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Difesa, sicurezza e ascolto. I messaggi per l’Ue da Madrid visti da Adornato

I Patrioti riuniti a Madrid lanciano diversi segnali. “Si può governare il mondo occidentale immaginando che il fenomeno identitario sia il nemico? Questa è la domanda che deve rivolgersi il Ppe”, spiega il  politologo Ferdinando Adornato. È vero che c’è una competizione nelle destre per il rapporto con Trump, ma Meloni non la sente. Mentre per capire dove vorrà andare la nuova amministrazione Usa, lo snodo sarà l’Ucraina

Senza capacità di rispondere alle paure post globalizzazione, l’opposizione alle destre dei patrioti sarà vana perché non ci si può e non ci si deve opporre solo ad Abascal, Wilders o Orban ma ci si deve preoccupare di rispondere alle domande dei cittadini e dell’elettorato. Questo è il punto centrale per ragionare di Ue, patrioti e Trump secondo Ferdinando Adornato, presidente della Fondazione Liberal ed editorialista del Messaggero, autore con Mons. Rino Fisichella de “La libertà che cambia. Dialoghi sul destino dell’Occidente” (Rubbettino), che elogia il ruolo di Giorgia Meloni nella relazione futura tra Usa e Ue. “Non si può non approntare una strategia di limitazione di controllo dei flussi e non si può immaginare di governare solo esibendo la politica dei diritti, non capendo cosa determina le paure in merito al cambio radicale di civiltà. Se si vuole impedire che l’Europa continui a essere piccola bisogna avere questa lungimiranza e questa capacità di rispondere alle domande”.

Da Madrid i patrioti europei dicono no al malgoverno di Ppe e socialisti. Hanno ragione?

Prima di tutto direi che l’appropriazione dello slogan “Mega” è indebita perché invece da quel che ho visto dovrebbero usare lo slogan “Mesa”, cioè Make Europe Small Again, senza dimenticare che qualcuna delle forze lì presenti ha qualche simpatia per Vladimir Putin. Penso che per fare grande l’Europa ci sono alcuni aspetti fondamentali. Primo: dotarsi di un proprio sistema di difesa e non mi sembra che nell’incontro di Madrid di questo ci sia traccia. Secondo: una svolta nella politica industriale e in tutte le elencazioni contenute nel rapporto Draghi. Riconosco che la scelta di mettersi sopra al carro di Trump è tatticamente comprensibile, ma quello slogan è contraddittorio anche per chi l’ha lanciato, perché se l’Europa tornasse davvero grande allora non sarebbe totalmente in linea con i desiderata di Trump.

Esiste questa presunta competizione fra chi più è vicino alla Casa Bianca?

Assolutamente sì, i patrioti vivono questa concorrenza mentre Giorgia Meloni non la vive affatto. Siamo appena agli inizi della presidenza Trump. Chi fa politica e chi la vuole fare da protagonista deve avere la pazienza di aspettare. Siamo sicuri che la presidenza Trump avrà successo? E siamo sicuri che la presidenza Trump avrà successo nella direzione che Trump ha indicato o Trump stesso sarà costretto a modificare alcune sue impostazioni? Tutti dicono che Trump è imprevedibile, quindi se non altro solo per questo bisognerebbe avere più prudenza nell’entrare nella gara tra chi è più vicino a lui.

Patrioti e Popolari: dialogare o no?

C’è un punto dell’incontro di Madrid che deve essere ben valutato dal Partito Popolare e anche dalle forze che si oppongono ai cosiddetti patrioti: chiedersi da dove nasca questa ondata di destra che attraversa il mondo, e anche l’Europa, in modo visibile. Ebbene nasce da un errore fatto da tutta la governance mondiale rispetto alla globalizzazione. Abbiamo pensato che la globalizzazione avrebbe prodotto automaticamente benessere per tutti. E non ci siamo preoccupati di governarla. La globalizzazione non governata ha invece creato molta paura, soprattutto nei Paesi occidentali, proprio perché non era governata. E la paura della globalizzazione ha fatto emergere il tema dell’identità come tema centrale della politica occidentale. La paura di perdere la propria identità proprio a causa di una globalizzazione non governata, l’identità del proprio territorio a causa di fenomeni di immigrazione incontrollata, l’identità della propria cultura e della propria civiltà a causa delle teorie gender, la propria identità commerciale a causa dello squilibrio delle bilance commerciali tra i vari Paesi. Per cui un movimento identitario globale è venuto emergendo.

Come gestirlo?

