L’adozione del Clean Industrial Deal da parte della Commissione Europea ha l’obiettivo di abbassare i prezzi dell’energia e sviluppare tecnologie pulite per una maggiore competitività attraverso la trasformazione industriale, la circolarità e la decarbonizzazione. Il commento di Illomei
“Di fronte agli elevati costi energetici e alla feroce concorrenza globale, le industrie europee hanno bisogno di un sostegno urgente. Il Clean Industrial Deal delinea azioni concrete per trasformare la decarbonizzazione in un motore di crescita per le industrie europee. Ciò include l’abbassamento dei prezzi dell’energia, la creazione di posti di lavoro di qualità e le giuste condizioni affinché le aziende prosperino”.
Il nuovo piano, pubblicato dall’Unione Europea lo scorso 26 febbraio, tenterà di legare la trasformazione climatica dell’UE a una competitività più ambiziosa, integrando gli sforzi in corso compiuti con il Green Deal e il Piano REPowerEU. Un piano aggiornato per la prosperità sostenibile e la competitività dell’Europa.
In un contesto geopolitico come quello attuale, in cui l’economia globale sta cambiando rapidamente, il Vecchio Continente ha bisogno di salvaguardare e rafforzare la propria competitività, così come delineato dal Rapporto Draghi, che individua tre imperativi per stimolare la crescita economica: colmare il divario di innovazione; attuare una strategia comune per decarbonizzazione e competitività; aumentare la sicurezza e ridurre le dipendenze eccessive.
L’Accordo Industriale Pulito è parte integrante di questo percorso per ridurre le emissioni di carbonio, in particolare per le aziende ad alta intensità energetica e facilitare la loro transizione verso tecnologie pulite. Altro elemento qualificante è la circolarità che mira a ridurre gli sprechi e ad estendere la durata dei materiali “promuovendo il riciclaggio, il riutilizzo e la produzione sostenibile”.
Per realizzare il piano, l’Europa ha bisogno di energia accessibile, una serie di misure concrete strutturali e a breve termine che garantiscano accessibilità, sicurezza e sostenibilità per cittadini e aziende.
La povertà energetica, ricorda la Commissione, colpisce oltre 46 milioni di europei e l’elettricità è circa tre volte più costosa del gas in molti Paesi. Per le industrie i prezzi sono quasi raddoppiati dall’inizio della crisi energetica.
Per questo, il Clean Industrial Deal contiene un Piano d’azione per l’energia accessibile che comprende una serie di azioni da mettere in campo da subito: rendere le bollette elettriche più accessibili; ridurre il costo della fornitura di energia elettrica; garantire il buon funzionamento dei mercati del gas; realizzare una concreta efficienza energetica; completare una vera Unione dell’energia; garantire la sicurezza dell’approvvigionamento per la stabilità dei prezzi; prepararsi ad una nuova eventuale crisi dei prezzi.
Un piano rimane un libro dei sogni se non viene accompagnato da adeguati finanziamenti per la sua realizzazione. Quello presentato nei giorni scorsi di finanziamenti ne prevede eccome.
Per finanziare quella che la Commissione chiama “transizione pulita” saranno mobilitati oltre 100 miliardi di euro “per implementare le energie rinnovabili, decarbonizzare l’industria e garantire una capacità produttiva sufficiente di tecnologie pulite”.
Altri 50 miliardi saranno mobilitati dalla modifica del regolamento InvestEU che serviranno per lo sviluppo di tecnologie pulite, la mobilità sostenibile e la riduzione dei rifiuti.
Un focus particolare il piano lo riserva alle cosiddette “materie prime critiche”, sempre più al centro del dibattito politico anche perché inserite tra le possibili soluzioni avanzate dall’amministrazione Trump per mettere fine alla guerra in Ucraina.
L’Unione Europea intende creare un Centro per le materie prime critiche per “acquistare congiuntamente materie prime per conto delle aziende interessate”, creando economie di scala e offrire maggiore forza per negoziare prezzi e condizioni migliori. Inoltre, attraverso l’adozione, nel 2026, di una nuova Legge sull’economia circolare, accelerare la transizione e “garantire che i materiali scarsi siano utilizzati e riutilizzati in modo efficiente”, per ridurre le dipendenze globali e creare posti di lavoro di alta qualità.
Di questo e non solo si è dibattuto, qualche giorno fa, alla Camera dei Deputati, nel corso dell’incontro “Italia – Europa domani. La costruzione di una nuova transizione ecologica”, organizzato da Globe Italia e da WEC Italia, il Comitato nazionale del Consiglio Mondiale dell’Energia. Vi hanno partecipato, tra gli altri, i presidenti delle due organizzazioni, Matteo Favero e Marco Margheri; il presidente della Commissione PNRR-PNIEC, Massimiliano Atelli; il Capo Dipartimento Unità di Missione PNRR del MASE, Fabrizio Penna.
L’adozione di questo pacchetto da parte della Commissione europea riafferma la volontà e l’impegno a favore del clima, anche perché, come ha sottolineato Matteo Favero, “la decarbonizzazione rappresenta l’unico modo strutturale per ridurre i costi energetici, aiutare la circular economy e aumentare la nostra sovranità energetica in un contesto internazionale complesso. Con il Clean Industrial Deal, infatti, si fissa una tabella di marcia per rendere più competitiva l’industria, decarbonizzandola”.
Senza dimenticare che “il valore di riferimento delle due transizioni, quella ecologica e digitale, non può che essere quello dell’uguaglianza e della riduzione dei divari sociali ed economici”. Quello per cui è proprio nato il PNRR.
E a questo proposito, “si apre una nuova importante fase di rimodulazione nella quale dobbiamo mettere in sicurezza il PNRR – ha ricordato Fabrizio Penna – affinchè non vengano vanificati gli sforzi che sono stati fatti fin qui e ci hanno permesso di raggiungere tutti gli obiettivi previsti. Dobbiamo pensare al futuro, traguardando il 2026. Un nuovo orizzonte ci viene dato dalla nuova normazione europea e dobbiamo esplorarlo tutto. Facendo tesoro dell’esperienza fin qui accumulata nell’ambito dell’economia circolare e della transizione energetica”.
“Nel rapido cambiamento del quadro geopolitico che stiamo attraversando, fra vecchi conflitti e nuove incertezze – ha concluso Massimiliano Atelli – resta il dato di fondo di un PNRR che, non solo in Italia, ha probabilmente bisogno di più tempo e di un PNIEC che, in diversi casi si sta trasformando in PNRR. Tutto questo sfida gli Stati anche a dotarsi in modo flessibile, cioè diverso dal passato, di una capacità amministrativa che, sul fronte del permitting, sia congruamente dimensionata, nei momenti di picco e in quelli, invece, di riduzione della domanda di autorizzazioni”.
Sulla possibilità di prendere in considerazione uno slittamento di interventi del PNRR oltre il 2026 si era espresso lo stesso Ministro per gli Affari Europei e il PNRR Tommaso Foti, che aveva parlato di una eventuale “riflessione della Commissione Europea senza istanze di parte. Dovrà prendere atto delle difficoltà oggettive: il costo delle materie prime è aumentato rispetto alla media degli ultimi anni e i cantieri ne risentono”. Comunque “l’Europa deve cambiare passo, serve una politica estera e industriale più decisa e coordinata”.
L’adozione del Clean Industrial Deal da parte della Commissione vuole andare proprio verso questa direzione, con l’obiettivo di abbassare i prezzi dell’energia e sviluppare tecnologie pulite per una maggiore competitività attraverso la trasformazione industriale, la circolarità e la decarbonizzazione.