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Rendere più solida la cooperazione Nato-Ue è una priorità per l’Occidente

In un contesto globale segnato dalle minacce ibride e dalle aggressioni militari, la sicurezza dell’Europa è tornata al centro del dibattito. La cooperazione tra la Nato, l’Ue e gli Stati Uniti si fa oggi più che mai cruciale, soprattutto in relazione alla guerra in Ucraina e alla protezione della sovranità europea. In tutto ciò, l’Italia è in prima linea per rafforzare il pilastro europeo all’interno dell’Alleanza Atlantica, ponendo le basi per una difesa più solida e una strategia condivisa che coinvolga tutti gli attori chiave della regione. La prospettiva di Giulio Terzi di Sant’Agata

Partiamo da un presupposto. Essere parte della Nato è un privilegio che – come tutti i privilegi – comporta anche delle responsabilità. Dopo la brutale aggressione della Russia all’Ucraina, dopo quanto accaduto il 7 ottobre in Israele, è divenuto urgente parlare di sicurezza e difesa europea. Non si tratta di fare allarmismi, né tantomeno snaturare l’essenza dell’Unione anzi, semmai è un ritorno alle radici europee, a quella idea di comunità europea di difesa che era al centro dei progetti dei padri fondatori, da De Gasperi ad Adenauer. 

Rafforzare il pilastro europeo all’interno dell’Alleanza Atlantica è la via. E per un solido pilastro europeo si intende una capacità autonoma di rispondere alle sfide regionali e globali e alle eventuali aggressioni, nel più stretto rapporto con i nostri alleati nordamericani. Tali minacce potrebbero essere di diversa natura, non soltanto militare ma anche ibrida – penso alla disinformazione. 

È quanto mai fondamentale – quindi – rendere ancor più solida la cooperazione tra Ue e Nato, tra Ue e Usa, includendo le tante dimensioni. Siamo dinanzi a una enorme opportunità, quella di riequilibrare i rapporti tra i membri della Alleanza, potenziando al tempo stesso il pilastro europeo. È piena la consapevolezza del governo Meloni che l’Italia ha precise responsabilità nello svolgere un ruolo di primo piano nell’affermare i vitali interessi di una Ue coesa e politicamente unita da valori e principi condivisi. 

Si deve perciò avere fiducia nel nostro migliore alleato, gli Stati Uniti, prendendo atto di quanto affermato dal segretario di Stato, Marco Rubio, all’ultimo incontro ministeriale della Nato, “vedo dell’isteria in giro per il mondo e anche negli Stati Uniti: gli Usa sono attivi nella Nato come non mai”. 

Oggi, potenze revisioniste come la Russia, la Cina o l’Iran, sono alleate nel nome di un rinnovato e più ampio Patto di Varsavia. Dall’altra parte ci sono l’Occidente, l’Unione europea, il mondo libero. 

Dal febbraio 2022, dall’aggressione militare russa all’Ucraina, la cooperazione Ue-Nato è tornata drammaticamente al centro della nostra agenda. Al Vertice di Madrid di quell’anno, un nuovo concept strategico dell’Alleanza è stato approvato, con l’Ue definita come partner unico ed essenziale. E da allora, l’ingresso storico nella Nato di due Paesi già membri Ue – Svezia e Finlandia – che l’aggressione russa ha convinto ad abbandonare rapidamente consolidate politiche di neutralità per unirsi a pieno titolo ad un’Alleanza, di cui per altro Helsinki e Stoccolma hanno sempre condiviso i principi. 

Ciò che sta avvenendo in Ucraina da tre anni e che vede chiari e inquietanti precedenti in un decennio di aggressioni dal Donbass alla Crimea, è un dossier aperto che l’Ue ha interesse a vedere risolto al più presto con una pace giusta. Abbiamo preso nota negli ultimi giorni della delusione del presidente Trump – manifestata al presidente finlandese Stubb in visita a Mar-a-Lago – per la decisione del presidente Putin di rifiutare l’accordo per il cessate il fuoco in Ucraina.

Certo ci si può chiedere se qualcosa sarebbe stato diverso se, ad esempio, nel 2008 al summit di Bucarest si fosse permesso all’Ucraina di iniziare il percorso di adesione alla Nato. Simili domande sorgono pensando alle farse inscenate dal presidente Putin ai successivi Accordi di Minsk.

Oggi, il presidente russo prosegue nella sua narrativa: Mosca negozierà soltanto dopo che si saranno rimosse le “cause originarie del conflitto”, vale a dire – sempre secondo l’interpretazione deformata della storia dalla propaganda del Cremlino – l’adesione alla Nato di ben 15 Paesi appartenenti precedentemente all’Urss e al Patto di Varsavia. Un’adesione avvenuta – dopo libere e democratiche elezioni – per volontà di governi nel pieno rispetto di tutti gli accordi vigenti  su sicurezza e relazioni intraeuropee sottoscritti negli anni Novanta, peraltro anche dalla Federazione russa. Nel 2021, ben prima dell’aggressione militare all’Ucraina, la professoressa M.E. Sarotte nel saggio “Not one inch. America, Russia, and the making of post-cold war stalemate” già smontava pezzo per pezzo tale tesi del Presidente russo con una impressionate raccolta di documenti, testimonianze e descrizioni dettagliate dei fatti.

Difficile poter immaginare che difesa e sicurezza dell’Unione europea non siano strettamente connesse ad una capacità di difesa dell’Ucraina in grado di salvaguardare sovranità, libertà e quindi identità del Paese, ossia di proteggere proprio quei concetti che l’aggressore vuole dichiaratamente distruggere. Una capitolazione dell’Ucraina sarebbe un vulnus irreparabile non solo per l’Ue ma anche per l’intero Occidente. L’Alleanza Atlantica con i suoi membri ne è perfettamente consapevole. 

A tal riguardo sono meritevoli di esser considerate le proposte della ricerca “Winning the Future: Strategies for a Resilient Europe and a Secure Ukraine” pubblicata da Cambridge Ukrainian Studies, scritta da Viktoria Vdovychenko e Olena Davlikanova.

La ricerca si sofferma su alcuni punti critici. Propone di proseguire e intensificare l’aiuto militare all’Ucraina, considerando il Paese come un partner di fondamentale importanza per l’Ue che può apportare anche un salto di qualità nelle strategie difensive nei confronti dell’uso della forza e della guerra ibrida. Kyiv dovrebbe divenire parte integrante di una architettura di sicurezza globale. 

L’accesso ucraino al mar Nero e lo sforzo diplomatico-militare per assicurarne la sicurezza; la creazione di uno sky shield; l’integrazione delle capacità industriali europee con quelle ucraine; una seria valutazione delle garanzie di sicurezza per Kyiv da parte dei Paesi occidentali; infine, il contrasto alla disinformazione russa, sono alcuni dei principali aspetti prioritari della ricerca. Molti di essi rientrano nella ampia strategia Ue di ricostruzione dell’Ucraina, piano di azione che vede l’Italia con il governo Meloni assoluta protagonista. Proprio a Roma si terrà infatti, il prossimo luglio, la Conferenza internazionale sulla Ricostruzione.


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