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Con i titoli Mediaset in picchiata il Cavaliere tornerà a più miti consigli. Parola di Macaluso

La scelta di Silvio Berlusconi di aprire in modo traumatico la crisi del governo che aveva contribuito a far nascere e la rottura provocata nel centro-destra tra “oltranzisti e colombe” appaiono irreversibili. Ma forse esiste un fattore in grado di capovolgere clamorosamente il corso degli eventi. A metterlo in luce con Formiche.net è Emanuele Macaluso, storico leader della corrente riformista e “migliorista” del Pci fin dalle battaglie condotte contro il latifondo a fianco dei braccianti siciliani, spirito critico dei ritardi della sinistra italiana rispetto all’orizzonte del socialismo europeo e ritenuto uno degli osservatori più ascoltati dal presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano.

Nell’intricata e drammatica partita sul futuro del governo a cosa mirano realmente Silvio Berlusconi e gli oltranzisti del centro-destra? 

Ritengo che il Cavaliere sia vittima della propria megalomania e arroganza, tipica di un uomo che al contrario di Churchill e Bismarck, di De Gasperi e Togliatti, non è capace di accettare una sconfitta politica. Parlo di débâcle politica perché il verdetto di condanna pronunciato dalla Corte di Cassazione non ha una valenza puramente giudiziaria, e riguarda il modo in cui l’ex Presidente del Consiglio ha governato la cosa pubblica. Adesso, in balia delle onde provocate dalla sentenza, Berlusconi tenta di aggrapparsi a tutte le possibili àncore di salvezza. E il ramo che ha trovato, offerto dal gruppo dei cosiddetti “falchi”, gli prospetta una reazione violenta e irrazionale, emotivamente forte e ritorsiva. Ma senza prospettive. Così non va da nessuna parte, è isolato anche rispetto al mondo delle sue aziende. Tuttavia in lui prevale sempre il movente degli interessi, a partire da quelli della propria galassia imprenditoriale. Per cui, nel momento in cui gli saranno evidenti i riflessi negativi del suo comportamento sul valore economico dell’impero Mediaset, è probabile che ritornerà a fare una politica riflessiva.

Anche alla luce dello scontro virulento tra Il Giornale e i ministri del centro-destra, il Popolo della libertà è destinato a disintegrarsi? 

Le prospettive tuttora aperte sul futuro del centro-destra a mio giudizio sono due. L’intero gruppo “moderato” formato dai ministri, dagli ex socialisti e dai rappresentanti di Comunione e Liberazione, divorzierà definitivamente dalla pattuglia degli oltranzisti che attualmente gode della fiducia del Cavaliere, costituendo l’asse portante di un nuovo contenitore moderato in corrispondenza con il Partito popolare europeo. Una linea strategica peraltro indicata da Pier Ferdinando Casini e soprattutto dal titolare della Difesa, Mario Mauro, forte di robusti collegamenti con il Ppe. Oppure Berlusconi potrebbe rimangiarsi le iniziative assunte e negare le cose affermate fino ad oggi, tornando ad appoggiare il governo delle larghe intese e a giocare un ruolo di protagonista nella rifondazione di Forza Italia. Ma per farlo dovrebbe emarginare personaggi come Daniela Santanchè e Denis Verdini.

Guglielmo Epifani ribadisce il suo no a “governi di transfughi che vivano una vita stentata”. Reputa percorribile un esecutivo supportato da un arco di forze che spazia dalle colombe del centro-destra ai dissidenti Cinque Stelle

L’attuale capo del governo ha detto di volere una compagine forte di un un programma valido fino al 2015. I suoi riferimenti essenziali restano i ministri, compresi gli esponenti moderati del Pdl. Se poi vi sono altre formazioni interessate è un fattore incoraggiante. Lo stesso Nichi Vendola ha parlato di un esecutivo di scopo finalizzato al varo di una nuova legge elettorale e all’approvazione della legge di stabilità. Ma l’orizzonte a cui lavora Enrico Letta è ben più vasto e ha il respiro di una legislatura. Aspira a presiedere nel pieno dei poteri il semestre a guida italiana nell’Ue e a realizzare riforme profonde necessarie al paese. E dunque necessita di una base politica coerente.

L’attuale segretario del Pd critica Pierluigi Bersani e l’intero vertice del Nazareno, compreso Enrico Letta, per aver condotto “una campagna elettorale di conserva sottovalutando la richiesta diffusa di cambiamento”. Condivide tale valutazione? 

Ricordo che Epifani faceva parte a pieno titolo e con convinzione della maggioranza del Pd. Si accorge soltanto ora del fallimento di quella battaglia? Ritengo comunque sbagliato il modo con cui Bersani ha sottovalutato la crisi politica italiana, la rimonta del berlusconismo, l’impossibilità di assorbire il Movimento di Beppe Grillo nell’esperienza di governo. E per questi motivi si è infilato con il partito in un tunnel senza via di uscita.

Come deve attrezzarsi il Pd e quali passi deve compiere per scegliere la nuova leadership? 

Bisogna attendere la settimana per verificare se il governo reggerà e in quali forme. Solo allora si potrà riflettere sulla battaglia che potrà intraprendere il Partito democratico. Per ora esso deve lavorare per sostenere l’esecutivo Letta. Se quest’ultimo cade, il Nazareno dovrà aspettare le decisioni del Capo dello Stato. Ogni ragionamento su eventuali anticipazioni di elezioni primarie e  congresso e sui nomi più credibili per la guida del partito è prematuro.



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