Al di là di come potrà evolversi la crisi di governo, la questione preoccupa non poco, in quanto accade in un fazzoletto balcanico già attraversato dalle mai sopite tensioni con il Kosovo e attenzionato dai super player esterni, come Russia e Cina, con cui Belgrado vanta buone relazioni
Tra dieci giorni la Serbia saprà se sarà necessario andare a elezioni anticipate. Lo ha detto in un discorso al Paese il presidente Aleksandar Vucic, dopo le dimissioni del capo del governo Milos Vucevic, giunte a causa della imponente mobilitazione su tutto il territorio nazionale a seguito dell’incidente alla stazione ferroviaria della città di Novi Sad, lo scorso autunno, che causò la morte di 15 persone. Da quel momento i mancati controlli e l’ampia corruzione sono stati gli argomenti che cittadini e studenti hanno portato in piazza per manifestare tutto il proprio disagio contro l’attuale governo.
Qui Belgrado
Strade bloccate, raduni di massa, striscioni e cori contro l’esecutivo con momenti di alta tensione hanno caratterizzato gli ultimi due mesi nel Paese, per questa ragione il premier ha deciso di fare un passo indietro al fine di provare a rasserenare gli animi. Intenzione però che al momento non ha sortito effetti, dal momento che le proteste studentesche anti-corruzione sono proseguite anche ieri sera, con migliaia di studenti in marcia in diverse grandi città serbe, tra cui Novi Sad. Proprio la città dell’incidente è il centro nevralgico e organizzativo delle proteste, e lì una studentessa è stata picchiata da alcuni sostenitori del Partito progressista serbo al governo. Subito il presidente ha condannato l’episodio, definendo l’atto “scandaloso”, mentre Vucevic ha parlato di violenza “inaccettabile”.
Il premier però resta nell’occhio del ciclone, perché è stato sindaco di Novi Sad dal 2012 al 2022 e ha supervisionato la ristrutturazione della stazione di Novi Sad, lì dove è accaduto il tragico crollo. Due giorni fa una donna è stata arrestata dopo aver scagliato la sua auto su una manifestante durante l’ennesimo raduno. Vučić ha attaccato i partiti di opposizione, accusandoli di cavalcare l’onda delle manifestazioni solo a fini politici, e poi annunciato la nascita di un nuovo movimento speculare a Russia Unita di Putin
Ma al di là di come potrà evolversi la crisi di governo, appare di tutta evidenza che la questione preoccupa non poco, in quanto accade in un fazzoletto balcanico già attraversato dalle mai sopite tensioni con il Kosovo e attenzionato dai super player esterni, come Russia e Cina, con cui Belgrado vanta buone relazioni.
Qui Mosca
Il Cremlino si schiera in una posizione morbida, augurandosi una pronta soluzione per un “Paese a noi molto caro”, ha dichiarato il portavoce del Cremlino Dmitri Peskov. “Siamo uniti da radici storiche comuni, apprezziamo e valorizziamo la nostra amicizia, la nostra interazione e continueremo a collaborare. Auguriamo ai nostri fratelli serbi di risolvere tutti i problemi il prima possibile e di tornare verso uno sviluppo calmo e sistematico”. L’ultimo richiamo europeo alla Serbia ed alle sue troppo strette relazioni con la Russia risale allo scorso settembre quando, da Bruxelles, è partito un altro avvertimento: allinearsi alla Russia contrasta con l’obiettivo dichiarato di adesione all’Ue. Il rischio è che possa venire bloccato il percorso nei 27.
Qui Bruxelles
Preoccupata anche per le connessioni alla crisi tra Serbia e Kosovo si mostra l’Ue, ma al contempo desiderosa di rilanciare il dialogo tra leader dei due Paesi. Per questa ragione il rappresentante speciale uscente dell’Unione europea per il dialogo Belgrado-Pristina, Miroslav Lajcak sostiene che Belgrado e Pristina attendono le nuove proposte all’interno di un processo in un processo che sarà guidato dall’Alto rappresentante per la politica estera europea, Kaja Kallas assieme al successore di Lajcak, Peter Sorensen. “La nuova Alta rappresentante dell’ Ue Kallas ha detto chiaramente che sarà direttamente coinvolta e che vuole guidare il processo. È in preparazione una proposta per entrambe le parti – ha detto l’uscente – è importante stabilire quanto prima dei contatti a livello di Unione europea e Stati Uniti per raggiungere un accordo su un approccio comune nei confronti dei Balcani occidentali”.