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Droni ipersonici, guerra elettronica. Il nuovo volto del campo di battaglia

L’accelerazione della competizione strategica e la moltiplicazione delle minacce, dai droni ai missili ipersonici, impongono un cambio di paradigma per le Forze armate e l’industria della Difesa. Il convegno “Uno sguardo verso l’alto nel campo di battaglia del futuro”, organizzato dal CeSI e Rheinmetall Italia, ha evidenziato la necessità di un riarmo rapido e di una sinergia tra Difesa, industria e accademia. Generali, dirigenti e analisti concordano: il tempo è scaduto, la guerra tecnologica è già qui, e l’Italia deve adeguarsi in fretta

Il contesto geopolitico attuale è segnato da un’accelerazione della competizione strategica, che si estende fino agli estremi conflittuali della guerra convenzionale ad alta intensità. Le minacce si sono moltiplicate e diversificate: dai droni quadrielica commerciali adattati per il rilascio di ordigni esplosivi, ai missili ipersonici e ai complessi attacchi saturanti. In questo scenario, il convegno “Uno sguardo verso l’alto nel campo di battaglia del futuro”, organizzato dal Centro Studi Internazionali e Rheinmetall Italia, ha messo a fuoco le esigenze trasformative del comparto militare-industriale.

Il generale Carmine Masiello, capo di Stato maggiore dell’Esercito italiano, ha illustrato l’evoluzione della postura del soldato sul campo di battaglia. “In Afghanistan temevamo di muoverci sui mezzi, di attraversare i canali. Oggi lo sguardo è rivolto verso l’alto: i droni hanno trasformato il campo di battaglia in uno scenario non permissivo, anche dal punto di vista psicologico”. Secondo Masiello, l’Esercito sta rispondendo con un duplice approccio: da un lato il ritorno all’addestramento nelle trincee, dall’altro un’accelerazione nella corsa tecnologica, colmando il gap con altre Forze armate. “Non siamo più solo ‘zaino e scarponi’”. L’ufficiale ha anche sottolineato l’urgenza di un cambio di paradigma per l’industria della Difesa italiana: “Non sono più i tempi di pace. Chiediamo all’industria di partecipare attivamente alla nostra rivoluzione, perché non abbiamo più tempo. In guerra non ci vanno solo i soldati, ma tutto il Paese”.

Alessandro Ercolani, amministratore delegato di Rheinmetall Italia, ha evidenziato tre nuove dimensioni della sfida: tecnologica, industriale e legata ai droni. “Il campo di battaglia sarà dominato dalla tecnologia, con investitori privati che stanno ridisegnando gli equilibri. L’esempio di Eric Schmidt, ex ceo di Google, che investe in droni con White Stork, è emblematico”. Dal punto di vista industriale, il confronto con l’Ucraina è impietoso: “Producevamo mezzo milione proiettili da 155 mm l’anno. Ora ne produciamo cinque milioni”, ma la domanda è ancora superiore. Bisogna aumentare la produzione e proteggere la filiera”. Infine, la dimensione droni: “L’Ucraina ne produce due milioni e mezzo, la Russia quattro milioni. Mosca può lanciare diecimila droni al giorno. Nessuna industria occidentale è pronta per questi numeri”.

Le minacce vadano “dal piccolo drone al missile balistico ipersonico”, ha sottolineato Giuseppe Cossiga, direttore delle Relazioni Istituzionali di MBDA Italia, aggiungendo come oggi il rischio è che una batteria pensata per minacce ipersoniche possa essere messa fuori uso da uno sciame di droni. L’Unione europea ha avviato il programma Hydis2 per intercettori di missili ipersonici manovranti, ma Cossiga non nasconde le criticità del modello europeo: “Abbiamo bisogno di superare la frammentazione e i ritardi industriali. Questa è guerra, e le barzellette non servono”.

“A breve convocheremo tutti i gruppi industriali e diremo loro cosa serve per affrontare le nuove minacce. Senza obiettivi chiari, non possiamo pianificare né il procurement né la produzione”, ha ribadito il generale Bruno Pisciotta, capo del reparto Pianificazione generale dello Stato maggiore della Difesa. Un cambio di passo anche nelle relazioni tra industria e Difesa, con una roadmap che garantisca rapidità ed efficienza. Dello stesso avviso l’ammiraglio Marco Tomassetti, capo del III reparto Politica industriale del Segretariato Generale della Difesa, che ha aggiunto l’importanza della sovranità tecnologica, articolata in tre fattori: “Freedom of action, freedom of modification, freedom of export”. Il problema, però, è la lentezza dei processi europei: “Il procurement deve adeguarsi. Il matrimonio si fa in due: le aziende devono prepararsi, ma lo Stato deve fornire certezze”.

A concludere il dibattito, Andrea Margelletti, presidente del CeSI, che ha messo in guardia dai ritardi accumulati: “L’industria della Difesa non deve aspettare che piova per iniziare a produrre ombrelli. Serve visione strategica. Gli ultimi vent’anni non sono stati un errore: le missioni all’estero avevano una logica, ma oggi la guerra ‘pesante’ è tornata. È tempo di adeguarsi”.


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