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The Champion goes to Palmi. Il film U.S. Palmese raccontato da Ciccotti

“U.S. Palmese” di Marco Manetti e Antonio Manetti, attraverso una favola dei nostri giorni, ci parla di gratitudine e rispetto, con l’ironia frizzante anni Ottanta alla Carlo Verdone e Massimo Troisi e un retrogusto alla Frank Capra. La recensione di Eusebio Ciccotti

Costruire un film binario ma senza andare fuori binario. Il Nord (Milano e Parigi) e il Sud (Palmi, provincia di Reggio Calabria); metropoli e città di provincia; grande campione del calcio e dilettanti che lisciano il pallone; presunzione e umiltà; amore tra due ragazze e un padre “vecchia generazione”; il protagonista di colore, gli altri “bianchi”. Colui che salva è il “diverso”, un “nero”; i salvati sono i bianchi, la maggioranza. La stessa maggioranza che in pochi minuti ti porta sull’altare se sei “bravo”; ma, appena esiti, è pronta a gettarti nella spazzatura. L’ultimo film di Marco Antonio Manetti, è una amabile commedia etica, piena di fine humour, che sarebbe piaciuta a Frank Capra.

Nella trama di una squadra di calcio di un piccolo centro che si aggrappa alla bravura di un campione, Etienne Morville (Blaise Alfonse), squalificato per gioco scorretto, e spedito lì anche per volgari offese in pubblico nei riguardi di una ragazza grassa (una lingua lunga alla Cassano giovane), sono rappresentati tutti i tipi sociali, difesi tutti i diritti garantiti dalla Costituzione, ribadite tutte le libertà delle scelte personali di vita.

Potrebbe essere un copione hollywoodiano, sul modello “all Audience”, traducibile con il nostro “nessun pubblico escluso”: le ragazze lesbiche, il pensionato che ancora crede nello sport come socializzazione; il tifoso mafioso locale pronto a finanziare la squadra cittadina; i giovani che praticano il calcio per amore; il più bravo (un portiere para-tutto) costretto a lavorare per pagare il mutuo della casa dei genitori; la tronfia poetessa locale alla ricerca della visibilità ma dal cuore tenero. Eppure ogni “ingrediente” è giustamente, finzionalmente, motivato.

L’inserimento di Etienne nel calcio dilettantistico non è facile. Gli avversari, siccome non “vedono” il pallone che Etienne nasconde con un fitto gioco di veroniche e di gambe, vanno sugli arti inferiori e falciano. Gli arbitri non danno il “rosso” dell’espulsione timorosi del dopo-partita, e così il campione decide di non “rischiare” rinunciando ad andare verso la porta avversaria.

Fischi e contestazioni. Poi arriva il chiarimento, a seguito di un discorso (con il saggio e calmo presidente della squadra) sull’etica, sul sogno dello sport come ragione di vita, anche per i più giovani, e il campione torna in sé. Arrivano le vittorie e la testa della classifica.

Altra svolta. A metà campionato il procuratore francese di Etienne lo costringe a tornare a Parigi. La squadra sta giocando la Champions. Ma il mister della Première Ligue gli fa fare panchina: «Qui sono tutti campioni, mica sei nella squadretta calabrese di dilettanti!». Etienne si ribella: intende giocare la finale. Va in campo e con un favoloso dribbling danzante a serpentina (alla Leao) segna e fa vincere il trofeo europeo ai parigini.

Mentre il favoloso gol di Etienne porta al trofeo europeo, a Palmi i suoi ex compagni “vincono” la promozione, oltre ai punti guadagnati grazie ai suoi gol, anche ai trucchi, quali il dribbling danzante, che egli aveva insegnato loro.

L’ etica di U.S. Palmese è la sua spina dorsale: aiutare l’altro nell’imparare, senza esser gelosi dei propri talenti. Un messaggio forte per quegli adulti che debbono formare generazioni di bambini e ragazzi stregati dallo sport, e questi ultimi, fin da piccoli, purtroppo, istigati (spesso da genitori immaturi) a litigare e farsi male tra di loro.

La commedia dei Manetti Bros si porta dietro lo spettatore, agganciandolo, non solo per le riuscite performance di Rocco Papaleo (il presidente della U.S: Palmese), Blaise Alfonso (Etienne Morville) Giulia Maenza (Concetta), Max Mazzotta (l’allenatore Bagalà), Claudia Gerini (Adele), pure per un montaggio (Federico Maria Maneschi) all’occasione action, con tanto di ironico e surreale fermo-fotogramma. Tutto dentro un riuscito racconto corale dal fine umorismo anni Ottanta (cfr. Carlo Verdone e Massimo Troisi).

Motivato il ricorso ad una camera volutamente mobile, come appunto la sfera: se sale in plongée su Palmi sa scendere ad altezza di piedi, sia in campo che nelle piazzette notturne della cittadina, animate dai bambini che giocano “a pallone”, catturando quell’anima della provincia che è l’Italia: scatti fissati nella memoria grazie alla nitida fotografia di Angelo Sorrentino.

 

 


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