“L’Europa ha tutto l’interesse a non indebolire mai il rapporto transatlantico. Che non è l’amicizia tra questo o quel leader europeo con il presidente Trump, ma è una comunità di valori. È l’idea che la democrazia e le libertà individuali sono valori fondanti della società. E sono valori che dobbiamo difendere in Europa, anche fossimo soli. Lo voglio dire con chiarezza alla sinistra, che a volte sembra scordarselo”. Intervista ad Andrea Manciulli, direttore delle Relazioni istituzionali della fondazione MedOr
Negli equilibri geopolitici attuali, l’Europa si trova schiacciata tra due forze: da un lato la crescente assertività militare della Russia, dall’altro le insicurezze nel dibattito europeo sul rapporto transatlantico. Andrea Manciulli, direttore delle Relazioni istituzionali della fondazione MedOr, lancia un monito: l’Ue ha un’economia solida e un sistema sociale avanzato, ma non può difendersi da sola. Serve una politica di sicurezza comune, capace di rispondere alle sfide che vanno dall’Ucraina al Sahel, fino alle nuove rotte strategiche dell’Artico.
L’Unione europea ha impresso una decisa accelerazione alla costruzione di una sua dimensione della difesa. Le iniziative intraprese di recente vanno nella giusta direzione?
L’Europa ha oggi l’opportunità di fare una scelta di fondo, in un momento nel quale le minacce non sono confinate a un singolo quadrante, ma si moltiplicano un po’ dappertutto intorno a lei. Sta diventando evidente quello che si poteva intuire da tempo, cioè che l’Europa è presa in una tenaglia di insicurezza. C’è, naturalmente, da un lato la guerra in Ucraina che riguarda tutto l’est europeo, e verso la quale storicamente si è concentrata maggiormente l’attenzione della Nato. Un’attenzione cominciata prima del 2014, data dell’invasione della Crimea, quando io ero presidente della Delegazione parlamentare italiana presso l’Assemblea parlamentare dell’Alleanza. Già da allora, però, il dibattito interno alla Nato si era caratterizzato in maniera preponderante per un’attenzione vesto l’est europeo, piuttosto che verso il fianco sud, come avremmo voluto noi italiani. Probabilmente, anche da parte nostra ci fu una sottovalutazione su questo. Il pericolo, invece, che abbiamo oggi è pensare che la minaccia si esaurisca con l’Ucraina. Riguarda, invece, tutto lo spazio che un tempo stava sotto il Patto di Varsavia e che oggi, invece, guarda all’Europa. Parliamo della Transnistria, di tutta la Moldavia, del caso delle recenti elezioni in Romania, dei timori dell’opinione pubblica, ormai decennali, verso la Russia in Polonia e nei Paesi Baltici, quest’ultimi vittime in tempi recenti del più grande attacco cyber della storia. È un orizzonte geopolitico, questo, che ha bisogno di un ruolo fortissimo dell’Europa. Per trovare nel futuro un equilibrio di relazioni con la Russia, e più in generale con tutte le regioni dell’Asia che stanno oltre quella linea di confine. Ma questo non è l’unico problema.
E quali sono gli altri?
Molto legato a questo spazio, c’è il tema del fianco nord e dell’Artico. Non dobbiamo banalizzare l’adesione di Finlandia e Svezia nella Nato. Sicuramente ha contribuito a questa scelta la vicenda ucraina, ma in futuro l’Artico diventerà sempre più navigabile. Nel giro di pochi decenni la rotta che passa poco sotto il Circolo polare artico collegherà in breve tempo l’Asia (e quindi Russia e Cina) con l’America. La questione sollevata da Donald Trump sulla Groenlandia non è banale, perché si inserisce proprio in questa consapevolezza e nella volontà di dominare questo spazio. Tutto quello spazio diventerà un territorio importantissimo, per gli scambi, per le risorse ingenti. L’Europa è geograficamente chiamata ad occuparsene, più di quanto sta facendo.
