Sono elezioni fondamentali per il futuro della Germania e dell’Europa. A tutti, a partire dall’Italia, converrebbe una soluzione centrista, evitando uno scivolamento a destra. Se Afd avanzerà, il rischio è di un rafforzamento delle proiezioni tedesche verso Russia e Cina. Intervista a Luca Crescenzi, presidente dell’Istituto italiano di Studi germanici
L’Europa e il mondo sono in attesa. Probabilmente mai prima d’ora c’era stata un’attenzione così alta verso le elezioni tedesche. Mentre milioni di cittadini si stanno recando alle urne per designare il nuovo esecutivo dopo quello guidato da Olaf Scholz, resta un grande punto interrogativo. “Quanto a destra sarà lo sbilanciamento della Germania. Da questo dipenderà se il Paese tornerà a essere un punto di equilibrio in Europa o sceglierà la via delle lusinghe populiste”. A dirlo su Formiche.net, a urne aperte, è Luca Crescenzi, presidente dell’Istituto italiano di Studi germanici.
Qual è la variabile che può determinare lo spostamento verso destra?
Sono diverse. Innanzitutto occorrerà capire quanti partiti riusciranno a superare la soglia di sbarramento ed entrare in Parlamento. Gli equilibri sono al limite, con Afd che si appresta a registrare comunque un risultato importante in termini di consenso. Ma sulla gradazione di virata a destra, determinanti saranno i partiti intermedi.
Quanto incideranno nei flussi elettorali le grandi crisi dei comparti industriali strategici, che in Germania si sono acuite nell’ultimo biennio?
La crisi dei comparti industriali è solo la punta di un iceberg. La situazione tedesca è piuttosto complessa e le crisi si articolano su vari livelli. Le infrastrutture registrano blocchi e arretratezze che affondano radici lontane. A questo si aggiunge una scarsità di infrastrutture telecomunicative pesante. La crisi geopolitica, ha fatto il resto.
Al di là degli approvvigionamenti energetici a basso costo garantiti per decenni dalla Russia a cosa fa riferimento?
La media borghesia tedesca continua ad avere redditi superiori alla media europea. Si annida nei ceti più fragili il disagio profondo. Sono quelli che stanno determinando, in particolare verso Est, lo spostamento del baricentro verso destra, verso l’Afd. Generando un grande paradosso.
Perché parla di paradosso?
Perché nel programma di Afd, così come anche in quello della Cdu per la verità, non c’è molto spazio per le istanze dei ceti più deboli.
Un eventuale spostamento verso destra, cosa potrebbe comportare in termini di proiezioni geopolitiche per la Germania sul versante internazionale?
Dai tempi di Bismarck la Germania ha sempre guardato verso Est, perché è lì che ha trovato il suo naturale spazio di estensione politico-commerciale. Il rapporto con la Cina è soltanto l’ultimo tassello di questo mosaico più ampio. Dopo l’aggressione dell’Ucraina la problematicità dei rapporti con la Russia mettono in discussione anche quelli con la Cina. Ovviamente, un eccessivo spostamento a destra porterebbe a un consolidamento dell’asse con la Russia a detrimento della dimensione europea.
Questo metterebbe in discussione anche il rapporto con la Francia?
Potrebbero crearsi dei nuovi punti di contatto a destra, benché in Francia pare che ci sia maggiore prudenza a intraprendere certe strade. Detto questo, essendo il Regno Unjto rientrato nella “partita” europea, mi aspetto che da lì possano arrivare degli elementi di stabilizzazione.
Come si inserisce in questo quadro il rapporto Italia-Germania?
Lo stato dei rapporti fra i due Paesi non è mai stato così buono. Anche perché finalmente si è compreso il livello di interconnessione delle economie. Ecco perché, anche per l’Italia, è bene tifare per una soluzione centrista.
Tutto fa pensare che comunque sarà Merz il prossimo cancelliere. Quali i dossier da affrontare con maggior celerità?
Senz’altro, alla luce delle considerazioni fatte in precedenza, quelli di tipo economico e infrastrutturale. D’altra parte, prioritario resta il tema della risoluzione del conflitto in Ucraina, da cui dipenderà anche il rapporto con l’Unione Europea.