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Donald Trump mette nel mirino il Chips Act di Biden. Le conseguenze per gli Usa

Il presidente americano ha aspramente criticato il piano di incentivi con cui il suo predecessore voleva aumentare la produzione nazionale di semiconduttori. Il tycoon vorrebbe indirizzare altrove le decine di miliardi di dollari non ancora spesi, ma così facendo rischia di compromettere la corsa all’IA del suo Paese

“Il vostro Chips Act è una cosa orribile, orribile”. Quando si è rivolto al Congresso per il suo (secondo) primo discorso da presidente, Donald Trump non ha usato mezze misure per criticare la legge emanata dal governo di Joe Biden, forse la più importante in materia tecnologica. “Diamo centinaia di miliardi di dollari e non significa niente. Prendono i nostri soldi e non li spendono”, ha tuonato il presidente americano chiedendo di “sbarazzarsi del Chips Act e di qualsiasi cosa rimanga”. L’obiettivo del precedente governo era incentivare la produzione nazionale ingolosendo le grandi aziende attraverso incentivi federali. Il piano prevedeva 39 miliardi di dollari in sussidi per la realizzazione di semiconduttori e altri componenti made in Usa, insieme ad altri 75 miliardi erogati in prestiti governativi, così da colmare la lacuna che riguarda la manifattura. Tutto questo, per l’attuale inquilino della Casa Bianca, è un inutile spreco di denaro. Per cui occorre rimetterci radicalmente mano.

Circa un terzo dei dipendenti del Dipartimento del Commercio che gestivano il budget è stato licenziato, come tanti altri lavoratori federali messi alla porta dal Doge di Elon Musk per ridurre la spesa pubblica. E la preoccupazioni di molti, scrive Reuters, è che la nuova amministrazione voglia rivedere i progetti antecedenti al suo insediamento. Compreso il Chips Act, come pubblicamente affermato da Trump.

È una questione fondamentale per due ragioni. La prima riguarda la produzione a stelle e strisce, e quindi l’economia nazionale. Come ricordato dalla governatrice di New York, Kathy Hochul, la legge sottoscritta dai Democratici ha portato una serie di vantaggi agli Stati Uniti e ai suoi abitanti. Micron, ad esempio, starebbe investendo 100 miliardi di dollari dando lavoro a 50.000 persone. Il secondo punto interessa invece la corsa all’intelligenza artificiale, che Washington vorrebbe vincere arrivando prima della Cina. Sconfessando la politica industriale di Biden, si rischia di compiere dei passi falsi. Questo perché, mentre la Cina continua a rimpolpare di esperti tecnologici i suoi dipartimenti governativi, l’America se ne vorrebbe a quanto pare privare.

A sentire lo speaker della Camera, il conservatore Mike Johnson, l’intenzione del Partito Repubblicano non è tanto quella di smantellare il Chips Act, quanto piuttosto “snellirlo” per rendere più perseguibili gli obiettivi che intende raggiungere. In realtà, a sentire il suo presidente, i soldi che ancora non sono stati spesi (ovvero decine di miliardi di dollari) andrebbero dirottati altrove, per coprire il debito americano.

Tuttavia le sue parole hanno già provocato uno scossone. Molte aziende sono state attratte dal piano di Biden per investire maggiormente in America. Tra queste c’è anche Intel, che dopo il discorso di Trump ha perso l’8%. E chissà cosa ne pensa TSMC, l’azienda taiwanese leader della produzione dei semiconduttori, che proprio di recente ha annunciato un mega investimento da 100 miliardi di dollari per produrre negli Stati Uniti.

Per ora a lodare l’operazione è stato anche il presidente di Taiwan, William Lai, che l’ha definita una “mossa strategica” in un “momento storico” nelle relazioni con Washington. Nonostante Trump abbia più volte accusato Taipei di aver sottratto alle attività americane la produzione dei chip. Tanto che aveva messo in preventivo l’introduzione dei dazi al 25% anche per l’isola del Pacifico. Uno scenario a cui è seguito il maxi investimento di TSMC. Perché se le conseguenze dello smantellamento del Chips Act sono ancora ignote, è piuttosto chiaro che, a differenza di Biden, l’approccio di Trump è procedere sventolando la minaccia delle tariffe e non con incentivi.


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