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Spazi liberi e aperti. Ecco dove Meloni incontra Trump secondo Carafano

In visita a Washington, Giorgia Meloni viene descritta da James Carafano come una “leader di visione” capace di dare forma all’idea americana di spazi liberi e aperti. Per l’esperto della Heritage Foundation, l’Italia è un asset strategico nella nuova geografia dell’Indo-Mediterraneo. E Trump, dice, “sa riconoscere chi lavora per un mondo più libero e prospero”

Giorgia Meloni è una delle poche leader capaci oggi di guardare oltre le beghe politiche e abbracciare una visione globale davvero trasformativa”, quella dei “free and open spaces”, scenari geostrategici interconnessi in cui l’Italia ha un ruolo globale, su cui Meloni in queste ore dovrà convincere Donald Trump. James Carafano, Senior Counselor to the President della Heritage Foundation, descrive la premier italiana come figura chiave per collegare gli interessi strategici euro-atlantici con quelli dell’Indo-Pacifico.

Nel giorno dell’incontro alla Casa Bianca, Meloni incassa un endorsement di peso da uno dei principali think tank conservatori americani. E lo fa proprio sul terreno dove l’Italia può portare un contributo altamente significativo: quello dell’Indo-Mediterraneo, snodo cruciale per corridoi economici e infrastrutturali come l’India-Middle East-Europe Corridor (Imec), il cui valore è stato rilanciato anche da Trump durante la recente visita del presidente indiano Narendra Modi a Washington. Per Carafano, non si tratta solo di contenere la Cina, ma di costruire “spazi liberi e aperti” che consentano a ogni Paese di fare scelte sovrane. In questo contesto, l’Italia viene vista come “un asset unico”, capace di connettere Imec con iniziative come i Tre Mari e con le rotte strategiche del Mediterraneo allargato.

Se questa è la dimensione grand-strategica, il tema più tattico resta quello commerciale. Cosa può realisticamente fare la premier Meloni sulla questione delle tariffe durante il suo incontro con il presidente Trump? Il posizionamento dell’Italia sulla Cina — in particolare la riluttanza di Roma a seguire Madrid nel cercare legami più stretti con Pechino — può fungere da leva nello Studio Ovale? “Per cominciare — risponde Carafano — direi che qualsiasi leader europeo che oggi promuove legami più profondi con la Cina, ignorando il fatto che l’invasione russa dell’Ucraina non sarebbe stata sostenibile senza un via libera di Pechino e un supporto materiale da parte cinese, è un leader privo di centro morale”.

Per l’esperto del think tank, mai tenero con il Partito Comunista Cinese, Meloni ha fatto bene a uscire dalla Belt & Road, “che è solo una nuova forma di imperialismo”: “Non c’è alcuna equivalenza morale tra la Cina nel suo momento migliore e l’America nel suo peggiore. La gente può anche non gradire i tweet di Trump, ma gli Stati Uniti non gestiscono fabbriche con lavoro forzato, non rubano la proprietà intellettuale mondiale, e non sono i maggiori inquinatori globali che compromettono praticamente ogni sforzo internazionale volto a migliorare la qualità ambientale. Dancing with China is a tango with trouble”.

Secondo questo ragionamento, Carafano spiega che se vogliamo un mondo più pacifico, prospero e sostenibile, dobbiamo tutti porre fine alle dipendenze strategiche dalla Cina. “Non solo è immorale e pericoloso, ma esistono anche opportunità concrete per fare affari con altri. La Cina dovrebbe essere considerata come l’ultima risorsa: il prestatore, il partner e il fornitore solo in casi estremi. Trump sta spalancando quella porta con la sua politica dei dazi. Vuole accordi equi, che portino prosperità all’America e ai suoi partner”.

Meloni ha sostenuto l’idea di essere pragmatica e di trovare compromessi intelligenti in cui tutti possano vincere. Come? “Sostenere pubblicamente questo approccio, nel suo ruolo di leader europea di primo piano, significa offrire un esempio forte e coraggioso agli altri capi di Stato europei, a Bruxelles e al resto del continente. Ripetere con chiarezza questo messaggio a Washington non solo rafforzerà ulteriormente la sua posizione negli Stati Uniti, ma eleverà anche la sua reputazione in patria, trasmettendo al resto d’Europa un messaggio preciso: è ora di crescere.”

L’Italia è sempre più vista come un attore cruciale per Imec. Considerando questo, e anche alla luce delle visite del vicepresidente JD Vance in Italia e in India, ritiene che la postura indo-mediterranea dell’Italia — potenzialmente in grado di collegare l’Imec con la Trimarium (la Three Seas Initiative — sia vista come un asset unico agli occhi di Washington? “Assolutamente. Trump non è un isolazionista né un imperialista, e non vuole nemmeno tornare a una Guerra Fredda con il mondo diviso tra grandi potenze”.

Per Carafano, l’unica alternativa realistica è creare spazi liberi e aperti: spazi che permettano alle nazioni di compiere scelte autonome. “Significa costruire corridoi economici, di trasporto, digitali, energetici e commerciali, che colleghino l’Europa da nord a sud, mettano in connessione il Caucaso e l’Asia centrale, e uniscano il Mediterraneo al Medio Oriente e alcune aree dall’Africa all’Indo-Pacifico”.

“Free and open spaces è l’idea più trasformativa del nostro tempo e Meloni è una dei leader mondiali fondamentali per tradurre questa visione in realtà. E questo viene apprezzato a Washington. Non si tratta solo della Cina. Collegare questi spazi liberi e aperti a livello globale non è un’alternativa alla Belt and Road Initiative (Bri). La Bri era fatta di reti e partenariati costruiti a vantaggio della Cina. I free and open spaces portano benefici a tutti i partecipanti, inclusi gli Stati Uniti. Questo è il mondo win-win che Trump promuove”

L’esperto dell’Heritage sostiene che “pochi leader oggi riescono ad andare oltre le beghe, la politica fratricida del vincitore prende tutto, gli insulti e il caos, e ad abbracciare una visione alternativa rispetto al progetto stanco di una super-Europa o al parassitismo strategico sulle spalle delle grandi potenze. Meloni è una di questi leader. Trump è un altro. Ed è per questo che lei è la benvenuta a Washington”. Chiosa su una policy recommendations: “Altri leader dovrebbero seguire il suo esempio, e invece di cercare di bruciare la comunità transatlantica, riconoscere che gli viene offerta un’alternativa realistica, radicata nei valori a cui dicono di voler tornare”.


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