Alla Luiss un lungo dibattito con Giorgetti, Casini, Fitto, Severino, Fabbrini, Reichlin e Amato attorno a una domanda al centro del libro dell’ex premier: come tornare a una politica credibile in grado di permettere all’Europa di ritrovare se stessa?
Governare l’Europa e l’Italia al tempo di Donald Trump. La partita è di quelle difficili, piene zeppe di incognite e trabocchetti. Da quando Trump ha rimesso piede alla Casa Bianca, l’America è diventata una pentola a pressione: un’economia forte e tonica da una parte (ma a serio rischio inflazione), il ritrovato e muscolare attivismo commerciale dall’altra, di cui i dazi sono la massima espressione. In mezzo, per l’appunto, un’Europa fragile, a tratti smarrita, senza una vera direzione parafrasando Mario Draghi, esposta come non mai all’altra e ben più micidiale minaccia: la Cina.
LA POLITICA DELLE ILLUSIONI
E allora, ecco l’humus dal quale ha preso forma il dibattito che ha ripreso la frase sopra menzionata, “Governare l’Europa e l’Italia all’epoca di Trump”, in scena alla Luiss e animato da Luigi Gubitosi, presidente dell’Università Luiss Guido Carli, Valentina Meliciani, direttrice Luiss Institute for European Analysis and Policy, Giuliano Amato, presidente emerito della Corte costituzionale, Pier Ferdinando Casini, senatore della Repubblica, Sergio Fabbrini, professore di Scienza politica e Relazioni internazionali e titolare di Intesa Sanpaolo Chair in European Governance, Raffaele Fitto, vice presidente esecutivo per la Coesione e le Riforme della Commissione Europea, Pietro Reichlin, professore di Economia alla Luiss e Paola Severino, presidente Luiss School of Law. Mentre le conclusioni sono state affidate al ministro dell’Economia, Giancarlo Giorgetti.
Tutto è però partito dalle riflessioni dell’ex premier Mario Monti, incastonate nel libro Demagonia. Dove porta la politica delle illusioni (Solferino), nel quale si racconta la lenta, ma inesorabile, parabola della democrazia liberale, entrata in una fase di crisi profonda, assimilabile a un’agonia, conseguenza di troppi governi che hanno inseguito il consenso immediato e facile, accantonando i problemi e rinviando le scelte impegnative. Eppure tutto questo non è irreversibile. Per arginare la deriva, occorre una politica seria, fatta da politici responsabili, disposti anche a perdere le elezioni
LA FINE DEL MULTILATERALISMO
“Non abbiamo bisogno della politica delle illusioni, credo che l’emergenza che l’Italia ha dovuto affrontare ai tempi del governo Monti (2011-2012, ndr), sia stata un’emergenza vera, reale. Ma proprio grazie ai valori che sostenevano allora l’Europa, ne siamo usciti. Ecco, proprio da questi valori oggi l’Europa dovrebbe ripartire”, ha premesso Severino.
La parola è poi passata ad Amato, che è entrato nel merito del volume di Monti. “Quando il libro è stato scritto, Trump non era ancora stato eletto. L’ordine internazionale che abbiamo oggi prevede che i Paesi più forti esercitino la propria supremazia, mentre quelli più deboli sono relegati a zone di influenza. Questo passaggio dell’opera di Monti, riflette l’attuale disordine internazionale che stiamo vivendo”, ha spiegato il già premier. “L’Occidente ha sempre cercato le soluzioni nelle grandi istituzioni internazionali, ma col passare degli anni il sovranismo nazionale ha avuto la meglio, è cresciuto, mandando in crisi l’intero sistema del multilateralismo. Basti pensare alla debolezza attuale delle Nazioni Unite. Trump ha portato nella politica le sue modalità negoziali che utilizza nei suoi affari privati e che hanno un punto di caduta: l’interlocutore è quasi sempre un avversario. Oggi l’Europa ha la responsabilità di difendere alcuni metodi che si contrappongo a questa deriva sovranista e di recuperare il valore e l’importanza delle istituzioni sovranazionali”.
IL VIZIO OSCURO DELLE DEMOCRAZIE
“Le democrazie liberali sono prigioniere di una sindrome che ne mette in discussione la sostanza”, ha invece ragionato Fabbrini. “E alla fine si creano delle democrazie condizionate. Per questo sono stati creati degli strumenti per mettere sotto controllo le maggioranze, unitamente alle istituzioni europee. Come, peraltro, visto dopo la Seconda guerra mondiale. Oggi le democrazie condizionate sono sfidate dall’interno, da chi vuole democrazie senza vincoli, dove non c’è rispetto”. Superando il tema delle democrazie, quando si pensa a Monti non si può non riflettere sulla crisi dei debiti sovrani che colpì l’Europa proprio nei mesi del governo Monti. “Monti salvò l’Italia, nel senso che il paradigma della stabilità era quello più importante. E quel paradigma fu rispettato grazie a quel governo”.