Poi c’è il fronte sud…
Questo, a mio avviso, è fra tutti il più pericoloso, soprattutto per gli interessi nazionali del nostro Paese. Non possiamo non renderci conto che la fascia che va dal Corno d’Africa alla Mauritania è stata investita negli ultimi anni da una serie di fratture e shock sistemici. Primo fra tutti i cambiamenti climatici. Nell’ultimo anno e mezzo si sono susseguiti otto colpi di Stato. A MedOr abbiamo avuto come ospite il presidente del Niger, Mohamed Bazoum, pochi mesi prima che fosse deposto dal colpo di Stato del 26 luglio 2023. Si tratta di una serie di Paesi che, tra l’altro, sono cruciali per quanto riguarda le materie prime e terre rare, a cominciare dall’uranio. Di fronte a queste evenienze, non possiamo non interrogarci sul ruolo che la Russia, attraverso Wagner, ha giocato in queste regioni.
Ipotizza una vera e propria manovra di Mosca tesa a circondare l’Europa?
I mercenari russi operano proprio in questa area. La storia ci dirà quanto ci sia stata una correlazione diretta con i colpi di Stato o la cacciata dei francesi dalla regione (che hanno fatto i loro errori). È certo, però, che l’area fa parte dell’interesse strategico russo. Dobbiamo domandarci a quale fine e la risposta non può non essere che questo per loro è un segmento che gli serve anche per aumentare l’instabilità europea. È da questa regione che passa l’immigrazione illegale e i traffici di armi, stupefacenti e persone. A questa instabilità politica, poi, si sono aggiunti fattori importanti come il cambiamento climatico. La desertificazione ha praticamente cancellato il lago Ciad, rendendo impossibile alle popolazioni che si basavano su questo bacino per la loro economia – legale – di pastorizia, continuare ad abitare quelle regioni. La combinazione di questi fattori ha comportato un enorme movimento di persone, che per sopravvivere si sono dovute affidare a economie illegali, favorendo e alimentando anche l’emigrazione illegale. La presenza dei mercenari russi ha esacerbato questa destabilizzazione, rovesciando governi, favorendo questo o quel potentato locale, aprendo di fatto i rubinetti di fenomeni che destabilizzano l’Europa.
L’immigrazione in primis?
L’immigrazione illegale è oggi il principale tema sul quale la destra estrema e il sovranismo più intollerante stanno avanzando, e che ogni giorno lavora per disgregare l’Europa. Questo è il quarto asse dell’azione russa, dopo le direttrici geografiche: la disinformazione e l’uso della comunicazione. I bot russi non fanno che parlare dell’incapacità del Vecchio continente di frenare i flussi migratori, di governarli, strumentalizzando anche la minaccia del terrorismo. A tutto questo dovrebbe rispondere la politica.
In che modo?
Io vorrei fare questa domanda, a prescindere dal colore e dall’ideologia. Perché la politica non è capace di entrare nel merito di queste questioni, e capire che tutto questo quadro è una minaccia all’Europa? Questa presa di coscienza, purtroppo un po’ tardiva, che sta portando alla costruzione di una Difesa europea, e aggiungo anche a una politica europea di proiezione e pacificazione dei propri confini, è una spinta positiva, se volgiamo costruire un futuro migliore per i nostri figli. Bisognerebbe però che tutti lasciassero da parte l’ideologia. Stiamo parlando di cose concrete, che non chiamano in causa solo la sicurezza, ma politiche economiche, e di sostegno, anche verso quelle regioni instabili ai nostri confini, Africa in primis, che premono sull’Europa. Abbiamo bisogno di infrastrutture, economia di cooperazione, costruzione di flussi di immigrazione legali, e naturalmente anche di difesa. È una nuova idea di Europa più presente a livello globale, che deve esistere a prescindere da quanto succede negli Usa con Trump.
In questi giorni il tema transatlantico è al centro del dibattito politico, anche in Italia, con spaccature all’interno sia della maggioranza, sia dell’opposizione. E l’euro-atlantismo sembra in difficoltà. Cosa sta succedendo?
