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Guerra e diplomazia. L’attacco su Mosca anticipa il vertice in Arabia

L’Ucraina attacca la capitale russa nella notte, causando incendi e deviazioni di voli. L’offensiva arriva alla vigilia di un incontro diplomatico cruciale in Arabia Saudita tra Stati Uniti e Ucraina, con Zelensky che propone (tra le altre cose) una tregua sugli attacchi alle città

Mentre gli apparati diplomatici die principali attori coinvolti più o meno direttamente all’interno del conflitto ucraino stanno lavorando intensamente per gestire la rinnovata spinta per il raggiungimento di una cessazione delle ostilità data dall’amministrazione statunitense guidata da Donald Trump, anche gli apparati militari continuano a portare avanti i loro sforzi bellici. Tanto lungo la linea del fronte, che nelle retrovie.

Questa notte l’Ucraina ha lanciato quello che sembra essere il più grande attacco con droni rivolto contro Mosca sin dall’inizio del conflitto. Almeno novantuno droni ucraini hanno preso di mira la capitale russa, causando la morte di almeno una persona, scatenando incendi, chiudendo aeroporti e costringendo decine di voli a essere deviati. In totale, secondo il ministero della Difesa Russo, sono trecentotrentasette i droni ucraini abbattuti nei cieli di dieci delle regioni della Russia, di cui settantaquattro sulla regione di Mosca e centoventisei sulla regione di Kursk, dove le forze ucraine stanno attraversando un momento di difficoltà in seguito all’interruzione del flusso di intelligence da parte degli Stati Uniti, con il rischio concreto di accerchiamento da parte delle forze di Mosca che sta rendendo sempre più concreta la possibilità di un ritiro di Kyiv dalla regione russa in cui era penetrata all’inizio dell’agosto dello scorso anno.

Se nel Kursk le truppe russe, supportate dai soldati nordcoreani inviati da Pyongyang a sostegno dello sforzo bellico del Cremlino, stanno riguadagnando velocemente terreno, nel Donbass (e specialmente nell’oblast di Donetsk) la situazione sembra essere diversa. Qui la Russia detiene ancora l’iniziativa e conduce ogni giorno decine di assalti; ma le brigate russe starebbero accusando l’attrito, e Mosca sta avendi difficoltà per sostituire le attrezzature distrutte.

“Lo sforzo offensivo russo a Donetsk si è arenato negli ultimi mesi a causa del maltempo, dell’esaurimento delle forze russe e dell’effettivo adattamento ucraino al modo in cui le truppe russe hanno combattuto”, è il commento di Michael Kofman, senior fellow presso il Carnegie Endowment for International Peace di Washington, riportato dal New York Times.

L’attacco rivolto contro Mosca è facilmente interpretabile come un tentativo di influenzare il dialogo tra Stati Uniti e Ucraina che si aprirà tra poche ore in Arabia Saudita. Il leader ucraino Volodymyr Zelensky si è detto disponibile a raggiungere un’intesa parziale con Mosca su alcune questioni specifiche, tra cui proprio quella degli attacchi condotti da entrambe le parti su infrastrutture e centri cittadini siti ben oltre la linea del fronte. E con l’attacco di questa notte è stato mandato un segnale. “Tutti gli attacchi dei droni in Russia di questa notte – su Mosca, sugli aeroporti e così via – sono il segnale a Putin che anche lui deve essere interessato a una tregua nei cieli che l’Ucraina offrirà oggi durante i colloqui. Non solo raffinerie di petrolio”, ha dichiarato in un video Andriy Kovalenko, capo del centro governativo ucraino per il contrasto alla disinformazione, “I droni possono anche attaccare massicciamente Mosca. Naturalmente, la difesa aerea abbatte questi droni. Ma questo non salva i russi dal panico”.

Le proposte mosse da Zelensky sono finalizzate a mostrare la propria buona volontà al presidente statunitense, che ha esplicitato in più occasioni di voler vedere un cambio di atteggiamento da parte del leader ucraino, condizionando a questo cambiamento la ripresa del sostegno militare e d’intelligence Usa. In questo senso, le discussioni in Arabia Saudita saranno decisive.

Ma i temi caldi durante i negoziati saranno anche altri. A partire dall’accordo sui minerali non ancora firmato dai due Paesi (originariamente la firma era prevista durante la visita di Zelensky alla Casa Bianca conclusasi in modo disastroso), e su cui i riflettori rimangono puntati. Nelle scorse ore, la società statunitense TechMet ha mostrato il suo interesso nello sviluppo del giacimento di litio nell’Ucraina centrale, specificando che l’interesse della società per il progetto non dipende dall’accordo sui minerali; il chief executive Brian Menell ha però dichiarato che “tuttavia, se l’accordo sui minerali si concretizzasse, questo rafforzerebbe certamente il nostro interesse e creerebbe un contesto che giustificherebbe un’attività più ampia e più rapida”.

Un’altra delle questioni più spinose sarà quello del mantenimento dell’integrità territoriale dell’Ucraina nel processo di risoluzione del conflitto. Anche se negli scorsi giorni i Paesi europei si sono schierati accanto a Kyiv sulla questione, per gli Stati Uniti la situazione sembra essere diversa. Il segretario di Stato Marco Rubio è tornato sulla tematica parlando con giornalisti mentre si recava ai colloqui in Arabia, dichiarando che “i russi non possono conquistare tutta l’Ucraina, e ovviamente sarà molto difficile per l’Ucraina, in un periodo di tempo ragionevole, costringere i russi a tornare al punto in cui erano nel 2014”. Suggerendo che nei prossimi giorni questo sarà uno dei punti più discussi.


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