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Quali saranno le scelte energetiche di Trump? Risponde il Csis

Le politiche energetiche di Trump sono caratterizzate da scelte dirette, spesso orientate a cambiamenti simbolici, anche utilizzando misure amministrative rapide come gli ordini esecutivi. Nel dibattito del Csis si è analizzato come queste possano aver impatto sugli Usa e sul contesto internazionale

Durante un recente evento organizzato dal Center for Strategic & International Studies (Csis), esperti del settore energetico hanno analizzato i nuovi ordini esecutivi (EO) emessi da Donald Trump per cercare di decifrare anche attraverso di essi le policy in materia della nuova amministrazione statunitense – informazioni che hanno importante valore anche da quest’altro lato dell’Atlantico. Al panel hanno partecipato Mike Katanzaro, ex consigliere del Consiglio di Sicurezza Nazionale, Kevin Book di ClearView Energy Partners, e Clay Seigler, senior fellow del Csis.

Le prime mosse di Trump

L’amministrazione Trump ha adottato nel suo primo mandato diverse misure incisive nel settore energetico. Centrale è stata l’agenda di “dominio energetico”: inizialmente orientata all’esportazione di risorse e successivamente evoluta in un approccio più aggressivo, caratterizzato da regolamentazioni muscolari e possibili sanzioni verso altri produttori. È questo che rivedremo con il Trump 2.0?

Sul fronte normativo, Trump ha mirato a ridurre le regolamentazioni ambientali. Tra le azioni più significative, vi è stata la revisione del cosiddetto “endangerment finding” del 2009, che autorizzava l’Enviroment Protection Agency a regolamentare le emissioni di CO2. L’amministrazione ha anche sospeso i finanziamenti di leggi chiave come l’Inflation Reduction Act e l’Infrastructure Investment and Jobs Act, mettendo a rischio diversi progetti energetici. Altre misure hanno riguardato la riattivazione delle licenze per il gas naturale liquefatto e una revisione delle politiche del National Environmental Policy Act.

Per muoversi, l’amministrazione ha fatto – e sta già facendo – largo uso di ordini esecutivi. È una scelta che indica rapidità di azione, cruciale per smantellare bruscamente le politiche energetiche dell’amministrazione Biden. Tuttavia, la loro efficacia è stata ostacolata dalla complessità amministrativa e da resistenze legali.

La sfida dell’implementazione

C’è un elemento infatti su cui tutti i panelist concordano: gli ordini esecutivi sono uno strumento politico utile per trasmettere le priorità presidenziali, ma con limiti significativi nella loro attuazione. Katanzaro per esempio ha osservato che certe misure “sono fantastiche e vediamo che questo è diventato ormai una prassi per i presidenti in entrata […] ma alla fine, le ordinanze esecutive possono essere scritte con la stessa facilità con cui possono essere cancellate”. Ha poi aggiunto: “La vera chiave ora, quando la situazione si fa concreta, è in realtà come le agenzie eseguono gli ordini”, sottolineando i molti ostacoli amministrativi e legali che possono rallentarne o impedirne l’attuazione.

Il concetto di dominio energetico

Secondo Book, le attuali misure prese da Trump “possono dare direttive, possono effettivamente intraprendere azioni oppure possono segnalare” orientazioni. Molti degli executive order in materia energetica sembrano appartenere a questa terza categoria, con segnali politici che però necessitano di anni per produrre effetti concreti.

Sempre Book ha spiegato che la definizione originale di “dominio energetico” che “abbiamo dato a ClearView era riferita a una politica di produzione incentrata sull’esportazione, ma il dominio 2.0 appare un po’ diverso, è più a somma zero”. E dunque suggerisce un approccio più protezionista in arrivo?

Emergenza energetica e conflitti con gli stati

L’amministrazione Trump ha dichiarato uno stato di emergenza energetica. La scelta arriva nonostante la produzione di petrolio e gas negli Stati Uniti abbia raggiunto livelli record e le fonti rinnovabili, come l’energia solare ed eolica, siano in forte espansione. Per quanto apparentemente paradossale, la mossa è giustificata dall’intento di consolidare il ruolo del Paese come maggiore esportatore di prodotti energetici.

