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Verso il Consiglio europeo, quanto costerà all’Ue difendersi senza gli Usa

Resta apertissimo il tema delle garanzie di sicurezza, ovvero chi dovrà intervenire (e come) nel caso in cui una delle parti, la Russia, venga colta dalla tentazione di non rispettare il cessate il fuoco. L’estensione dell’ombrello nucleare francese e britannico in Europa sta suscitando un crescente interesse da parte degli alleati. In questo senso Berlino potrebbe discutere con Londra e Parigi l’eventuale estensione della protezione nucleare francese anche ad altri partner

Premessa: gli Usa sono un alleato dell’Ue, specifica il portavoce della Commissione europea prima del consiglio europeo. Sostanza: serve mobilitare livelli significativi di risorse per assistere “i nostri amici ucraini”, ovvero lo schema seguito da ReArm Europe. Nel mezzo la proposta italiana avanzata da Giorgia Meloni, focalizzata sull’unità euroatlantica, base imprescindibile per i partner Ue, che va letta accanto ai fatti delle ultime ore come la sospensione americana degli aiuti militari a Kyiv, la partita a scacchi sul gasdotto Nord Stream 2 e il derby europeo tra Starmer e Macron, desiderosi – per motivi diversi – di avere un ruolo.

Qui Bruxelles

Se Washington chiude i rubinetti delle armi, Bruxelles continuerà a fornire all’Ucraina un sostegno finanziario “regolare e prevedibile” e nel 2025 “fornirà 30,6 miliardi di euro”. Il messaggio europeo è chiaro: la direzione di marcia imboccata per garantire a Kyiv ossigeno è quella che deve in qualche misura compensare il passo indietro di Donald Trump, ma con l’aggiunta di un elemento di prospettiva: una pace che “deve rispettare l’indipendenza, la sovranità e l’integrità territoriale dell’Ucraina”, così come scritto nelle ultime bozze di conclusione del vertice Ue di giovedì prossimo. Rispetto alla versione precedente viene menzionata l’intenzione “di aumentare la pressione sulla Russia per indebolirne la capacità di continuare a condurre la sua guerra di aggressione”.

Di contro resta apertissimo il tema delle garanzie di sicurezza, ovvero chi dovrà intervenire e come nel caso in cui una delle parti, la Russia, venga colta dalla tentazione di non rispettare il cessate il fuoco. L’estensione dell’ombrello nucleare francese e britannico in Europa sta suscitando un crescente interesse da parte degli alleati. In questo senso Berlino potrebbe discutere con Londra e Parigi l’eventuale estensione della protezione nucleare francese anche ad altri partner.

La decisione del riarmo

Al di là del dossier ucraino, la decisione europea di accelerare verso il suo riarmo è una richiesta precisa che da anni è stata fatta dalla stragrande maggioranza di addetti ai lavori e analisti, nella consapevolezza che è stata a stessa von der Leyen a inserire questo punto nel suo programma elettorale quando ha chiesto agli Stati membri la rielezione ai vertici della commissione. Il nodo sarà evidentemente il modus. Una opzione, riferiscono fonti Ue, è quella di dare la possibilità a tutti gli Stati membri di reindirizzare i fondi della politica di coesione verso le spese relative alla difesa.

“Con il nuovo piano per la difesa Ue esposto da Ursula von der Leyen, finalmente l’Unione europea si risveglia dal sogno bucolico di poter essere una sorta di superpotenza erbivora in un mondo di carnivori”, dice il co-presidente dei Conservatori al Parlamento europeo, Nicola Procaccini responsabile ambiente ed energie di Fratelli d’Italia, secondo cui è giusto aumentare gli investimenti in difesa e sicurezza, “che è il diritto che consente l’esercizio degli altri diritti, nella speranza naturalmente di non dover mai utilizzare gli strumenti della difesa militare”. In secondo luogo gli investimenti in campo militare “hanno una forte componente dual use perché sono da sempre un formidabile veicolo di crescita in campo civile, come è accaduto per lo sviluppo della rete internet”.

Numeri e scenari

Difendersi senza gli Ua costerebbe parecchio all’Ue, dai 500 agli 800 miliardi di euro. Di contro il tema ucraino sta di fatto incarnando il ruolo di acceleratore della cosiddetta difesa comune europea, anche se con parametri diversi rispetto ai passi felpati degli ultimi anni. Il primo a parlare di numeri è stato il premier inglese Keir Starmer che ha annunciato un aumento del bilancio della difesa del Regno Unito al 2,5% del pil entro il 2027, rispetto all’attuale 2,3%. Emmanuel Macron, alle prese con precisi aumenti delle tasse per far quadrare il bilancio francese, potrà avere la forza di seguire Londra? Friedrich Merz, in queste ore impegnato nella costruzione di una grossa coalizione con la Spd, si ritrova già impegni presi dal suo predecessore per piani di difesa da 100 miliardi.

Appare evidente che in questa fase il vecchio continente sta reagendo alle mosse trumpiane con un senso di sfida dato dagli interrogativi su come procedere in Ucraina, ma è altrettanto evidente che il rapporto transatlantico è destinato a sopravvivere anche a questa crisi.


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