Mentre si intensificano i colloqui tra Stati Uniti e Russia per un possibile armistizio, torna sul tavolo la questione della sicurezza marittima nel Mar Nero. Al centro del dibattito c’è la riattivazione dell’accordo sul grano e il ruolo chiave della Turchia, garante della Convenzione di Montreux. Non si parla solo di commercio, ma anche di equilibri strategici: l’accesso al Mar Nero per le navi militari resta una questione delicata, con Ankara destinata a mediare tra esigenze ucraine, garanzie russe e interessi Nato. L’analisi dell’ammiraglio Caffio
La riapertura ai traffici marittimi del Mar Nero compare tra le pieghe della trattativa per la fine del conflitto. Si parla di rivitalizzare l’accordo di due anni fa per l’esportazione del grano ucraino in corridoi sicuri di transito, con la Turchia in veste di garante. In realtà la posta in gioco non è solo limitata alla riapertura di alcuni porti ucraini ma riguarda anche l’accesso al Mar Nero di navi da guerra straniere e di quelle russe attualmente dislocate in altri bacini.
Le prime notizie di fonte statunitense che trapelano dai colloqui di Riad tra Washington e Mosca di qualche giorno fa dicono che “Stati Uniti e Russia hanno concordato di garantire in Mar Nero una navigazione sicura, eliminare l’uso della forza, prevenire l’impiego di mercantili per finalità militari…Entrambi accettano con piacere i buoni uffici di Paesi terzi nella prospettiva di supportare il raggiungimento di accordi…marittimi”.
Lo scenario marittimo che emerge sembra indicare un coinvolgimento pieno della Turchia nelle decisioni da assumere al momento dell’armistizio (posto che di questo si tratti e non di una semplice intesa di fatto). Ma quale può essere il ruolo di Ankara?
Con l’accordo sul grano siglato a Istanbul il 22 luglio 2022 la Turchia si era assunta il compito di controllare il traffico marittimo da-per i porti ucraini lungo “corridoi umanitari” di acque internazionali già sminate: i mercantili erano ispezionati dal personale di un Joint Coordination Centre (JCC) avente sede ad Istanbul costituito da rappresentanti di NU, Russia, Ucraina e Turchia. Come si ricorderà l’accordo saltò esattamente un anno dopo, quando Mosca inasprì la sua posizione dichiarando che “tutte le navi nel Mar Nero dirette verso i porti ucraini verranno ritenute potenziali vettori di carichi militari. I loro Paesi di bandiera saranno considerati parti del conflitto ucraino al fianco dell’Ucraina”.
Insomma, sembra che ora la Turchia ritorni a svolgere il ruolo assunto due anni fa di tutelare la sicurezza dei traffici marittimi del Mar Nero garantendo all’Ucraina l’export dei propri cereali, e fornendo assicurazioni alla Russia sul carattere non ostile dell’import marittimo dell’Ucraina. La questione verte teoricamente sul divieto di trasporto con mercantili di beni di uso militare costituenti “cotrabbando di guerra”che in caso di conflitto è controllato da navi da guerra dei belligeranti. In tempo di pace il Consiglio di sicurezza delle NU può invece disporre con embargo navale il divieto di assistere militarmente uno stato aggressore dando mandato a tutti gli Stati di imporne l’osservanza in mare.
Circa il divieto di uso della forza in mare che ora Russia e Stati Uniti si accingerebbero a concordare, anche per esso sarebbe necessario il coinvolgimento della Turchia. Ankara infatti è garante della sicurezza del Mar Nero, nel proprio interesse e di quello dei Paesi rivieraschi, secondo la Convenzione di Montreux. Questo accordo è alla base della decisione turca, assunta il 24 febbraio 2022, di applicare la norma (art. 19) che in “time of war” vieta ai belligeranti di entrare in Mar Nero, salvo si tratti di unità navali che ritornino alle basi di originaria dislocazione.
Ora Ankara dovrebbe supervisionare la tregua sul fronte marittimo, probabilmente con l’ausilio delle NU e/o di Forze navali che operino sotto egida ONU. Di fatto, il Mar Nero verrebbe temporaneamente neutralizzato come avvenne in passato; a trarne beneficio sarebbe ovviamente la Russia la cui Marina ha subito gravissime perdite ad opera di missili, droni e sabotaggi ucraini.
Se questo è l’obiettivo comune di Russia e Stati Uniti, è difficile che il Mar Nero in tempi brevi venga riaperto alle navi da guerra straniere il cui accesso è di fatto interdetto, per volontà della Turchia, dall’inizio delle ostilità: Unità dei Paesi rivieraschi potranno sicuramente continuare ad accedervi ed operarvi per proprie finalità difensive; è però difficile che questo la Turchia lo consenta ad Unità appartenenti a Paesi Nato. Per ora non si può ipotizzare nemmeno libertà di accesso al Mar di Azov.