Reichlin, poi, si è chiesto che cosa significa davvero governare. “Per esempio, governare vuol dire anche fare del proprio meglio per migliorare l’architettura europea. Nelle ulti crisi, quelle degli ultimi 10-15 anni, l’Europa ha fatto dei passi in avanti, a cominciare dal fatto che la Banca centrale europea, quando Monti è diventato capo del governo, non era ancora un prestatore di ultima istanza. Questo per dire che il nostro continente può e deve ancora crescere e competere, raccogliendo le sfide che arrivano dall’esterno, a cominciare da quelle lanciate dagli Stati Uniti. Ma per farlo, occorre abbattere le barriere interne al mercato interno, come peraltro sostiene Draghi. Ma per farlo serve una cessione delle sovranità ed è questa la madre di tutte le sfide”.
PREVENIRE LE CRISI
La parola è poi passata al vicepresidente esecutivo della Commission europea. “Il tema oggi è come rafforzare il concetto stesso di democrazia. Oggi serve fare un’analisi serena di quello che serve all’Europa, a cominciare dal tema della Difesa, che per esempio, non comporta una discussione solo su dove e da chi comprare armi, ma porta in dote una strategia industriale, di crescita dell’Europa. E lo stesso vale per l’energia, abbiamo toccato con mano la crisi scaturita dalla guerra in Ucraina. Ecco, allora sarebbe forse il momento di fare una vera analisi sull’Europa e sugli errori commessi”, ha spiegato Fitto. “Per questo è necessario ammettere che l’Europa si sveglia sempre per tempo dinnanzi alle crisi, quando invece dovrebbe prevenirle. Serve una dimensione di sistema, capace di anticipare i grandi cambiamenti che possono arrivare”.
L’IMPORTANZA DEI GOVERNI TECNICI
“I governi tecnici sono come gli antibiotici, bisogna prenderne il meno possibile, prenderli in momenti di emergenza. Guai a far diventare la normalità il governo tecnico”, ha chiosato Casini. “Ogni esecutivo tecnico, dopo un po’ che è in carica, non ha più padre né madre, non si sa più chi lo vota e chi lo appoggia. Detto questo, il governo Monti serviva al Paese, perché i partiti erano incapaci allora di prendere delle decisioni. Credo sia fondamentale che ci sia una flessibilità di fondo che possa permettere il ricorso ai governi tecnici, qualora ci siano decisioni che gli esecutivi politici non riescono a prendere. Però lo ripeto, non debbono diventare la normalità. Il governo Monti è stata una bella esperienza, più il tempo passa più glielo si potrà riconoscere”.
L’EUROPA SMARRITA DINNANZI A CINA E USA
Le conclusioni sono state affidate al ministro Giorgetti. “Si ragiona con il respiro corto, cortissimo. E questo contraddistingue la nostra società, vale anche nei comportamenti quotidiani, oggi è scomparsa la logica del risparmio, del mettere da parte. Purtroppo dobbiamo fare i conti con questa logica”, ha spiegato il ministro. Che poi è passato al capitolo Trump. “Un luogo e un’istituzione che non sa decidere non è un soggetto politico. E l’Europa lo è? O non lo è? Sa decidere, oppure no? Oggi vediamo Paesi come gli Stati Uniti dove delle decisioni vengono prese, nell’Ue a 27 è tutto molto più complesso. E quando si decide lo si fa con compromessi al ribasso. Le armi che oggi Trump esibisce, ovvero i dazi e le stablecoin, sono due strumenti che portano alla competizione con la Cina: dinnanzi a queste sfide, l’Europa che fa? Cosa decide?”
E, sì “le democrazie liberali sono in crisi, perdono slancio, va detto. Il tema è serio, i flussi elettorali legati ai partiti oggi si muovono da una parte e dall’altra sull’onda emotiva. Fino a qualche anno fa si pensava che le democrazie potessero essere esportate; ma le democrazie liberali tendono ad andare in crisi quando il livello di partecipazione cala. E questo è un tema molto serio. La maturità politica delle persone oggi appare inferiore di quella nel dopoguerra, quando le persone partecipavano alla vita politica.”
LA VERSIONE DI MONTI
E Monti? L’ex premier non ci è andato giù leggero. “La democrazia non muore solo per i colpi di scena elettorali, ma per la nostra incapacità di affrontare le complessità. Demagonia non è solo un titolo, ma un’accusa: il populismo è un virus che prospera dove la politica abdica al suo ruolo. La soluzione risiede in una classe dirigente competente e responsabile, capace di mettere il bene comune al centro dell’azione politica. Se si vuole che la democrazia non venga sopraffatta occorre che il crisma dell’elezione non dia agli eletti due presunzioni: che il voto dispensi dalla necessità di avere conoscenze e capacità adeguate; che per ottenere il voto sia consentito porre il proprio interesse al di sopra dell’interesse generale”.