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FdI o Pd? A chi il bastone di Cavour. Il commento di Sisci

Per un disegno neo-cavouriano nel continente, Meloni ha bisogno dell’appoggio americano, certo, ma anche di sponde forti e allineate in Europa. E il Partito democratico a guida Schlein? Il commento di Francesco Sisci

Forse c’è un dato di fondo che bisognerebbe computare nelle scelte politiche italiane ed europee, detto molto brutalmente, come forse nessun diplomatico farebbe: gli Stati Uniti non si fidano dell’Unione europea al di là del presidente attuale Donald Trump. Non si fidano perché l’Ue ha sempre avuto e ha un rapporto di non complicità con gli Stati Uniti.

Il Giappone ha dichiarato guerra agli Usa nel 1941 ma poi si è piegato a una costituzione dettata dagli americani. Ha sfidato il primato tecnologico e industriale statunitense negli anni ’80 ma poi, perso il confronto, si è rimesso sotto l’ala di Washington. Ha cercato un rapporto privilegiato con la Cina nel primo decennio del secolo, ma dopo l’incidente del 7 settembre 2010 (quando un peschereccio cinese speronò un battello della guardia costiera nipponica) è stato in prima fila con gli Stati Uniti in un rapporto muscolare con la Cina.

Per la Ue non è così. L’euro fu lanciato agli inizi degli anni ’90 contro il dollaro quando contemporaneamente gli europei imploravano un intervento militare americano (a cui gli Usa non avevano interesse) per fermare la guerra in Jugoslavia. Dagli inizi degli anni 2000 quando gli Usa cercavano di lanciare l’oleodotto Nabucco che bypassasse la Russia e le sue minacce strategiche, gli europei tifavano per il russo Nord Stream che incatenava i consumi del continente alle forniture di Mosca. Dalla metà degli anni ’10 quando la competizione tra Usa e Cina era già accesa, gli europei cercavano sponde di crescita e sviluppo a Pechino, magari andando a riempire i vuoti che gli Usa stavano lasciando.

Fino a tempi recentissimi. Quando nell’autunno del 2021 gli Usa avvertivano che la Russia si preparava ad attaccare l’Ucraina, molti europei erano scettici e snob rispetto agli avvertimenti americani: i russi non avrebbero attaccato, e se fosse stato, l’Ucraina sarebbe stata travolta e Mosca avrebbe fatto un passo avanti verso il centro Europa ed era giusto così perché “gli ucraini sono dei rompiscatole”. In questo momento poi, gli europei vogliono essere veri alleati sulla Cina o giocare una loro partita doppia o quadrupla con Pechino? Il Giappone ha scelto, la Ue?

Questa è una storia in micro-pillole, che perde tanti dettagli importanti. Ma detta così, traccia delle linee principali in cui leggere le dichiarazioni attuali e forse future di Trump. Possono apparire brutali e senza contesto, invece sintetizzano da fumetto (quasi a fare capire agli europei che non vogliono capire) la profondità dello iato allargatosi in questi 35 anni tra le due sponde dell’Atlantico. Al di là della simpatia o antipatia del modo di esprimersi, democratici e repubblicani sono concordi nella percezione di fondo. A questo si aggiunge la disgrazia che il Regno Unito, con un rapporto speciale a Washington, è uscito dalla Ue. Quindi gli Usa preferiscono avere rapporti con l’Europa in ordine sparso.

Non è solo che la Ue non ha un numero di telefono da chiamare (come diceva Kissinger), è che la Uè non vuole avere un numero da chiamare (Parigi o Berlino preferiscono le loro linee); e quella linea telefonica, se pure ci fosse, non vorrebbe essere speciale e particolare con Washington.

Friedrich Merz, che dovrebbe vincere le prossime elezioni in Germania (locomotiva economica e non solo della Ue) avrà il compito di gestire questa eredità. Potrà (detto da fumetto, per capirci) spingere il suo Paese a seguire l’esempio giapponese oppure altro. Forse da questo dipenderà il successo politico della AfD, che alcuni apprendisti stregoni di Washington potrebbero vedere come mina vagante contro una Ue anti-americana.

Senza un rapporto forte con l’America non c’è l’Europa, né come unione né come singoli Paesi. Ciò è dimostrato da tre conflitti globali combattuti sul vecchio continente nel ‘900 (prima, seconda guerra mondiale e guerra fredda) e dalle guerre in Jugoslavia e Ucraina. Senza l’intervento a stelle e strisce la disintegrazione balcanica avrebbe infiammato tutto; e senza l’appoggio all’Ucraina, i russi sarebbero oggi (direttamente o indirettamente) al Louvre e piazza San Pietro.

