Il ministro Tajani conferma da Bruxelles che l’Italia intende giocare, con l’Ue, un ruolo sulla stabilizzazione del Medio Oriente, che passa anche da Gaza
La tregua tra Israele e Hamas rappresenta un fragile spiraglio di pace, ma l’Unione europea si trova di fronte a una sfida cruciale: quale ruolo assumere nel futuro del Medio Oriente? Fonti diplomatiche europee sottolineano a Formiche.net la complessità dei prossimi mesi, in cui il cessate il fuoco dovrà essere consolidato per evitare nuove escalation.
L’accordo – mediato due settimane fa da Qatar, Egitto e Stati Uniti – prevede la liberazione progressiva degli ostaggi israeliani e un allentamento progressivo del blocco su Gaza. Procede, ma restano forti preoccupazioni sulla possibilità di provocazioni e tensioni che potrebbero far naufragare il processo – il cui valore non riguarda soltanto il dossier in sé, ma l’intero equilibrio regionale, allungandosi con effetti più o meno diretti su progetti internazionali di estrema importanza come Imec.
“L’accordo per il cessate il fuoco e la liberazione degli ostaggi offre la speranza di cui la regione aveva disperatamente bisogno. Ma la situazione umanitaria a Gaza rimane grave”, aveva commentato la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen. L’Europa destinerà 120 milioni di euro in aiuti nel 2025, oltre a ingenti forniture materiali, per continuare a sostenere i palestinesi.
Intanto, Israele ha annunciato la riattivazione della missione EuBam-Rafah, che prevede la collaborazione tra l’Ue e l’Egitto nella gestione del valico al confine meridionale della Striscia di Gaza. A tal fine, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha confermato l’invio di un contingente di sette carabinieri italiani per supportare l’operazione sul terreno con le competenze tecniche uniche dell’Arma.
Tuttavia, il dibattito interno all’Ue sulla gestione della crisi rimane acceso. Alcuni Paesi membri sono favorevoli a un maggiore coinvolgimento politico nella ricostruzione, mentre altri temono che un impegno più marcato possa compromettere i rapporti con Israele.
Secondo l’analista Hugh Lovatt, l’Europa deve trovare un modo per dimostrare concretamente il proprio sostegno alla soluzione dei due Stati. “Senza progressi politici reali verso la fine dell’occupazione israeliana, la tregua non potrà reggere a lungo”, ha spiegato in un’analisi pubblicata su Formiche.net. Battere sulla soluzione dovrebbe superare il senso ripetitivo e svuotato di significati che ha avuto in questi anni, spiegano altre fonti diplomatiche: “L’occasione è adesso, e potrebbe innescare processi di portata epocale come la normalizzazione delle relazioni tra Israele e Arabia Saudita”.
Ieri, parlando da Bruxelles dov’era impegnato nella ministeriale Esteri dell’Ue, Tajani ha ribadito la necessità che l’Europa si prenda un ruolo da “protagonista” nel processo di ricostruzione – fisica e politica – di Gaza. Un fattore determinante per il governo italiano, già anticipato in un’intervista alla Stampa di qualche giorno fa, in cui Tajani aveva aperto alla possibilità di un maggiore coinvolgimento europeo nel post-tregua: “In Palestina, l’Europa potrà avere un ruolo, se vi è un accordo gradito a entrambe le parti”.
In quest’ottica, l’Italia potrebbe contribuire con un contingente a una futura missione di peacekeeping, rafforzando così il posizionamento europeo nella regione, magari allineandolo alla cosiddetta “Arab Vision” che da un anno esatto circola come potenziale roadmap – ora resa più concreta dall’instabile tregua.
Qui si incrocia la dimensione politica della relazione Roma-Riad per esempio, recentemente elevata al rango di “strategic partnership”. Come spiegava Arturo Varvelli, direttore di Ecfr Roma, Riad potrebbe assumere un inedito ruolo di mediazione attiva, anche mirando alla visione strategica delle relazioni con Israele, e questo scenario potrebbe offrire a Bruxelles – e nei desiderata italiani a Roma – uno spazio diplomatico di rilievo, soprattutto in ottica di ricostruzione e missioni di interposizione.
D’altronde, durante il suo recente tour tra Arabia Saudita e Bahrein, la presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha mostrato una più chiara consapevolezza della situazione. Come riportato in un articolo firmato da Marco Galluzzo, chigista del Corriere della Sera nel pool che ha seguito la premier in Medio Oriente, in un de-briefing delle visite fatto con i giornalisti, Meloni ha evidenziato l’importanza dell’Arabia Saudita – ma senza dimenticare quello di Egitto, Giordania, Emirati, Qatar, e Turchia – nel progetto di ricostruzione socio-culturale-politica e urbanistica di Gaza, frenando per ora su piano più avventati messi sul tavolo come soluzione di forza e già respinti dagli attori regionali.
Nei prossimi mesi, l’Ue dovrà quindi affrontare una sfida cruciale: consolidare la tregua, sostenere la popolazione palestinese e mantenere una posizione diplomatica equilibrata tra Israele, Stati Uniti e il mondo arabo. Il Medio Oriente resta un teatro di tensioni in cui l’Europa dovrà dimostrare di essere un attore credibile e influente.