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Nessuna guerra commerciale, Trump non colpirà le relazioni transatlantiche. Zeneli spiega perché

“Onestamente credo che non vedremo dei dazi transatlantici nel futuro, ma solamente sui settori particolari in caso di mancata soluzione nelle negoziazioni transatlantiche”, spiega Zeneli (Atlantic Council) commentando con Formiche.net le scelte di Trump, l’America First Trade Policy, le questioni in sospeso e cosa c’è da aspettarsi riguardo all’Ue (e all’Italia)

“Direi che non c’è nessuna grande sorpresa: il presidente Donald Trump ha pronunciato già il 20 gennaio l’America First Trade Policy, dove troviamo tutti gli elementi più importanti sulla politica futura del commercio della nuova amministrazione. E anche se molto più pronunciata nella narrazione, io direi che non è molto differente dalla politica del commercio estero della amministrazione di Biden”. Valbona Zeneli, esperta di relazioni transatlantiche attualmente in forza all’Atlantic Council.

Il commercio internazionale viene ormai visto come un elemento principale della sicurezza nazionale, e si parla sempre di più del concetto della sicurezza economica. Il commercio verra percepito in termini binari, spesso giudicato in base ai deficit commerciali?

Il deficit commerciale degli Stati Uniti è cresciuto da 451 miliardi di dollari nel 2000 a 951 miliardi nel 2022, per poi scendere a 773 miliardi nel 2023. Il cambiamento dell’ultimo anno è attribuito alle politiche industriali dell’amministrazione Biden, che mirano a rafforzare la produzione interna e ridurre la dipendenza dalle importazioni. Secondo me, l’approccio del presidente Trump sulle tariffe e dazi doganali sarà più graduale e sfumato che nelle sue promesse elettorali.

È importante precisare che gli ordini esecutivi del 3 febbraio che annunciavano i dazi (a Canada e Messico) li descrivevano come una risposta d’emergenza al flusso di droga e immigrati illegali verso l’America, non è così?

Troviamo quelle stesse parole anche nel America First Trade Policy, l’obiettivo non erano i dazi (usati come leva per raggiungere l’obiettivo), ma risolvere i problemi di immigrazione e il flusso di fentynil, che sono entrambi problemi di sicurezza nazionale. Come risposta, il Presidente del Messico ha accettato di schierare 10.000 soldati al confine settentrionale del suo paese per contribuire a frenare il flusso di fentanyl verso l’America. Il primo ministro canadese ha dichiarato che il governo canadese rafforzerà i controlli alle frontiere, anche tramite il lancio di una nuova forza congiunta con gli Stati Uniti per fermare il traffico di fentanyl.

Certamente questa situazione crea incertezza nei mercati finanziari e la letteratura economica identifica l’incertezza come un ostacolo agli investimenti e alla crescita. Che fare?

Come abbiamo visto dopo le misure del 3 febbraio, i mercati globali hanno reagito di conseguenza: le borse sono crollate in tutto il mondo, i prezzi del petrolio sono saliti e la maggior parte delle valute si è indebolita rispetto al dollaro. Ma non appena il il Presidente Trump ha fatto marcia indietro—annunciando il rinvio dei dazi sulle importazioni dal Messico e dal Canada—i movimenti del mercato si sono invertiti.

Quali sono gli obiettivi di Trump?

Partiamo dalla chiave della America First Trade Policy Act, che non sono i dazi ma la volontà di affrontare ciò che viene percepito come commercio ingiusto e sbilanciato; ma anche come contrastare la manipolazione o il disallineamento valutario rispetto al dollaro americano, che fornisce ai partner commerciali un ingiusto vantaggio competitivo nel commercio internazionale; e ancora, il bisogno di rivedere e revisionare gli accordi commerciali esistenti degli Stati Uniti e gli accordi settoriali per mantenere il livello generale di concessioni reciproche e reciprocamente vantaggiose con i paesi partner degli accordi di libero scambio; inoltre, dialogare con i Paesi stranieri che sottopongono ai cittadini o aziende statunitensi tasse discriminatorie o extraterritoriali, o infine rivedere gli accordi del WTO, tra le varia altre cose.

Anche l’Ue potrebbe essere presto oggetto di dinamiche sul commercio, come muoversi?

L’attenzione degli Stati Uniti sulla promozione della produzione domestica e sull’uso delle tariffe per proteggere le industrie chiave potrebbe mettere a dura prova le relazioni con l’Unione Europea, ma vorrei sottolineare che l’Ue non viene menzionata nell’America First Act per quanto riguarda nuove tariffe, e questa è una cosa positiva. Secondo me, bisogna mettere il focus nel risolvere insieme all’amministrazione Usa i problemi che ho menzionato sopra. Il commercio tra Usa e Ue rappresenta 950 miliardi nel 2023, con l’UE che ha registrato un surplus commerciale di oltre 200 miliardi di dollari nel 2023.

Una cosa importante da fare nel breve termine sarebbe di ridurre le barriere commercial tra l’Ue e Stati Uniti?

Sì, partendo innanzitutto da un abbassamento da parte dell’Ue della tariffa sulle importazioni di automobili statunitensi, portandola dall’attuale 10% al 2,5%, mirando di allineare il dazio europeo con quello attualmente imposto dagli Usa sulle auto importate dall’Europa.

Ci sono poi gli Investimenti Diretti Esteri (Ide)?

Ci si dovrà occupare anche di quello, che rimangono il pilastro dell’economia transatlantica, con uno stock reciproco di 7,4 trilioni di dollari nel 2023, molto più rilevante delle relazioni commerciali, stimolando la crescita economica su entrambe le sponde dell’Atlantico.

L’Italia registra un surplus commerciale con gli Stati Uniti, uno dei suoi mercati di esportazione più importanti, quindi…

Su 625 miliardi di esportazioni italiane verso il mondo, gli Usa sono destinatari del 10.7 percento, pari a 67 miliardi. Se queste voci della bilancia commerciale con Washington fossero colpite da un dazio pari al 10%, il costo sarebbe di 6.7 miliardi. Se invece il dazio fosse del 25%, il costo sarebbe pari a 16.7 miliardi, vale a dire quasi l’1% del Pil dell’Italia. Onestamente credo che non vedremo dei dazi transatlantici nel futuro, lo dico in generale, ma solamente sui settori particolari in caso di mancata soluzione nelle negoziazioni transatlantiche.

In futuro il commercio internazionale sarà probabilmente un elemento di sicurezza e resilienza nazionale, non tanto elemento di globalizzazione come era il caso negli inizi del Duemila: e dunque, cosa serve?

C’è  bisogno di una profonda riforma delle istituzioni come il WTO dove il processo di decision-making è ormai bloccato da tempo. Queste istituzioni devono essere al passo coi tempi, anche in vista della nuova competizione geopolitica e strategica internazionale. Le nuove parole chiave del commercio devono essere libero, equo, e reciproco, dove tutti i player seguono le regole del gioco.

 

Zeneli ha affrontato anche l’argomento Cina, parte esclusiva dell’edizione di questa settimana di “Indo Pacific Salad”: per iscriversi basta seguire il link.


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