In Italia

Questo contesto, forse in maniera intuitiva, non analitico, pare chiaro alla presidente del Consiglio italiana Giorgia Meloni. Fin qui è tutto giusto, specie se poi la sinistra guidata dal Pd pare non vedere proprio l’orizzonte atlantico di lungo termine, e forse pensa che l’America sia come una spesa al supermercato, “prendo questo, lascio quello”, senza percepire le incertezze di lungo termine che si sentono dall’altra parte.

Da qui in poi però Meloni forse avrebbe bisogno di un approccio più approfondito e analitico. Il saggio Stefano Folli spiegava su Repubblica come il viaggio in solitaria di Meloni a Washington, senza la presidente von der Leyen sia un vulnus per la Ue, specie perché ammicca invece a un asse di Stati più piccoli in Europa, tutti con governi euroscettici, tutti di destra radicale e tutti di area austroungarica. Come ho scritto più volte e da tempo su queste pagine: è una bomba ad orologeria per la Ue e per l’Europa in senso lato, che rischia di disarticolare non solo l’Unione ma l’unità politica di alcuni Stati europei, a cominciare dall’Italia.

Dietro le mosse di Meloni ci potrebbe essere un disegno alla Cavour. Il Piemonte cavouriano (anche dopo la morte del conte) ottenne il controllo dell’Italia con l’aiuto di Francia, Inghilterra e Prussia. Ma Cavour aveva due carte, una esterna, appena detta, e una interna – la voglia di Italia nella penisola e le organizzazioni di Mazzini e Garibaldi. Mazziniani e garibaldini erano forti in tutti gli stati principali della penisola, Milano, Venezia, Palermo, Napoli e Roma. Tutti costoro volevano un’Italia unita, anche a costo di piegarsi a un re che quasi non parlava italiano. Inoltre, Cavour, anche mettendosi in proprio, rimodernò industria, agricoltura e finanza dell’arretrato Piemonte.

Infine, Cavour si inseriva in un disegno globale che voleva eliminare la secolare centralità dell’asse tra Asburgo (Austria-Spagna) e Papa. Essa era stata cruciale. Aveva portato alla scoperta e all’espansione nelle America e in tutto il mondo. Oggi lo spazio del gioco non è l’Europa ma l’Asia: cosa può e vuole fare la Ue o l’Italia lì?

Per un disegno neo-cavouriano nel continente, Meloni ha bisogno dell’appoggio americano, certo, ma anche di sponde forti e allineate in Europa. Le sue sponde neo-austro-ungariche invece non solo non vogliono la Ue ma fanno giochi doppi e forse sporchi con Russia e Cina infischiandosene degli Usa. L’Ungheria o l’Austria separate se lo possono permettere, l’Austria-Ungheria no, e certamente l’Italia, ambiziosa sponda americana, nemmeno.

Al di là delle scelte sul campo di Meloni però rimane la linea di fondo del Paese e della Ue: occorrerebbe stringersi agli Usa, perché ciò è anche stringersi a Giappone, India (entrambi all’inaugurazione di Trump con i loro ministri degli esteri, non i premier, sostanza invece che forma). Dopo questa stretta, si può e forse si deve, parlare, coordinati, con la Cina per trovare una quadra. Questo dovrebbe essere l’orizzonte generale anche per il Partito democratico (Pd), come suggerito da Romano Prodi in alcuni suoi recenti interventi.

Senza questo orizzonte resta un’azione mussoliniana. C’è un caos di iniziative politico-militari che finirono per danneggiare Hitler e contribuirono a fargli perdere la guerra. Sciocco Mussolini a smaniarsi, ma anche sciocco Hitler a non volere abbandonare Mussolini. L’Italia vuole e può essere un aiuto per gli Usa o un peso, come l’Italia fascista per la Germania di allora? Destra e sinistra italiane hanno vantaggi diversi. Il Pd ha più sponde in Europa ma meno in America, e viceversa per Fratelli d’Italia (FdI).

Oggi FdI è in vantaggio sul Pd, perché Meloni ha intuito giusto. Il Pd però in teoria ha basi più solide, rapporti forti in Ue e antichi con gli Usa. Colmare la distanza con il pragmatico Trump non sarebbe impossibile, anzi. Viceversa, il filo-americanismo di FdI è una vernice nuova, i rapporti ce li ha lei ma non il FdI. Lo stesso per la Ue. Meloni dovrebbe strutturarsi più seriamente, il Pd semplicemente svegliarsi e occupare il centro in Italia, in Europa e in America. Vincerà la gara chi correrà più in fretta e meglio.

Serve poi la coscienza che gli Usa vogliono spegnere o mettere sotto controllo i fuochi attuali (Ucraina – Medio Oriente, complicazioni con la Cina) non accenderne di nuovi. Allora Roma, chiunque sia al potere, deve portare soluzioni non problemi. Serve a far crescere l’economia e la tecnologia che deve fare un balzo in avanti nei prossimi anni per riaffermare un primato occidentale rispetto a qualunque sfida.


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