Non è un momento semplice per il cancelliere in pectore, che deve formare presto un governo ma le alleanze con Spd e Verdi inquietano gli elettori a tutto vantaggio di AfD che insegue la Cdu a un solo punto. Inoltre dazi, difesa ed energia sono temi pericolosamente intrecciati con l’Ue, a fronte dei quali occorre un esecutivo forte e coeso
Che sarebbe stato un esercizio altamente complesso subentrare senza intoppi alla coalizione semaforo, Friedrich Merz lo sapeva molto bene. Ciò che non si aspettava, forse, era il così torbido intreccio con i temi legati alle politiche europee (difesa, energia, migranti, dazi) che stanno impattando sulle riflessioni “di larghe intese” fra i possibili alleati e che stanno favorendo la crescita continua di AfD in tutti i sondaggi post-voto. In Germania analisti, elettori e decisori sono accomunati da una consapevolezza, legata al quadro generale niente affatto semplice, dato da una economia in declino, da una migrazione fuori controllo e dalle istanze del mondo industriale scottato dalla crisi delle auto. La risposta di Cdu-Csu-Spd saprà essere all’altezza?
Le spine della Cdu
Una delle considerazioni che circola con insistenza nelle ultime settimane è quella legata al malcontento crescente all’interno della Cdu, dopo le prime intenzioni di spostare più a destra il partito centrista. Lo ha messo nero su bianco la Junge Union Köln (Unione dei giovani di Colonia) che ha scritto una lettera infuocata indirizzata a Merz. “Attenzione, si cambi rotta”, vergano i giovani democristiani teutonici, altrimenti la fiducia che gli elettori hanno riposto nel nuovo corso del partito potrebbe presto spegnersi. Dopo le elezioni federali del 2025 la Germania rischia una svolta storica, data dal fatto che secondo le ultime rilevazioni l’AfD è quasi alla pari con la Cdu di Merz. Il motivo? Non solo il trend costante dell’ultradestra ma due fattori su tutti: l’attuale lentezza con cui i partiti dell’Unione stanno provando a costruire un esecutivo basato su una piattaforma tematica comune e le emergenze legate alla contingenza, come dazi e guerra. Se si votasse nuovamente oggi, solo il 25% degli intervistati confermerebbe la fiducia a Merz, rileva il sondaggio “Trendbarometer” di RTL e NTV. Un campanello di allarme che va ascoltato, non fosse altro perché la complessità del momento internazionale richiede governi stabili, con maggioranze coese.
Da Berlino a Bruxelles
Il leader della Cdu è sotto pressione e i negoziati di coalizione si affiancano ad un problema di fiducia, ma di contro non ci sono altre strade al momento se non quella imboccata da Merz: l’unica coalizione senza la partecipazione dell’AfD che avrebbe la maggioranza nel Bundestag sarebbe quella tra Cdu/Csu, Spd e Verdi, ovvero con la metà degli alleati (il centrosinistra che ha governato fino a ieri) punito nelle urne perché ritenuto responsabile degli scarsi risultati del governo uscente guidato da Olaf Scholz. Un corto circuito che potrebbe ritardare o complicare i piani europei legati al riarmo e ai dazi.
Nel Paese c’è chi resta allarmato per le nuove tariffe applicate dall’amministrazione americana e chi no, come il gestore patrimoniale Édouard Carmignac, decano degli operatori di borsa tedeschi, secondo cui la Germania dovrebbe essere grata a Donald Trump perché ci saranno nuove opportunità nel resto del mondo. Se da un lato sarà particolarmente colpita l’industria automobilistica tedesca, dall’altro già dallo scorso autunno i grandi marchi immaginavano di poter aprire una sede negli Usa, dopo averne chiuse alcune su suolo tedesco. Inoltre non festeggiano i quasi 3 milioni di dipendenti degli enti federali e locali tedeschi, dal momento che il contratto collettivo di lavoro tarda a concretizzarsi e potranno esserci una serie di scioperi a tempo indeterminato. Le proposte di conciliazione andranno valutate con il nuovo governo, che ancora non c’è.
Scenari
E veniamo alla difesa, non proprio un elemento secondario del dibattito interno (oltre che continentale): già lo scorso anno il governo Scholz aveva dato avvio ad una ristrutturazione del comparto del valore di 100 miliardi di euro. Oggi solo un terzo dei Paesi europei sostiene l’idea tedesca di consentire al Regno Unito e al Canada di partecipare a un programma da 150 miliardi per l’acquisto comune di armi, ma suscitando l’opposizione della Francia. Nel mezzo i ragionamenti sul Nord Stream 2 che, partendo dal tavolo diplomatico sull’Ucraina, impattano sullo scenario tedesco ed europeo. Il gasdotto sottomarino sospeso dal governo tedesco dopo l’invasione russa dell’Ucraina, potrebbe nuovamente dividere l’Europa per due ragioni: il vecchio continente in caso di riapertura offrirebbe denaro fresco a Mosca; i produttori tedeschi godrebbero di un vantaggio competitivo sugli altri. Tutti passaggi che necessitano di un cancelliere pienamente legittimato e di un governo federale solido.