L’accoglienza calorosa riservata alla presidente del Consiglio dai sindacalisti di via Po non è altro che il frutto di una convergenza maturata su temi cruciali per il mondo del lavoro, dove il governo ha scelto di muoversi in una direzione che la Cisl ha sempre ritenuto strategica. Perché oggi più che mai, la credibilità del sindacato si misura sulla sua capacità di ottenere tutele e garanzie per i lavoratori senza trasformarsi in una cinghia di trasmissione di partiti o ideologie. Il commento di Raffaele Bonanni
L’acclamata partecipazione di Giorgia Meloni all’assemblea dei delegati della Cisl ha scatenato interpretazioni fantasiose, con qualcuno che l’ha voluta dipingere come il preludio a misteriosi accordi politici. Nulla di più lontano dalla realtà. L’accoglienza calorosa riservata alla presidente del Consiglio dai sindacalisti di via Po non è altro che il frutto di una convergenza maturata su temi cruciali per il mondo del lavoro, dove il governo ha scelto di muoversi in una direzione che la Cisl ha sempre ritenuto strategica.
Le speculazioni maliziose servono solo a distogliere l’attenzione da un dato evidente: mentre la Cisl mantiene la propria autonomia e dialoga con ogni esecutivo, la Cgil di Maurizio Landini continua a essere fortemente integrata nelle strategie della sinistra, schiacciandosi su una visione ideologica che spesso la allontana dalle vere esigenze dei lavoratori.
Le convergenze tra il governo e la Cisl non sono frutto di alchimie politiche, ma di scelte concrete che rispondono a necessità reali. Dalla contrarietà al salario minimo per legge, che il sindacato di via Po considera un ostacolo alla contrattazione collettiva, al sostegno alla riduzione della tassazione sui premi di produttività e all’Irpef per i redditi medio-bassi, fino all’attenzione riservata alla partecipazione dei lavoratori alle decisioni d’impresa.
Su quest’ultimo punto, la proposta di legge di iniziativa popolare promossa dalla Cisl con 400 mila firme ha trovato nel governo un interlocutore attento, pronto a dare finalmente attuazione all’articolo 46 della Costituzione. Una svolta storica, ostacolata per decenni sia dalla sinistra, che ha sempre temuto che la partecipazione d’impresa potesse deviare dalla logica della lotta di classe, sia dagli imprenditori più conservatori, restii a cedere spazio decisionale ai lavoratori.
Questa stagione di confronto rispettoso tra governo e sindacato riporta al centro l’esigenza di un sindacalismo pragmatico e riformatore. La Cisl ha sempre onorato il proprio ruolo dialogando con tutti gli esecutivi, nella consapevolezza che la difesa del lavoro non può essere piegata a logiche politiche. Il sindacato, per essere efficace, deve restare al di sopra di ogni sospetto di strumentalizzazione, mantenendo la propria indipendenza e puntando a risultati concreti.
Oggi più che mai, la credibilità del sindacato si misura sulla sua capacità di ottenere tutele e garanzie per i lavoratori senza trasformarsi in una cinghia di trasmissione di partiti o ideologie. È questa la sfida da affrontare: un sindacalismo che metta al primo posto il lavoro, senza cadere nella trappola di chi vuole ridurre il confronto sociale a uno scontro politico permanente.