La linea sulla Difesa è quella della “cautela” considerando “la complessità dello scenario geopolitico” nella duplice convinzione però che “il rapporto con gli Stati Uniti è imprescindibile” così come la costruzione “dell’esercito europeo”. Resta prioritario arrivare al 2% del Pil e occhi puntati sul Mediterraneo. Conversazione con il deputato di Fratelli d’Italia, Mauro Malaguti, componente della Commissione Difesa
La linea sulla Difesa è quella della “cautela” considerando “la complessità dello scenario geopolitico” nella duplice convinzione però che “il rapporto con gli Stati Uniti è imprescindibile” così come la costruzione “dell’esercito europeo”. Nel giorno delle comunicazioni della premier Giorgia Meloni al Senato, prodromiche al Consiglio Europeo in calendario giovedì, è il deputato di Fratelli d’Italia Mauro Malaguti, componente della Commissione Difesa alla Camera, a ragionare con Formiche.net sui dossier più caldi dell’agenda politica.
Si è arrivati a una risoluzione condivisa da tutte le forze di centrodestra. Qual è l’approccio che emerge sul tema della Difesa?
La premier è molto chiara su questo. Se da una parte occorre usare il massimo della cautela, considerando la complessità del contesto geopolitico, dall’altro occorre ribadire l’esigenza di un esercito europeo allineandoci alle politiche avviate in sede europea da Ursula von der Leyen. Con un punto, però, che va ribadito con chiarezza: non ci possiamo permettere di deteriorare in alcun modo il rapporto con gli Stati Uniti, alleati fondamentali da sempre per il nostro Paese e per la stessa Europa.
Adesso si discute di ReArm Eu, per lo più sul piano finanziario. Ma strategicamente, dalla sua prospettiva, quali sono i passi da compiere?
Una governance unica, che crei davvero le condizioni per un esercito europeo coeso. Al momento, su base annua, l’esborso per le spese della difesa in Ue è di circa 250 miliardi di euro. Una cifra considerevole, benché l’indirizzo sia quello di aumentarla. Tuttavia, è prioritario istituire un comando unico che coordini le operazioni. Il rischio, altrimenti, è di un’eccessiva frammentazione che è sinonimo di debolezza.
Un passo avanti fattibile a queste condizioni in Europa?
Serve un salto culturale fra i Paesi europei. Da sempre c’è la tendenza a farci la guerra fra noi: da quella intesa in senso propriamente bellico a quella che passa per il furto di brevetti, per la sottrazione di dati fino agli attacchi informatici. Tutto questo nella cornice europea non deve più accadere: bisogna ragionare sempre di più come una federazione tra stati. E la Difesa può essere un forte elemento di coesione.
Quale sarà il lavoro della Commissione Difesa per dare il contributo al perseguimento di questi obiettivi?
Prioritariamente individuare, assieme al governo, gli asset strategici sui quali concentrare il nostro lavoro per centrare anche gli obiettivi di politica estera che questo esecutivo si è dato. Da questo punto di vista l’attenzione al Mediterraneo a mio modo di vedere deve essere altissima, perché sarà probabilmente da lì che arriveranno i futuri problemi ma al contempo è da quell’area che un Paese geograficamente collocato dov’è il nostro può cogliere tante opportunità. Resta comunque prioritario rispettare gli impegni presi sulla Difesa: portare gli investimenti al 2% del Pil.
Al di là della posizione sull’Ucraina (il voto di astensione alla risoluzione è stato motivato con la volontà di preservare il rapporto con gli Usa), l’altro fronte aperto resta quello mediorientale. Proprio ieri Meloni ha incontrato re Abdullah II di Giordania per affrontare i dossier legati al futuro di Gaza e alla situazione in Siria. Qual è la sua posizione sul conflitto in Medio Oriente?
Da parte del governo è stata ribadita più volte la volontà di arrivare a una pace duratura in quell’area, che presuppone una stabilizzazione e una normalizzazione dei rapporti. C’è un presupposto che tuttavia è imprescindibile: non si tratta con i terroristi. Hamas parte dal principio, per noi inaccettabile, dell’annullamento di Israele. I palestinesi si devono affrancare da questa prospettiva. Solo così sarà perseguibile la soluzione dei due popoli e dei due Stati.