A influenzare questa decisione è anche l’impatto crescente della rivoluzione dell’intelligenza artificiale sul settore energetico, oltre all’esigenza di contrastare l’aumento dei prezzi percepiti dai consumatori, elemento che sta contribuendo alla pressione inflazionistica. In definitiva, in questo modo si l’uso di poteri straordinari, come il Defense Production Act e l’eminent domain.

Tuttavia, questa dichiarazione rischia di entrare in conflitto con regolamenti statali su ambiente e risorse naturali. Alcune normative, come la Legge sull’acqua pulita e la Legge sulle specie in pericolo, includono definizioni di emergenza che potrebbero porre sfide significative all’attuazione degli ordini esecutivi, notano i panelist del Csis.

Un esempio emblematico citato durante il dibattito è stato il blocco di un gasdotto da parte dello stato di New York, evidenziando le tensioni tra governo federale e autorità locali. Gli esperti hanno sottolineato come la nuova politica federale possa incontrare resistenze simili in altri stati, soprattutto quelli con politiche ambientali più restrittive.

Le sfide dei mercati e degli investimenti

Seigler ha sottolineato come parte di queste misure siano più retoriche che operative: “Una delle cose che mi ha colpito è quanto di tutto ciò sia rituale, dichiaratorio, retorico, rispetto a ciò che si tradurrà in misure politiche concrete […] questa cosa succede ogni quattro anni, è un po’ un rituale”.

In merito alla crescita della produzione di petrolio, ha commentato: “L’elefante nella stanza è che la crescita dell’offerta non è limitata dal governo, ma è limitata da Wall Street [… perché] le compagnie sono focalizzate sulla disciplina del capitale”. Questo evidenzia come la volontà degli investitori sia un fattore cruciale per lo sviluppo del settore, indipendentemente dalle politiche federali.

Le fonti rinnovabili e i fondi a rischio

Le misure di Trump sembrano concentrarsi sulle fonti energetiche tradizionali, escludendo esplicitamente energia solare ed eolica. Rimane da capire dunque se queste saranno eliminate dal panorama energetico o semplicemente riorientate verso un modello meno dipendente dai sussidi pubblici.

La sospensione dei finanziamenti previsti dall’Inflation Reduction Act (IRA) e dall’Infrastructure Investment and Jobs Act (IIJA) mette inoltre a rischio progetti fondamentali, inclusi quelli sugli hub per l’idrogeno. Questo blocco riflette l’intenzione di sfidare la costituzionalità del Budget Impoundment Control Act, aggiungendo un ulteriore livello di incertezza per il settore.

Tra retorica e impatti concreti sul panorama energetico internazionale

Il panel ha evidenziato come le nuove politiche energetiche dell’amministrazione Trump abbiano l’obiettivo di ridefinire il posizionamento degli Stati Uniti nei mercati globali. Tuttavia, il rischio è che molte di queste misure rimangano limitate alla retorica politica, data la difficoltà di attuazione e le inevitabili contestazioni legali.

Infine, la questione delle tariffe su prodotti energetici provenienti da alleati e partner come Canada e Colombia ha sollevato dubbi sulla loro efficacia nel ridurre i prezzi dell’energia, rischiando di innescare effetti contrari. Ieri per esempio la ministra degli Esteri canadesi, per esempio, allertava provocatoriamente sul rischio che sanzionando il suo Paese gli Usa finiscano per diventare “dipendenti” dal Venezuela, dove tra l’altro ieri l’inviato per le missioni speciali di Trump, Richard Grenell, è stato ricevuto dal dittatore Nicolas Maduro, per un incontro inaspettato, del tutto in stile trumpiano.

In un contesto di crescente competizione globale, gli Stati Uniti potrebbero ritrovarsi meno competitivi a causa della lentezza normativa e dei costi associati, è il verdetto del Csis. Il futuro delle politiche energetiche dell’amministrazione resta comunque da osservare, sia perché ci troviamo davanti ai primi giorni di amministrazione, sia perché gli sviluppi saranno decisivi per comprendere il reale impatto di questo approccio nel lungo periodo a livello internazionale.


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