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ReArm Europe, ecco il piano in cinque punti per riarmare l’Europa

Mentre si fa sempre più probabile un disimpegno degli Stati Uniti dall’Europa, Ursula von der Leyen ha presentato ReArm Europe, un piano ambizioso per rafforzare la difesa del continente. Via libera alla spesa a debito per la Difesa, anche oltre il Patto di stabilità, e all’aumento dell’1,5% per tutti gli Stati. Dall’uso del termine stesso “riarmo” al dirottamento dei fondi di coesione e alla riqualificazione della Bei, la Commissione europea sembra fare sul serio e lancia un avvertimento alle possibili fughe in avanti pro-Mosca del prossimo Consiglio europeo

“Questo è il momento dell’Europa. E noi siamo pronti a fare un passo avanti”. Con queste parole Ursula von der Leyen ha presentato ReArm Europe, il piano di riarmo dell’Unione europea per supportare il rafforzamento della difesa degli Stati membri. 800 miliardi di euro complessivi, deroghe ai vincoli di spesa nazionale e strumenti per l’armonizzazione di acquisti e infrastrutture per la mobilità militare. Questi gli elementi chiave del piano in cinque punti presentato dall’inquilina di palazzo Berlaymont. In base a quanto dichiarato da von der Leyen, ReArm Europe arriverà a mobilitare 800 miliardi di euro in spese per la Difesa, con il duplice obiettivo di sostenere l’aumento della spesa dei singoli Stati membri e di indirizzarlo verso una crescente interoperabilità. 

I 5 punti di von der Leyen

ReArm Europe, così come è stato presentato, si articolerà in cinque punti. Al primo punto, le deroghe al Patto di stabilità. Dopo diversi mesi di discussione su questa possibilità (spesso invocata dall’Italia) e dopo aver registrato l’ennesimo veto di Berlino a un debito comune europeo per la Difesa, la Commissione ha deciso di attivare le clausole di salvaguardia del Patto, permettendo agli Stati di aumentare le spese militari a debito senza incorrere in violazioni dei limiti al deficit. Con un aumento medio del 1,5% del Pil investito nella Difesa per ogni Stato membro, la Commissione calcola di riuscire a smuovere 650 miliardi di euro in un periodo di quattro anni. Secondo, la creazione di uno strumento per prestiti agli Stati membri per acquisti congiunti dal valore di 150 miliardi di euro, per cercare di convogliare quanto più possibile le strategie di procurement verso una direzione comune, con il pensiero rivolto in particolare alla difesa aerea e missilistica, alle munizioni e alle infrastrutture per la mobilità militare. In terzo luogo, von der Leyen ha annunciato di voler “usare il potere del bilancio europeo” e permettere agli Stati membri, qualora lo volessero, di ridestinare i fondi di coesione forniti dall’Ue alle spese militari. Infine, oltre a prevedere la mobilitazione di capitali privati, ReArm Europe amplierà il ruolo della Banca europea per gli investimenti (Bei), che da ora finanzierà anche i progetti legati al settore della Difesa.

Per Bruxelles, il momento è grave

“Non ho bisogno di descrivere la gravissima natura delle minacce che affrontiamo, o delle conseguenze devastanti che dovremo subire se queste minacce dovessero concretizzarsi”. Secondo la presidente della Commissione, di ritorno dal summit di Londra, che aveva l’obiettivo di fare il punto sui recenti smottamenti nella dialettica tra le due sponde dell’Atlantico, il momento è grave e l’Europa non può più permettersi di restare a guardare. Davanti alla prospettiva di un disimpegno statunitense dall’Europa, il Vecchio continente deve essere in grado di garantire autonomamente la propria sicurezza. Il pensiero corre inevitabilmente alla Russia, le cui spese militari non solo non accennano a diminuire, ma sono in deciso aumento. “La domanda non è più se la sicurezza dell’Europa sia un problema reale o se l’Europa dovrebbe assumersi più responsabilità per la sua sicurezza” — ha aggiunto von der Leyen — “La vera domanda di fronte a noi è se l’Europa è pronta e in grado di agire con la velocità e con l’ambizione necessarie”. Il cambiamento nei toni e nei termini, nonché nel significato delle misure adottate, è senza precedenti nella storia dell’Unione europea. Dall’utilizzo del termine “riarmo” al dirottamento dei fondi di coesione, passando per la deroga all’indebitamento, la Commissione von der Leyen sta mettendo in campo misure che sarebbero state definite fantapolitiche appena poco tempo fa, ma che, alla luce dei più recenti sviluppi, restituiscono la misura della preoccupazione che aleggia sul continente. 

I prossimi passi?

Il fatto che la Commissione non abbia aspettato il Consiglio europeo straordinario di giovedì — indetto proprio per affrontare le questioni Ucraina e Difesa – prima di presentare il piano di riarmo non è un caso. A Bruxelles, in molti temono che i Paesi più vicini alla Russia, Ungheria e Slovacchia in particolare, possano sfruttare il loro potere di veto per paralizzare — o quantomeno ritardare — il raggiungimento di una decisione comune su questi dossier. Così facendo, la Commissione europea sta sfruttando al massimo tutta la discrezionalità che le è concessa dai Trattati per mettere a terra da subito una strategia comune per l’Unione. Tuttavia è il Consiglio europeo, che esprime in sostanza la volontà sovrana degli Stati, ad avere l’ultima parola sulle linee d’azione politiche dell’Unione. Un Consiglio in cui vige ancora la regola dell’unanimità, che già in crisi passate (si pensi alle guerre jugoslave), ha reso difficile, se non impossibile, conciliare le varie posizioni degli Stati membri. Pertanto, la prossima data da tenere d’occhio è quella del prossimo 6 marzo, giorno in cui i capi di Stato e di governo verranno chiamati a raggiungere un accordo e in cui più di un nodo potrebbe venire al pettine della politica europea.


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