L’Europa ha tutto l’interesse a non indebolire mai il rapporto transatlantico. Che non è l’amicizia tra questo o quel leader europeo con il presidente Trump, ma è una comunità di valori. È l’idea che la democrazia e le libertà individuali sono valori fondanti della società. E sono valori che dobbiamo difendere in Europa, anche fossimo soli. Lo voglio dire con chiarezza alla sinistra, che a volte sembra scordarselo. Oggi l’Europa è una delle economie più forti al mondo, con il primato globale quando si misurano i livelli di tutela sociale degli individui. Ma ora siamo in un mondo nel quale Vladimir Putin ha riportato al centro della discussione il peso della forza. Purtroppo, Trump sembra aver accettato questi termini della sfida, e noi rischiamo di essere il proverbiale vaso di coccio tra vasi di ferro. Siamo un continente con un’economia forte, un sistema sociale meraviglioso, ma che non è in grado di difendersi da solo. Dunque, è giusto fare quello che stiamo facendo, guardando a un ruolo attivo di pacificazione che l’Europa deve avere sui propri confini. Attraverso la diplomazia, certo, ma una diplomazia nuova, per certi versi più assertiva.
Le mosse di rafforzamento militare dell’Ue vanno allora nella giusta direzione?
È una strategia che va a sostegno anche della nostra economia, che non può crescere se non abbiamo gli strumenti per difenderci. Dobbiamo però uscire da questa retorica del riarmo. Noi non ci stiamo riarmando, stiamo dotando l’Europa della forza necessaria per essere presa sul serio in un mondo nel quale, purtroppo, il paradigma della forza è tornato al centro del discorso. Non lo abbiamo voluto noi, naturalmente. È esemplificativo il grafico mostrato recentemente dal presidente francese Emmanuel Macron sulla spesa russa militare degli ultimi anni. Un aumento che non può essere banalizzato, perché la magnitudo delle spese russe non può riguardare solo l’Ucraina. Sono spese che si fanno per continuare ad avere una postura aggressiva nei confronti degli altri Paesi, anche senza volerli direttamente invadere. L’attacco indecente rivolto al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, fa parte di questa strategia aggressiva.
La Russia è una minaccia diretta per l’Europa?
La Russia è un continente economicamente molto monotematico, che non ha la forza dell’Europa, e che può ambire a una funzione dominante solo se mette al centro l’elemento militare. Ecco perché noi dobbiamo metterci nelle condizioni di non avere paura. Di non essere aggressivi, certo, ma di avere la consapevolezza di poter difendere le nostre società, le nostre economie e, anche, di avere una funzione positiva verso l’esterno. Partendo dalla forza delle idee e dei valori. Per questo dobbiamo fare quello che è necessario fare. L’Europa sta facendo un enorme atto di generosità – che sarebbe piaciuto a Winston Churchill – per difendere un’idea di società basata sulla libertà individuale, sui diritti e sul valore della democrazia. Tutto questo va fatto in una luce nuova, perché le spinte negative, siano a est, nord o sud, sono favorite da una maggiore capacità di usare i mezzi di comunicazione, fondamentali per promuovere la nostra visione di società, contrastando al contempo i messaggi negativi e disgreganti.
A favorire la disinformazione, tra l’altro, contribuiscono anche le nuove tecnologie, come l’IA…
Le nuove tecnologie sono un ulteriore elemento che sta destabilizzando l’Occidente, internamente e in maniera verticale. Siamo nel mezzo di una tensione nella nostra società simile a quella occorsa con la rivoluzione industriale. Tecnologie come l’intelligenza artificiale, la conquista dello spazio, le tecniche biomediche, stanno infondendo un’accelerazione mai vista, che in uno strato largo della società possono creare un senso di distanza e di difficoltà a interpretare il cambiamento. Questo rischia di diventare una frattura sociale capace di dilaniare l’Occidente. Già lo si vede, per esempio, nei comportamenti elettorali, con quelle fasce di popolazione più scolarizzate orientate verso posizioni progressiste più capaci di accettare il cambiamento e altre su posizioni più conservatrici, facile terreno per una propaganda reazionaria. In questa sfida, l’Occidente può farcela solo se saremo in grado di governare queste tendenze.