Si può governare il mondo occidentale immaginando che questo fenomeno identitario sia il nemico? Questa è la domanda che devono rivolgersi il Partito popolare e tutte le forze democratiche o anche le forze che legittimamente si oppongono alle destre. Io credo di no. Senza capacità di rispondere alle paure di cui parlavo, l’opposizione alle destre dei patrioti sarà vana perché non ci si può e non ci si deve opporre solo ad Abascal, Wilders o Orban ma ci si deve preoccupare di rispondere alle domande dei cittadini e dell’elettorato. Questo è il punto. Bisogna rispondere a tali quesiti per avere un quadro reale. Non si può non approntare una strategia di limitazione di controllo dei flussi e non si può immaginare di governare solo esibendo la politica dei diritti, non capendo cosa determina le paure in merito al cambio radicale di civiltà. Se se si vuole impedire che l’Europa continui a essere piccola bisogna avere questa lungimiranza e questa capacità di rispondere a queste domande.

Ursula von der Leyen ha la consapevolezza di questo?

Sì, e quindi nutro speranza in questa stagione del suo secondo governo, però la crisi europea è grave e quindi bisogna metter mano a tutto il pacchetto di riforme e di misure che sono contenute nel rapporto Draghi.

Auto elettriche, relazioni internazionali, reciprocità negli scambi sono tutti dossier dove le passate politiche non hanno inciso: l’Europa deve salvarsi da sola come dicono i patrioti? E da dove dovrebbe iniziare?

Bisogna che tutte le forze capaci di capire lo scenario in atto rispondano ai nodi identitari a prescindere dalla diarchia destra-sinistra. Quelli sono i nodi dei cittadini e i nodi delle culture e a quelli bisogna rispondere e bisogna anche che le forze che hanno più consapevolezza di questo agiscano dal di dentro dell’Europa. Certamente si può salvare da sola, ma deve cominciare una grande stagione di mutamenti. Ritorno sulla questione della politica di sicurezza e di difesa, ovvero il tema più importante assieme al controllo delle ondate migratorie: qui non ci vogliono solo chiacchiere, ma occorre cominciare a produrre dei fatti.

Si riferisce alle spese per la difesa?

Si può e si deve aumentare il budget dei Paesi europei, inoltre basterebbe cominciare a percorrere una strada che è stata già indicata, ovvero quella della unione di tutti i sistemi di sicurezza e di difesa. Ciascun Paese ha una sua competenza, a parte la Francia che ha addirittura l’atomica. Ma ciascun Paese può dare il suo contributo. Forse mettendo insieme le cose si risparmierebbe anche qualcosa.

La relazione delle destre europee con Donald Trump può servire all’Ue?

Ci sarà uno snodo, forse non lontano nel tempo, in cui noi capiremo la vera identità della presidenza Trump. Questo snodo si chiama Ucraina, perché a seconda di come Trump vorrà affrontare la questione ucraina avremo l’esatto identikit del suo secondo mandato, perché investe il rapporto che Trump vorrà avere con l’Europa, con la Russia, con i concetti di libertà e di sovranità territoriale dei popoli. Che tipo di negoziato vorrà mettere in piedi? Accetterà tutte le pretese di Putin? I patrioti potrebbero avere un’amara sorpresa?

L’Italia si trova in una posizione vantaggiosa con Giorgia Meloni?

Il suo ruolo può essere importante per l’Europa innanzitutto, nel senso che è una di quelle leader che ha capito le questioni identitarie sollevate nel mondo occidentale: quindi innanzitutto può aiutare l’Europa ad affrontare il fenomeno migratorio e il fenomeno della cultura. Potrà fare in modo che l’Ue torni a essere grande per quanto riguarda il rapporto con gli Stati Uniti. Si è fatta molta narrazione giornalistica, ma Giorgia Meloni finora ha detto una cosa sacrosanta: non conviene in questa fase attaccare gli Stati Uniti, ma conviene cercare un dialogo. Mi sembra che finora le prese di posizione di Meloni siano state di questo tipo e condivisibili, perché se si creasse una frattura tra Unione europea e Stati Uniti, non è che verrebbero messi in difficoltà solo i rapporti commerciali, bensì si comincerebbe a creare una frattura nel concetto stesso di Occidente. A questo deve stare attento in primo luogo Trump, ma in secondo luogo, ovviamente, anche l’Unione europea. Siamo sicuri che il mondo sarebbe lo stesso, venendo meno la forza planetaria del concetto di Occidente? Io non ne sono affatto sicuro, soprattutto per quel che riguarda la difesa delle democrazie e la lotta per i diritti umani. Deve stare molto attento Trump a non mettere in discussione il concetto di Occidente, ma contestualmente l’Europa deve fare di tutto perché il dialogo e la vicinanza e l’amicizia con gli Stati Uniti non vengano meno.


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