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Opportunità di cooperazione per la sicurezza e lo sviluppo nel Mediterraneo

Il vecchio Mediterraneo, l’immaginario mare nostrum, costituito da relazioni millenarie tra le sue coste è un’immagine svanita. Al posto delle tradizionali rivalità costiere oggi troviamo degli assi geostrategici e geoeconomici inter-continentali. La profondità del Mediterraneo si estende in Africa sahariana e sub-sahariana, in Asia minore e nel subcontinente eurasiatico fino ad Anversa e ad Amburgo. Le zone costali del Mediterraneo, da antichi attori che controllavano i commerci si sono trasformate in meri luoghi di transito mentre il vero business si è spostato nell’interno profondo continentale. A ben guardare tutti i territori delle coste mediterranee sono in fermento e vi regna spesso la confusione sociale e politica. I regimi post-coloniali della sponda Sud sono stati spazzati via in un paio d’anni di presunte rivoluzioni apostrofate “primavere” che hanno trasformato quei paesi in instabili contenitori di rabbia e violenza. Ma anche la sponda Nord, dove fioriva la democrazia e la ricchezza economica e sociale, nello stesso periodo è precipitata in condizioni di disastroso declino economico e di preoccupante disorientamento sociale e istituzionale. Sopravvivono con estrema difficoltà due sistemi statuali all’estremo ponente e all’estremo levante, Marocco e Turchia, e ai confini occidentali del levante vive asserragliato il più recente degli stati dell’area, Israele.

La profondità continentale dei disastrati paesi della sponda Nord è l’Unione europea che tra miopie geopolitiche apostrofate “politiche di vicinato” ed errori di pianificazione economica e energetica resta ostaggio delle pressioni russe, americane e delle incognite di sicurezza mediterranee. Anche nel caso della sponda Sud la situazione non è migliore. La sua profondità continentale è una terra nullius, che è la grande area sahariana e sub-sahariana che si estende dalle coste nord occidentali dell’Africa al Mar Rosso e al golfo di Aden. Le guerre del levante hanno livellato ogni traccia di civiltà autoctona, aprendo una voragine che estende le sue vene purulente dall’Afganistan al Sudan, dalla Libia alla Nigeria. Tuttavia, la profondità continentale del levante si ferma alle catene montuose anatoliche e caucasiche, e si perde nelle insidiose sabbie arabiche.

Mentre questa è la drammatica situazione del mare nostrum, nuovi assi geostrategici e geoeconomici inter-continentali si stanno consolidando nel Mediterraneo, da Sud a Nord e da levante a ponente. Il primo di essi è la saldatura neo jihadista, una sorta di Al Qaeda 2.0, che sta associando molte sigle islamiste in una sola struttura ideologica che, benché ancora nebulosa sul piano organizzativo operativo, è capace di agire ad un livello globale, dall’Algeria al Kenia, dalla Siria all’Algeria, e con buna probabilità anche in Europa, Russia e Cina. Il recente attacco terroristico a Nairobi, Kenia, più che come rivendicato sembra essere il primo grande atto internazionale di questo asse. Il secondo è il grande flusso di denaro (e dove c’è tale massa di denaro si muovono anche armi, droghe e persone) da Sud a Nord, a levante prevalentemente di origine sovrana ma interpolato da bande varie, e a ponente prevalentemente danaro criminale transnazionale che usa l’area come un gigantesco off shore per finanziare traffici di ogni tipo da e verso l’Europa continentale. Il terzo, parecchio residuale a causa della crisi economica e dell’instabilità politica, è quello energetico Sud-Nord e quello commerciale Nord-Sud.

Un approccio olistico al Mediterraneo non può non tenere conto di questa situazione che vede la prevalenza di potenti forze non-statuali in concorrenza diretta con gli stati e i loro interessi. Proprio attorno alla presa di coscienza di tutti gli stati mediterranei potrebbe crearsi una convergenza proattiva che isoli le comuni minacce – terrorismi vari e jiadismi vari; grande criminalità transnazionale – e agisca di concerto per la creazione di un meccanismo multilaterale che riaffermi la statualità di ciascuno. Sfruttando la finestra che si è aperta con il dialogo tra Russia e USA e tra Iran e USA e chiedendo anche alla Cina e all’Unione europea di partecipare attivamente, è adesso il momento di mettere le basi perché si strutturi (e funzioni) una cooperazione per la sicurezza e lo sviluppo nel Mediterraneo. Attendere potrebbe essere fatale, e allora esisterebbe il vero rischio che queste questioni siano decise con il vecchio metodo della forza.

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