo, infatti, perderanno l’accesso privilegiato alla sorveglianza epidemiologica globale, compromettendo la loro capacità di anticipare e rispondere rapidamente a nuove minacce sanitarie. “Le agenzie sanitarie statunitensi e le nostre aziende farmaceutiche si affidano all’Oms per i dati necessari allo sviluppo di vaccini e terapie. Invece di essere i primi a ottenere i vaccini, ci ritroveremo in fondo alla fila”, ha scritto Lawrence Gostin, professore di diritto sanitario globale presso la Georgetown University su X. Il professore, contestualmente alle indiscrezioni riportate dal Financial Times, già aveva avvertito che l’addio degli Stati Uniti all’agenzia avrebbe comportato il rischio di “cedere la leadership alla Cina”.
OMS PRONTA A RIBATTERE
Fonti interne all’Oms hanno rivelato a Reuters che l’agenzia si preparava da mesi a questa eventualità, consapevole del rischio concreto. Il diritto interno statunitense prevede un anno di preavviso per l’uscita dall’organizzazione e a Ginevra sembrano determinati a sfruttare questo tempo per perorare la propria causa. Tra le argomentazioni sul tavolo, oltre alle motivazioni strategiche, si profila anche una battaglia giuridica. Nel 1948, infatti, fu il Congresso ad approvare l’adesione e potrebbe dover esprimersi per confermare la decisione. Una cosa è certa: qualora il processo venisse portato a termine non solo l’Oms dovrà fare i conti con la perdita del suo principale finanziatore, ma l’Occidente intero rischia di restare privo di un potente alleato nell’arena della salute globale, lasciando l’organizzazione vulnerabile ad altri interessi strategici.