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Gcap e cooperazione nella Difesa europea. Il momento di agire è ora

Per anni l’Europa ha sottovalutato il rischio di un conflitto vicino ai suoi confini. L’invasione russa dell’Ucraina ha cambiato la prospettiva, evidenziando l’urgenza di dotarsi di strumenti di difesa adeguati. Il dominio dell’aria resta una priorità, ma le capacità europee devono crescere non solo in qualità, ma anche in quantità. L’industria della difesa ha un ruolo cruciale, e serve una cooperazione efficace per evitare di essere impreparati. Il tempo delle riflessioni è finito: l’Europa deve accelerare

Per molto tempo abbiamo pensato che non sarebbe successo nulla in Europa, ci siamo preparati a operare in missioni di peacekeeping lontano dai nostri confini e senza una minaccia diretta ai nostri territori. Tutto questo è cambiato con l’invasione russa dell’Ucraina, che è servita da sveglia per il Vecchio continente, per capire che il mondo è più insicuro di come ce lo eravamo immaginato. Oggi, quindi, siamo nella condizione per cui, se non ci dotiamo degli strumenti per proteggerci, saremo vulnerabili alle aggressioni esterne. È questo il ragionamento di fondo che ha caratterizzato la giornata che ha riunito esperti e addetti di lavori presso la residenza romana dell’ambasciatore britannico in Italia per l’evento “Anglo-Italian Cooperation in Air Combat”, organizzato dall’Istituto affari internazionali.

Quello che è emerso è che il Global combat air programme è solo uno, per quanto importante, dei programmi che nel futuro dovranno essere adottati dai Paesi europei per assicurare la propria protezione. In generale, uno dei grandi vantaggi strategici dell’Alleanza è stato il potere aereo, la capacità di assicurarci il dominio dell’aria in caso di conflitto, e di conseguenza la deterrenza di tale conflitto proprio attraverso il controllo dei cieli. Questa consapevolezza deve guidarci anche nel prossimo futuro.

Anche perché nel frattempo i nostri avversari stanno facendo esperienza e stanno maturando le proprie capacità. Le forze russe, ammaccate ma tutt’altro che ridotte come minaccia, sono nel frattempo raddoppiate a livello quantitativo dall’inizio dell’invasione. Inoltre, la guerra in Ucraina le sta dotando di una serie di lezioni – per quanto imparate a caro prezzo – che le stanno rendendo più capaci di quanto non fossero all’inizio della guerra. Se a livello tattico le operazioni “a livello compagnia” o inferiore sono ancora sotto gli standard a cui siamo abituati in Europa, a livelli superiori, “di reggimento” o simili, le forze russe sono notevolmente evolute. In generale i militari di Mosca hanno dimostrato un’elevata capacità di individuare centinaia di obiettivi diversi e colpirli con poco preavviso contemporaneamente. Una capacità moltiplicata dalla commistione di minacce aeree di nuovo tipo, come missili e droni.

Questo fa sorgere la domanda: le nostre capacità sono sufficienti? La risposta non è semplice. Da un lato, presi singolarmente, gli strumenti di difesa e il loro impiego è in grado di fronteggiare la minaccia. Ma quello che abbiamo in qualità, ci manca in quantità. E la guerra in Ucraina ci ha insegnato (o meglio, ricordato, la lezione è di Clausewitz) che in un conflitto i numeri contano. Per avere le giuste quantità è necessaria, allora, una base industriale solida.

Anche perché i nostri avversari stanno maturano molto velocemente anche su questo punto. Se l’industria cinese da questo punto di vista è in pieno ramp up, ma ancora attenta a valutare possibili ricadute sull’export o sugli equilibri globali, l’ecosistema industriale russo ha dimostrato di essere “pigro” in tempo di pace, ma invece estremamente reattivo, produttivo e impermeabile alle sanzioni in guerra. E se con la Cina lo scontro per l’Europa è ancora distante, gli interessi russi si scontrano direttamente con le garanzie di sicurezza degli europei.

Il messaggio che emerge da Villa Wolkonsky è che gli strumenti per essere protetti ci servono oggi, e vanno preparati in tempo di pace. Una responsabilità di ogni singolo Paese, anche se poi le capacità saranno condivise. In questo campo la partecipazione industriale sarà cruciale, ma bisogna agire. Com’è stato sottolineato più volte, non è la prima volta che si parla di aumentare la cooperazione europea. Dopo vent’anni di riflessioni, è arrivato il momento di mettere a terra delle soluzioni. Abbiamo le capacità, e allora cosa ci frena dal cambiare passo?

Prepararsi quando la minaccia è troppo vicina è già tardi, perché costringe a rifornirsi di cosa è disponibile sul mercato, pensato per conflitti del passato e non aggiornato alle nuove necessità. Ma d’altro canto, le Forze armate hanno bisogno di strumenti di piattaforme di difesa. Comprare ciò che serve, preferibilmente europeo, allora, ma o l’industria accelera, o il rischio per l’Europa è di essere sempre in ritardo.


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