Da Gedda l’accordo dell’Ucraina sulla tregua proposta dagli Stati Uniti si è trasformato in una tempesta di sabbia sul Cremlino. Protagonista della metamorfosi l’astuto presidente Ucraino Volodymyr Zelensky. L’analisi di Gianfranco D’Anna
Uscito, anzi cacciato, dalla finestra dello Studio Ovale, Zelensky rientra alla Casa Bianca dalla porta principale. Messo al tappeto in diretta Tv da Trump e dal suo vice Vance, il presidente Ucraino forte della solidarietà dell’opinione pubblica internazionale e del sostegno dell’Europa, dell’Inghilterra e dell’intero occidente, in due settimane ha ribaltato la situazione ed ha trasformato l’umiliazione in una sorta di cavallo di Troia ucraino nel cuore dell’establishment dell’amministrazione Usa che appoggia Putin.
Presi in contropiede, c’è cautela mista a scetticismo a Mosca rispetto alla proposta di una tregua di 30 giorni concordata nei negoziati di Gedda fra il segretario di Stato Marco Rubio e dal consigliere per la sicurezza nazionale di Washington Michael Waltz, nonché da Andriy Yermak, capo dello staff del presidente Zelensky, dal ministro degli Esteri Andrii Sybiha e dal ministro della Difesa dell’Ucraina Rustem Umerov.
Centrale nella dichiarazione finale l’affermazione che sottolinea come “i rappresentanti di entrambe le nazioni hanno elogiato il coraggio del popolo ucraino nella difesa della propria nazione e hanno convenuto che ora è il momento di avviare un processo verso una pace duratura”. Un implicito riconoscimento all’Ucraina di essere stata aggredita e invasa dalla Russia di Putin. La notte del the day after di Gedda non è trascorsa tranquillamente al Cremlino. Una fonte russa di alto livello, scrive l’agenzia Reuters, ha dichiarato che Vladimir Putin avrebbe difficoltà ad accettare l’idea del cessate il fuoco senza discutere i termini e ottenere qualche tipo di garanzia.
Evidente il tentativo del Cremlino di guadagnare tempo in maniera che Putin trovi il modo da obiettare senza pregiudicare la ritrovata intesa con Washington alla imminente richiesta telefonica di Trump di accettare la tregua. Alla Casa Bianca tuttavia l’orizzonte del cessate il fuoco non è apparso mai così vicino e il presidente ha ribadito anche oggi un perentorio: “Parlerò con Vladimir Putin, sì… Spero che anche lui accetti il cessate il fuoco e penso davvero che questo sarebbe il 75% della strada”.
Commentatori e analisti internazionali sono concordi nel ritenere che non è ancora chiaro se Mosca accetterà la proposta, ma tutti definiscono l’accordo di Kyiv sulla tregua una mossa astuta da parte di Zelensky. “Kyiv e Washington sono ora sulla stessa lunghezza d’onda sulla guerra. Ciò pone di fatto alla Russia l’onere di accettare un accordo che altrimenti verrebbe respinto a priori, rischiando di provocare l’ira di Trump”, ha dichiarato al Washington Post Sam Charap, uno dei maggiori esperti di geopolitica internazionale del Rand Research And Development, uno dei più importanti think tank degli Stati Uniti . “Putin sarà ora costretto a decidere se concludere un cessate il fuoco temporaneo o rischiare di inasprire i rapporti con la Casa Bianca sotto la nuova amministrazione Trump”, concorda l’analisi del quotidiano britannico The Guardian, che riporta la dichiarazione di Rubio secondo il quale “Se i russi dicono di no, allora purtroppo sapremo qual è l’ostacolo alla pace “.
A parte il clamoroso capovolgimento della situazione di isolamento e di scherno di Zelensky da parte dell’amministrazione americana, tanto che Trump ha pubblicamente invitato nuovamente come un figliol prodigo il presidente ucraino alla Casa Bianca, l’effetto dell’accordo di Gedda che più preoccupa Mosca è la ripresa già in pieno svolgimento degli aiuti militari e soprattutto dell’apporto dell’intelligence statunitense a Kyiv.
Sul piano militare significa che le forze ucraine saranno in grado di riprendere da subito l’iniziativa contro l’esausta armata russa che a parte la riconquista di alcuni villaggi nella regione del Kursk, riconquista determinata dal massiccio impiego di truppe e droni nord coreani, non è riuscita ad approfittare della temporanea debolezza delle prime linee avversarie e si è limitata a intensificare i bombardamenti missilistici e di droni contro le infrastrutture civili ucraine. Dopo tre anni di conflitto che hanno svuotato gli arsenali convenzionali e la perdita di almeno mezzo milione di soldati fra morti e feriti, è la prova, sostiene l’intelligence inglese, che l’apparato bellico di Mosca è arrivato al limite e che soltanto una tregua può consentirgli di mimetizzare la situazione.
“Bisogna sempre sperare nel meglio, ma essere comunque preparati al peggio”, ha sibillinamente commentato il portavoce del presidente russo Dmitry Peskov, che attende da un’ora all’altra l’attivazione della linea telefonica con Washington per la chiamata di Trump a Putin.
“Al tavolo diplomatico come in trincea, il successo a breve termine non è garanzia di vittoria. Ma l’Ucraina ha evitato la sconfitta ed è sopravvissuta per combattere un altro giorno”, è il commento del settimanale inglese The Economist, che fotografa la situazione complessiva. Una situazione che per il Cremlino sembra essersi trasformata in una trappola dalla quale sarà difficile uscire.