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Mar Rosso o Mar “Russo”? Mosca mira a blindare la base navale in Sudan

Dopo anni di lavoro, la costituzione di una base navale russa sulle coste sudanesi sembra essere prossima a diventare realtà. Per la gioia di Mosca, che soffre la probabile perdita di Tartus

Disporre di una base navale lungo le coste del Mar Rosso per la Voenno-morskoj flot è sempre stato uno dei grandi obiettivi per cui Mosca ha lavorato negli anni. E adesso questo obiettivo sembra essere sempre più vicino. Nelle stesse ore in cui il presidente russo Vladimir Putin teneva la telefonata di novanta minuti con il suo omologo statunitense Donald Trump, il ministro degli esteri del governo ufficiale sudanese Ali Youssef Ahmed al-Sharif si è recato a Mosca, dove ha avuto un faccia a faccia con la sua controparte russa, il ministro Sergei Lavrov.

Al termine del loro incontro, Sharif ha rilasciato una dichiarazione sul fatto che i due Paesi sono in “completo accordo” sulla creazione di una base russa, e che al momento “non ci sono ostacoli”, con la ratifica dell’accordo già firmato nel 2020 come ultimo passo da compiere nel processo. Processo che, una volta perfezionato, permetterebbe alla Russia di unirsi al ristretto gruppo di potenze (fino ad ora comprendente solamente Francia, Stati Uniti e Repubblica Popolare Cinese), che dispongono di una base navale nel corno d’Africa.

Gli sforzi di Mosca in questa direzione risalgono al 2017, quando il Cremlino aveva avviato le trattative con il regime allora al potere guidato dal dittatore Omar al-Bashir. Le vicende politiche del Paese africano, dalla caduta del regime dittatoriale fino alla guerra civile attualmente in corso, non hanno minimamente bloccato la volontà russa di acquisire un punto d’appoggio sulla costa sudanese. Anzi, è proprio lo scontro tra le forze legittimiste fedeli al governo ufficiale e le milizie note come “Rapid Support Forces” guidate da Muhammad Hamdan Dagalo (noto come“Hemedti”) ad aver fornito il contesto adatto per un maggior coinvolgimento da parte del Cremlino, che in un primo momento ha sostenuto la fazione ribelle (utilizzando come tramite il Wagner Group), per poi schierarsi a favore delle forze governative, seguendo la stella polare della realpolitik.

Lo scorso aprile, il vice ministro degli Esteri russo, Mikhail Bogdanov, ha visitato il Paese africano, dichiarando che Mosca si sarebbe impegnata a sostenere “senza limiti” il suo esercito e il suo governo legittimo. Aiuto che sembra aver avuto risultati concreti, considerando che la fazione legittimista ha vinto una serie di battaglie contro le Rsf nel corso degli ultimi mesi.

La possibilità di una base di appoggio navale in Sudan è diventata ancora più preziosa per la Russia negli ultimi mesi, dopo che in Siria è stato rovesciato il regime guidato dal fedele alleato di Mosca Bashar al-Assad. Il nuovo governo avrebbe infatti posto fine il mese scorso all’accordo che metteva a disposizione di Mosca la base navale di Tartus, unica base navale estera della Federazione e appoggio fondamentale per la flotta russa per svolgere operazioni nel bacino mediterraneo (soprattutto dopo la chiusura dello stretto dei Dardanelli al transito di navi militari di Mosca, secondo quanto prescritto dalla convenzione di Montreux del 1936).

Ma gli interessi non si limitano alla dimensione navale. La base potrebbe essere utilizzata anche come snodo per il rifornimento del fu Wagner Group: adesso noto come Afrika Korps, il gruppo continua a operare in diversi Paesi del continente africano, fornendo al Cremlino un preziosissimo strumento di power projection nell’area.


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