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Nato e Indo-Pacifico. C’è un ruolo anche per l’Italia

“L’ Italia può avere un posto dignitoso nel contribuire insieme ai suoi alleati alla cooperazione e alla sicurezza nell’area dell’Indo-Pacifico”, spiega l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo, analizzando la “soft security” che la Nato può aiutare a costruire nella regione

La sicurezza internazionale non è più solo militare. Nasce da qui il concetto di soft security – che comporta una visione olistica – che sono temi sempre più centrali per la Nato e su cui l’ambasciatore Alessandro Minuto Rizzo discute con Formiche.net con il radar orientato sull’Indo-Pacifico. Una regione in cui l’alleanza deve adottare un approccio a 360 gradi, promuovendo la cooperative security e collaborando con partner globali. Attività in cui c’è un ruolo anche per l’Italia.

Approfondiamo sul concetto di soft security. “La sicurezza – spiega Minuto Rizzo – intesa come un soldato e un fucile è superata.
Le tematiche sono ormai molto connesse e quindi ci occupiamo del cambiamento climatico, la salute, il traffico illecito, le sue connessioni con il terrorismo internazionale, resilienza, minacce ibride, cyber security, informazioni deviate ed altro. Tante cose, oltre alla lotta armata e la guerra tradizionale, che hanno comunque una innegabile incidenza sulla sicurezza internazionale. Ricordiamo che la gestione delle crisi dovrebbe comprendere la loro prevenzione e, in caso di un conflitto, anche le fasi successive che aiutano a riportare alla normalità”.

Nell’Indo-Pacifico manca una tradizione di cooperazione regionale, come esiste in Europa, e per questo la soft security è fondamentale? Che ruolo potrebbe avere la Nato? “La Nato non vuole occupare lo spazio di altri ma esprime il principio ‘to project security’ verso altre regioni. Così come il concetto di sicurezza a ‘360 gradi’ fa parte della sua cultura. Infine, obbiettivo dell’Alleanza è la ‘cooperative security’. Vale a dire un dialogo anche di carattere pratico con altre regioni. E Australia, Corea, Giappone, Nuova Zelanda, sono ora partners con cui inizia un rapporto di cooperazione”.

Minuto Rizzo ricorda come la Nato Defense College Foundation riserva da tempo attenzione all’area dell’Indo-Pacifico, alle problematiche e alle sfide che sono legate a questa particolare regione. “Da oltre 10 anni non smette di richiamare l’attenzione del pubblico organizzando diversi eventi sul tema. Il prossimo, ‘Indo-Pacific 2025: developing regional soft security: a role for Nato?’, ne è un esempio.

Viviamo in un mondo interconnesso e molto diverso da quello di pochi anni fa: clima e ambiente sono temi globali, ma anche economia, sicurezza, benessere, protezione delle popolazioni sono da vedere in quadro di insieme. Le sfide poste dal gruppo Crink (China, Russia, Iran, North Korea) sembrano sempre più sistemiche: è anche questa la ragione per cui Paesi come Giappone e Corea del Sud (e reciprocamente i Paesi Nato) sono sempre più interessati alle interconnessioni tra i destini del Med-Atlantico e quelli dell’Indo-Pacifico? Quali sono i grandi dossier comuni sul tavolo?

“Canada e Stati Uniti guardano su due diversi oceani, la Russia ha nove fusi orari, India e Cina circa un miliardo e mezzo di persone, il Sud Africa ha come bandiera l’Arcobaleno. Come meravigliarsi quindi delle inter connessioni fra aree geografiche?”, l’ambasciatore, già vice-segretario, e poi segretario, della Nato, negli anni che vanno dal 2001 al 2007.

“I grandi dossier sul tavolo sono tanti. Da una parte vediamo Taiwan e lo spazio di autonomia che è giusto mantenga in quadro molto complesso. Dall’altra la sicurezza di navigazione, la sicurezza energetica, il contrasto al terrorismo internazionale, i traffici illeciti, l’allargamento dello spazio di democrazia. temi diventati di rilievo strategico e geopolitico. E quindi la Belt and Road initiative cinese con le sue numerose implicazioni, l’iniziativa indiana per la connessione con il Medio Oriente e il nostro Mediterraneo (Imec, ndr). Tutto questo ha implicazioni di sicurezza. l’Alleanza Atlantica può agire solo in alcuni settori dove vi è consenso, e può farlo insieme ad altri attori come l’Unione Europea”.

In tutto questo, l’Italia. Roma ha dimostrato attenzione alle dinamiche dell’Indo-Pacifico anche attivando collaborazioni di vario genere con l’India nell’Indo-Mediterraneo e con altri partner like-minded. Come possiamo immaginare il ruolo di Roma nel prossimo futuro? “L’Italia sta allargando il suo sguardo e i suoi interessi, questo riguarda non solo l’economia, ma anche la politica estera e la difesa”.

Munto Rizzo analizza che negli ultimi decenni l’Italia ha acquistato prestigio come grande democrazia e attore internazionale, “è attiva nelle grandi organizzazioni internazionali, presente da molto tempo in missioni di pace con ruoli importanti”.

”Membro fondatore dell’Alleanza Atlantica, in cui ricopre spesso funzioni di vertice civile o militare, ha avuto una sostanziale presenza in tutte le operazioni”, spiega. “Ora il mondo è in veloce cambiamento e bisogna adeguarsi. L’ Italia può avere un posto dignitoso nel contribuire insieme ai suoi alleati alla cooperazione e alla sicurezza nell’area dell’Indo-Pacifico. Del resto non è storicamente estranea alla regione che ha sempre esercitato la sua attrazione, anche nel campo della cultura, dell’archeologia, degli scambi di cose e persone. C’è una storia alle spalle”.


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