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Oltre 90 minuti di colloqui. Ecco cosa si sono detti Trump e Putin

I due leader hanno avuto un colloquio di oltre 90 minuti per discutere della guerra in Ucraina (e non solo). Durante la telefonata è stato concordato un cessate il fuoco parziale sulle infrastrutture energetiche. Tuttavia, restano incertezze sulla reale volontà russa di fermare i combattimenti

Una chiamata di più di un’ora e mezzo, quella avvenuta ieri tra il presidente statunitense Donald Trump e quello russo Vladimir Putin, incentrata sul raggiungimento di un accordo che metta fine tanto nel breve quanto nel lungo termine al conflitto in Ucraina, ma anche sulle dinamiche politico-securitarie della regione mediorientale, e della necessità di un potenziamento delle relazioni bilaterali tra i due Paesi. Indubbio però che il tema principe sia stato quello della guerra iniziata nel febbraio del 2022, il porre termine alla quale è stato dichiarato da Trump come suo obiettivo primario già da prima di venire ri-eletto come presidente.

Dell’intera conversazione, durata più di un’ora e mezzo, si conoscono solo alcuni dettagli. Quello che è certo è che i due leader abbiano raggiunto l’accordo su un’immediata cessazione degli attacchi alle infrastrutture energetiche, in quello che la Casa Bianca ha descritto come il primo passo di un “movimento verso la pace” che spera includa un cessate il fuoco marittimo nel Mar Nero e, infine, la completa e duratura cessazione dei combattimenti lungo la linea del fronte.

Durante la telefonata, affermano fonti del Cremlino, Putin avrebbe ribadito la sua richiesta di porre fine all’assistenza militare e di intelligence straniera all’Ucraina (cosa smentita da Trump durante un’intervista rilasciata poche ore dopo lo svolgimento della telefonata); il leader russo avrebbe anche riaffermato la volontà di Mosca di un ritiro delle truppe ucraine dalle quattro regioni che il Cremlino ha annesso tramite referendum nel settembre 2022, ma che non ha mai completamente conquistato, di una rinuncia di Kyiv a qualsiasi prospettiva di adesione all’alleanza militare della Nato, e di una drastica riduzione dell’esercito ucraino. Non è noto però quale sia stata la reazione del presidente statunitense a queste richieste. Secondo il comunicato del Cremlino, Putin si è detto pronto a collaborare con gli Stati Uniti per porre fine alla guerra, ma ha insistito sul fatto che qualsiasi accordo deve “tenere conto della necessità incondizionata di rimuovere le ragioni iniziali della crisi e degli interessi legali della Russia in materia di sicurezza”.

Putin ha anche detto a Trump che mercoledì Russia e Ucraina si scambieranno centosettantacinque prigionieri di guerra, e che la Russia consegnerà all’Ucraina ventitré soldati gravemente feriti.

Steve Witkoff, inviato di Trump in Medio Oriente che sta assumendo un ruolo di primo piano nella conduzione dei negoziati con Mosca, ha dichiarato a Fox News che i colloqui con la Russia continueranno domenica a Gedda, in Arabia Saudita, e che saranno guidati dal segretario di Stato Marco Rubio e dal consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz. “Fino a poco tempo fa, non avevamo davvero un consenso su questi due aspetti – il cessate il fuoco per l’energia e le infrastrutture e la moratoria sugli spari nel Mar Nero – e oggi siamo arrivati a quel punto”, ha detto Witkoff. “Penso che la distanza da qui a un cessate il fuoco completo sia relativamente breve […] Il diavolo si nasconde nei dettagli, e dobbiamo trovare i dettagli. Poi ci muoveremo verso un cessate il fuoco completo”.

Ma al di là dei toni ottimistici della Casa Bianca, dati alla mano, è il Cremlino che può esultare. Pur avendo accettato un parziale cessate il fuoco, Putin è libero di poter continuare a spingere avanti le sue forze armate, aumento gradualmente la sua forza negoziale nelle discussioni a venire. Sempre che le voglia portare effettivamente avanti.

Parlando con Politico, l’ex ufficiale dell’intelligence statunitense e specialista di sicurezza nazionale Matthew Shoemaker ha avvertito che Trump rischia di fare il gioco di Putin permettendo alla Russia di mettere in atto le “classiche tattiche sovietiche dell’epoca della Guerra Fredda” di rallentare i colloqui. “Durante la Guerra Fredda, i leader americani hanno spesso resistito a farsi trascinare in processi così lunghi, riconoscendo che servivano come meccanismi di stallo per i sovietici per riorganizzarsi o sfruttare la leva finanziaria. Trump rischia di cadere in questa trappola storica, poiché i ritardi di Putin potrebbero consentire alla Russia di rafforzare la propria posizione militarmente e politicamente, erodendo al contempo la credibilità degli Stati Uniti e l’unità con gli alleati”. Poche settimane fa, anche l’esperta dell’Istituto Affari Internazionali Nona Mikhelidze aveva a sua volta messo sull’attenti riguardo ad un possibile approccio “strumentale” di Mosca ai negoziati di pace in corso.


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