La recente inchiesta di Report “Trumpisti su Marte” solleva interrogativi sulla crescente influenza di Elon Musk nello spazio, ma manca il punto centrale: il vero problema dell’Europa non è la competizione americana, bensì la propria debolezza strutturale. Il Vecchio continente paga oggi le conseguenze di scelte errate, e senza una governance più efficace e una leadership rinnovata, il futuro dello spazio europeo resterà compromesso
Il recente servizio di Report, intitolato “Trumpisti su Marte” e disponibile su RaiPlay, merita sicuramente di essere visto. L’inchiesta è condotta con il rigore e la profondità che da sempre caratterizzano la trasmissione, offrendo un’analisi dettagliata su uno dei temi più controversi della politica spaziale europea e internazionale. Tuttavia, le conclusioni tratte risultano errate e fuorvianti, poiché confondono le cause con la soluzione.
L’inchiesta di Report si concentra, infatti, sulla trasformazione del settore spaziale negli Stati Uniti, sempre più dominato da Elon Musk, non solo dal punto di vista tecnico e tecnologico, ma anche politico. È assolutamente lecito interrogarsi se sia un bene o un male che tanto potere si concentri nelle mani di un’unica persona. Ed è altrettanto legittimo chiedersi quanto sia opportuno affidare la gestione delle comunicazioni e dei dati sensibili europei a una società privata estera come SpaceX, come è stato ipotizzato con l’uso della costellazione Starlink. Tuttavia, la vera questione non è se Musk guardi al mercato europeo, il che è del tutto naturale in un contesto di competizione globale, bensì perché l’Europa si trovi impreparata ad affrontare questa sfida. Se fossimo realmente competitivi, questa discussione non esisterebbe.
Ieri abbiamo visto a Parigi l’Europa cercare di battere un colpo e ribadire un ruolo che negli anni, grazie ad una politica “equilibrista” è andato scemando per entrare decisamente in crisi allo scoppio del conflitto russo-ucraino e ribadito dal conflitto israelo-palestinese. La vittoria di Trump sembra destinata ad incidere ulteriormente e le parole del vice presidente JD Vance evidenziano una crisi del ruolo politico europeo importante.
Questo è ancora più marcato nel settore spaziale. Le scelte strategiche dell’Agenzia spaziale europea, che, ad esempio, aveva affidato alle Soyuz russe l’evoluzione del proprio parco lanciatori, si sono dimostrate strategicamente fallimentari. Ed è qui il vero nodo della questione. L’inchiesta di Report si appella all’Agenzia spaziale europea per sapere quali le soluzioni alla crisi in atto, come sembra emergere nella parte conclusiva del servizio, quando la principale causa della crisi europea nel settore spaziale dipende da un meccanismo irrigidito burocraticamente, come ha sottolineato lo stesso Mario Draghi nel suo rapporto sullo stato dell’Unione: l’incapacità di gestire le risorse, la mancanza di una visione strategica chiara e il consolidamento di una burocrazia autoreferenziale e priva di ambizione hanno reso l’Esa un ente lento, inefficace e privo della capacità di competere con le grandi potenze spaziali.
Il servizio di Report avrebbe dovuto spingersi oltre, ponendo interrogativi più critici su come le risorse finanziarie siano state impiegate e perché l’Europa sia in una posizione di debolezza strutturale. L’Agenzia ha fallito la sua missione di guida e innovazione nello spazio europeo, e questa non è una questione di geopolitica, ma di governance e responsabilità istituzionale.
Appare quindi ironico che coloro chiamati da Report a delineare un ipotetico futuro ruolo dell’Europa nello spazio siano gli stessi che ne hanno permesso la crisi attuale. Se non si cambierà radicalmente passo, continueremo a sopravvivere in quella logica gattopardesca che sembra stia ancora caratterizzando l’agire dell’Europa.
Questo è il vero punto che meriterebbe una riflessione più approfondita. Non vi è motivo di ritenere che l’autore dell’inchiesta abbia avuto intenzioni distorte o parziali, tuttavia, l’impatto sulla percezione dell’opinione pubblica rischia di essere fuorviante, dando l’illusione che il problema sia esterno quando, invece, si trova all’interno dell’Esa stessa. Il futuro dello spazio europeo non dipende dalle scelte di Elon Musk, bensì da una radicale revisione della governance e un necessario ricambio della leadership dell’Esa, senza il quale l’Europa continuerà a restare marginale ed irrilevante nella corsa allo spazio.