Intervista al segretario generale di Ecr: “Chi punta a dividere l’Europa dagli Stati Uniti, tende a indebolire un’alleanza che, a mio avviso, non ha alternative. È Meloni ad aver cominciato a stabilire l’asse con Modi molto prima che ciò diventasse interessante per Trump. La cosa incredibile è che lo fa una nazione di 60 milioni di abitanti che, teoricamente, rispetto allo scenario mondiale è un Paese piccolo”
Giorgia Meloni riesce a porsi al centro del dialogo perché è una catalizzatrice di ragionamento, è anche una persona di team e quindi non lo fa a dispetto dell’Europa, ma lo fa nell’alleanza europea. Lo dice il segretario generale di Ecr Antonio Giordano, che Formiche.net ha raggiunto telefonicamente a Washington dove ha partecipato alla Cpac, la convention dei conservatori americani.
La standing ovation del Cpac che cosa aggiunge rispetto a quello che già sapevamo del rapporto di Giorgia Meloni con Donald Trump anche da un punto di vista di azione, oltre che valoriale?
È stata la dimostrazione della dignità e della coerenza, perché pure in un momento molto complesso di ragionamenti e trattative in cui emergono delle posizioni negoziali, qualche volta eccessive, lei ha mantenuto la barra dritta senza forzare in nessuna direzione e senza nessuna forma di protagonismo. Questo è un elemento che va ben evidenziato rispetto ad altri attori che sono sulla scena, ma ribadendo quelli che sono i valori e principi fondamentali che ci hanno portato in questi anni, per esempio, ad essere al fianco dell’Ucraina. Ha chiarito, laddove mai fosse stato in dubbio, che il suo rapporto con gli Stati Uniti e con il Presidente Trump è un rapporto di alleanza e non di sudditanza.
Quando dice “noi non ci divideremo, non può esistere Occidente senza America”, parla chiaramente ai nemici di questa unità. Chi sono?
Ovviamente tutto il lato russo e cinese interessato a dividere questa alleanza straordinaria tra l’Europa e gli Stati Uniti che ci vede non solo alleati ricordiamolo: noi siamo cugini perché la componente di popolazione di derivazione europea degli Stati Uniti è di fondamentale importanza per la cultura degli Stati Uniti. Siamo due culture molto vicine e quello che di queste culture è stato recepito per decenni, in altri Paesi non è esattamente la stessa dimensione. E poi c’è il concetto dell’opposizione, che è un concetto che secondo me prima o poi andrà cambiato.
Ovvero?
Dare il valore di opposizione alla protesta tout court non è un concetto valido, perché si tende a legittimare sempre qualsiasi cosa dica l’opposizione in una sorta di operazione istituzionale. In realtà dovremmo cominciare a parlare di minoranze, non di opposizione, per chiarire il peso che può avere in una dimensione di trattativa o dialettica. Se qualcuno, nel momento in cui si oppone a qualche cosa, sapesse di essere in minoranza cercherebbe non di distruggere tutto il lavoro che sta facendo la parte che in quel momento governa, ma cercherebbe semplicemente di apportare delle ragionevoli modifiche. Ricordiamoci che quando Fratelli d’Italia è stata all’opposizione, su tutta una serie di questioni con la quale condivideva le scelte del Governo è stata a favore, come per esempio sulla vicenda dell’Ucraina. Chi tende a dividere l’Europa dagli Stati Uniti, tende a indebolire un’alleanza che, a mio avviso, non ha alternative perché con nessun’altra nazione gli Stati Uniti hanno un’affinità culturale e di parentela storica come l’Europa.
In un altro passaggio Meloni ha citato, rispetto all’asse del passato rappresentato da Clinton e Blair, gli alleati dialoganti di oggi, ovvero Trump, Meloni, Milei, Modi. In che modo queste quattro figure possono non solo parlarsi ma influenzare le dinamiche future?
Il primo tema che vedo è quello del colloquio: in particolare Meloni parla con tutti, di destra e di sinistra, senza alcun preconcetto ma avendo chiaro l’obiettivo che vuole raggiungere. Però il link di queste dimensioni è il colloquio che si svolge su una base pragmatica, mentre viceversa molte volte la caratteristica dell’interlocuzione di sinistra è una enunciazione di ideologie che non hanno bisogno di colloquio. Quando invece si pone il problema di ragionare su come l’essere umano possa proseguire il suo percorso sulla terra avendo cura dell’ambiente, ecco emergere una tipica caratteristica dei conservatori. Chi vuole conservare, vuole anche conservare l’ambiente, emergono quindi sfumature e gradazioni sulle quali si può raggiungere un’intesa. Ora, questa caratteristica molto forte è una caratteristica tipica di Meloni. È lei che ha cominciato a stabilire l’asse con Modi molto prima che ciò diventasse interessante con Trump. La cosa incredibile è che lo fa una nazione di 60 milioni di abitanti che teoricamente rispetto allo scenario mondiale è un Paese piccolo. Ma lei riesce a porsi al centro del dialogo perché è una catalizzatrice di ragionamento. Poi è anche una persona di team e quindi non lo fa a dispetto dell’Europa. Lo fa nell’Alleanza europea anche se c’è chi cerca di rompere questo tipo di intese per piccoli protagonismi.
Giorni fa il Welt ha scritto della diplomazia di Meloni. Come metterla in confronto ad esempio con Macron, che ha convocato il vertice sull’Ucraina e che si appresta a volare negli Usa alla Casa Bianca?
Proverei ad essere numerico nella risposta. Meloni oggi è un leader con un riconoscimento globale e un riconoscimento nazionale solidissimo, altri soggetti non hanno lo stesso supporto popolare. Sappiamo come stanno messe le cose in Spagna, speriamo che cambino le cose in Germania, anche se non sembra che ci sia la possibilità di un supporto così chiaro al probabile nuovo cancelliere. Quindi direi che l’analisi numerica spiega al meglio il quadro. Cioè stiamo parlando di un campo in cui c’è un giocatore forte, allenato e ben motivato, accanto ad altri che purtroppo non hanno in questo momento le stesse caratteristiche e che cercano in qualche modo di trovare un loro spazio.