Questa settimana la Guardia di Finanza di Brescia ha smantellato una rete legata alla ’Ndrangheta e ad alcune società cinesi, svelando una frode da 365 milioni di euro in fatture false e arrestando 12 persone. I complimenti del ministro Giorgetti e di Colosimo, presidente della commissione Antimafia
Questa settimana la Guardia di Finanza di Brescia ha smantellato una rete legata alla ’Ndrangheta ricostruendo una frode da 365 milioni di euro in fatture false e arrestando 12 persone. L’operazione “Torre di contanti” è stata condotta dal Nucleo di Polizia economico-finanziaria di Brescia e dal Servizio centrale investigazione criminalità organizzata, con il supporto dell’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione giudiziaria e del Servizio per la cooperazione internazionale di Polizia. Il blitz è scattato giovedì nelle province di Brescia, Torino, Verona, Reggio Emilia, Modena, Cremona, Milano, Monza-Brianza, Mantova, Varese, Catania e Reggio Calabria, nonché in Spagna e Svizzera. In totale: 81 perquisizioni locali e domiciliari in Italia e all’estero.
Alle Fiamme Gialle è arrivato ha ricevuto il plauso di Giancarlo Giorgetti, ministro dell’Economia, e di Chiara Colosimo, presidente della commissione Antimafia. Quest’ultima ha evidenziato la “particolare preoccupazione” destata dalla presenza di “soggetti cinesi residenti nella Chinatown milanese e la creazione di diverse società cartiere a Brescia, riconducibili a uomini legati alla ‘Ndrangheta, che servivano per frodare il fisco o per ottenere finanziamenti pubblici”.
Ecco come funzionava il sistema. Primo passaggio: le società cartiere estere emettevano una o più fatture false nei confronti di società utilizzatrici. Secondo: per ogni documento inesistente ricevuto, l’utilizzatore disponeva un bonifico di pari importo a favore della “cartiera”. Terzo: ricevuto il bonifico, le shell company dirottavano tali somme presso conti correnti della Repubblica popolare cinese. Quarto: soggetti cinesi dimoranti nel Nord-Italia (dentro al gruppo mafioso), dopo aver accertato l’avvenuto accreditamento in Cina degli importi bonificati, provvedevano a consegnare il denaro contante all’associazione. Quinto: le predette somme, una volta entrate nella disponibilità del sodalizio, venivano distribuite alle società utilizzatrici, decurtate della provvigione maturata dalla compagine criminale per il servizio reso (dal 3% all’8%).
Le indagini hanno ricostruito il quadro di una guerra di ‘Ndrangheta a “bassa intensità”, con cui l’associazione sgominata ha scalzato un altro gruppo che operava dal 2017 nel distretto industriale del Nord-Est. Tra le offensive attuate per conquistare l’egemonia sul territorio, per esempio, una rapina simulata operata nei confronti di un corriere del gruppo sconfitto, che aveva ritirato denaro contante per circa 600.000 euro, attribuita a soggetti cinesi dimoranti nella chinatown milanese. Un’azione in cui l’organizzazione si era avvalsa dell’aiuto di alcune “talpe” nelle fila del nemico. Erano poi state rubate le credenziali dei conti correnti accesi in Bulgaria, dove i precedenti gestori del traffico di fatture false depositavano gli introiti illegali. Non sarebbero però mancate anche le azioni violente e le intimidazioni con cui, ad armi spianate, si ingiungeva ai membri della vecchia consorteria di “cambiare bandiera”.
A settembre, sempre a Brescia, un’operazione internazionale guidata dalla Guardia di Finanza di Brescia aveva portato all’arresto di 61 persone e smantellato un sofisticato sistema di riciclaggio gestito da una rete italo-cinese. I narcotrafficanti utilizzavano banche clandestine cinesi per trasferire il denaro proveniente dal traffico di droga. Le indagini hanno rivelato un complesso sistema di fatture false e rotte internazionali per l’importazione di cocaina dal Sud America.
Il riciclaggio legato alla Cina e al fenomeno dell’underground banking, un servizio sempre più utilizzato dalle organizzazioni (anche mafiose) per attività come frodi e spaccio, è recentemente finito anche nelle relazioni dell’Uif di Bankitalia, della Direzione investigativa antimafia, e dell’intelligence. Ora le parole di Colosimo evidenziano l’attenzione posta anche dalla commissione Antimafia che, come ricordiamo su queste pagine da due anni, ha tra i suoi compiti anche quello di “valutare la penetrazione nel territorio nazionale e le modalità operative delle mafie straniere e autoctone tenendo conto delle caratteristiche peculiari di ciascuna struttura mafiosa e individuare, se necessario, specifiche misure legislative e operative di contrasto”.