Il Pentagono punta su armi autonome per rafforzare la deterrenza contro la Cina nell’Indo-Pacifico nel prossimo futuro. Il report del Belfer Center analizza i rischi e le implicazioni strategiche della loro adozione
Attraverso Replicator, l’iniziativa lanciata nell’agosto del 2023 dal sottosegretario alla difesa statunitense Kathleen Hicks, il Pentagono e la Casa Bianca mirano a dotarsi di un ampio network di arme autonome e interconnesse capace di incrementare esponenzialmente le capacità di power projection statunitensi nel teatro dell’Indo-Pacifico. In particolare, il peso di queste capacità andrà a pesare sarà sentito nel Mar Cinese Meridionale, in virtù del loro ruolo nello scoraggiare (e se necessario, nel respingere) i tentativi della Repubblica Popolare Cinese di annettere l’isola di Taiwan. Tuttavia, queste capacità non sono ancora operative, e saranno necessari almeno cinque anni prima di poterle effettivamente dispiegare nell’area in questione. E ci sono tutta un’altra serie di dinamiche, fattori, rischi e criticità che vanno considerate.
Proprio questo è il tema del report pubblicato dal Belfer Center for Science and International Affairs dell’università di Harvard, dal titolo “The Autonomous Arsenal in Defense of Taiwan. Technology, Law, and Policy of the Replicator Initiative”. Nel documento, firmato da Eric Rosenbach, Ethan Lee e Bethany Russell, vengono analizzate tutta una serie di sfaccettature legate al progetto di armamenti autonomi promosso dal Dipartimento della Difesa statunitense. A partire dall’effettiva volontà della leadership politico-militare americana di ricorrere a questo strumento, con annesse le complicazioni del caso, nelle diverse situazioni che si potranno presentare. Se Zhongnanhai decidesse infatti di ricorrere a un blocco navale totale o parziale per forzare Taiwan alla resa, senza però ricorrere direttamente all’uso della forza, l’uso di armi autonome rischierebbe di scatenare un’escalation non voluta né da Washington né da Pechino; e anche in caso di invasione, l’eventualità che queste armi possano andare a colpire bersagli civili nell’entroterra cinese rappresenta un fattore di rischio che deve essere tenuto bene a mente.
Per questo motivo, suggeriscono gli studiosi, il Pentagono dovrebbe privilegiare l’accuratezza e la tracciabilità rispetto alla cosiddetta “explainability”, ovvero la capacità dei modelli di intelligenza artificiale per i sistemi d’arma autonomi di fornire spiegazioni per le loro decisioni, favorendo una soluzione simile a quella già impiegata nei sistemi Aegis e Patriot, che sono in grado di svolgere il loro compito, ma non di spiegare il perché delle loro azioni. E in ogni caso è necessario sviluppare un accurato programma di allenamento per questi modelli generativi, considerando che “la limitatezza dei dati reali richiederà al Dipartimento della Difesa di gestire il rischio di utilizzare dati sintetici […] Il Dipartimento della Difesa deve continuare a identificare e raccogliere i dati necessari per sviluppare i modelli di IA alla base dei sistemi d’arma autonomi. Tuttavia, i limitati dati di intelligence del mondo reale provenienti dalle esercitazioni del Pla non sono sufficienti per addestrare i sistemi d’arma autonomi a conflitti su larga scala per la difesa di Taiwan. I modelli di rete avversaria generativa sono utili per creare ambienti sintetici completi per addestrare i sistemi d’arma autonomi, perfezionare il modello di IA sottostante e la sua capacità di identificare obiettivi, rilevare anomalie durante le missioni e navigare su terreni complessi”. Ma anche quella di rispettare il diritto internazionale e quello dei conflitti armati, così come le regole di ingaggio seguite dalle forze armate statunitensi.
Nel calcolo andranno inclusi poi anche fattori di carattere tecnologico. A causa delle difficoltà nello scambio di informazioni nel cloud in ambienti elettronici contesi, i sistemi d’arma autonomi devono infatti essere capaci di utilizzare un’elaborazione parallela ai margini. Altro limite è quello dell’elevato consumo di energia da parte dell’IA, che costringerà gli sviluppatori a fare compromessi tra velocità, efficienza e prestazione, ma anche a sviluppare batterie più potenti.
Tutto questo dovrà essere fattor rispettando la policy resa pubblica dal Dipartimento della Difesa, che stabilisce un elevato standard internazionale di trasparenza per lo sviluppo e l’impiego di sistemi d’arma autonomi. A differenza della segretezza che caratterizza le politiche di altri Paesi sui sistemi d’arma autonomi, il Pentagono ha infatti scelto di stabilire e rendere pubbliche linee guida esplicite per il loro sviluppo e utilizzo responsabile. Migliorando così il posizionamento degli Stati Uniti come leader nelle discussioni internazionali sull’autonomia in guerra.