Appare evidente che l’Ue deciderà di far ripartire da zero il dialogo tra Kosovo e Serbia anche in virtù del nuovo gruppo di “lavoro”, formato da Marta Kos, Kaja Kallas e Peter Sørensen, ma al contempo sarà interessante osservare sia le mosse della società civile in Kosovo (che ha orientato non poco il voto), sia i progetti di altri Paesi, come ad esempio l’Italia, che in quella regione hanno un ruolo significativo
Albin Kurti e il suo partito VV hanno vinto le elezioni in Kosovo, ma perdendo una buona fetta di consenso. Per cui saranno costretti a individuare un alleato per restare al potere proprio mentre le tensioni con la Serbia non sembrano scemare e in un momento geopolitico particolarissimo, con da un lato la spinta dell’Ue per l’allargamento (ieri al Roma c’è stata una buona iniezione di fiducia) e dall’altro le politiche della nuova amministrazione americana.
Al voto
Il partito al governo Vetevendosje scende al 41%, forse a causa del suo mandato tutt’altro che stabile, a causa delle tensioni con la minoranza serba nel nord del Kosovo e dell’interlocuzione non sempre lineare con Ue e Usa. Come è noto Bruxelles ha svolto il ruolo di mediatore (cambiando inviati) tra Pristina e Belgrado, ma sbattendo sugli accordi di Ocrida, un buon punto di partenza che però è stato subito disconosciuto dalle parti in causa. Infatti il presidente serbo Aleksandar Vučić non ha mai avallato i progressi kosovari relativi al riconoscimento.
Nel mezzo il voto di ieri, che probabilmente ha manifestato una certa stanchezza del popolo kosovaro per Kurti, visti i numeri. Un governo senza Kurti (che viene considerato poco collaborativo) potrebbe teoricamente essere possibile, ma chiunque dovesse prendere il suo posto avrebbe da gestire il difficile dossier del dialogo Kosovo-Serbia e con le pressione dell’Ue e i desiderata dell’amministrazione Trump. Intanto la Procura di Pristina sta indagando sul malfunzionamento della piattaforma elettorale “dopo aver ricevuto segnalazioni sul mancato funzionamento della piattaforma della Cec, ha richiesto informazioni per verificare se vi siano elementi di reato”.
I possibili progressi
Al netto di un quadro ancora frastagliato e lontano dall’essere indenne da nuove tensioni, c’è da registrare il contatto a Parigi in occasione del Summit sull’intelligenza artificiale tra il presidente del Kosovo Vijosa Osmani e il vicepresidente degli Stati Uniti James David Vance. Osmani “ha espresso profonda gratitudine per l’alleanza con gli Stati Uniti, confermando il suo impegno ad approfondire la cooperazione in settori di interesse comune”. Gli Usa infatti dovranno, nelle prossime settimane, spiegare cosa pensano dei dossier europei, oltre che del caso Gaza e dell’Ucraina.
Da circa 20 anni Bruxelles ha puntato sul Kosovo con il punto di caduta comune a tutti gli altri Paesi dei Balcani, ovvero l’integrazione della regione nell’Ue. Ma anche la Serbia ha bisogno del dialogo per sbloccare un capitolo specifico che riguarda questioni bilaterali, per cui paradossalmente questa impasse governativa a Pristina potrebbe essere uno strumento per accelerare un puzzle geopolitico su cui vanno registrate anche le attenzioni dei super players esterni, come Russia e Cina.
Scenari
Appare evidente che l’Ue deciderà di far ripartire da zero il dialogo tra Kosovo e Serbia anche in virtù del nuovo gruppo di “lavoro”, formato dal commissario per l’allargamento Marta Kos, dell’Alto rappresentante per la politica estera Kaja Kallas e del nuovo inviato europeo Peter Sørensen, ma al contempo sarà interessante osservare sia le mosse della società civile in Kosovo (che ha orientato non poco il voto), sia i progetti di altri paesi, come ad esempio l’Italia, che in quella regione hanno un ruolo significativo.
Infine la Kfor: la Slovacchia, come annunciato dal ministro degli Esteri Juraj Blanar, avrà nuovamente i propri rappresentanti nella missione Kfor in Kosovo. Saranno 60 militari e verranno dispiegati entro la fine della prossima primavera, ma con la prospettiva di raddoppiarne il numero arrivando fino a 150. Un elemento, quello della sicurezza internazionale, che è parimenti importante alle schede elettorali o agli accordi fra i partiti.